Misure di prevenzione limitative degli spostamenti fisici
In un’analisi sulla limitazione della libertà di movimento dei singoli è doveroso partire dal disposto dell’art. 16 della Costituzione, in base al quale se ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente su tutto il territorio nazionale, con Legge di rango primario è possibile stabilire limitazioni per motivi di sicurezza o di sanità. Con il venirsi a riproporre di tale condizione ormai ad un secolo di distanza dall’ultimo caso comparabile, quale che fu l’epidemia di febbre spagnola scoppiata nel 1918, l’attuale Governo si è ritrovato a dover gestire una eccezionalità senza precedenti nella storia delle democrazie pluraliste occidentali.
L’art. 117 della Costituzione stabilisce nella salute pubblica materia di legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni, ove, semplificando ma non banalizzando, il primo detta la normativa generale e di riparto, le seconde provvedono a un’applicazione più attenta e parametrata alle singole realtà rappresentate. Su questo assunto la Legge n. 833 del 23 dicembre 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, all’art. 32 prevede la possibilità per Presidenti di Regione e Sindaci di emanare al fine di tutelare la sanità e l’igiene pubblica, nella forma di ordinanze contingibili e urgenti, provvedimenti che limitino gli spostamenti dei singoli nell’ambito delle proprie giurisdizioni. Se Nulla quaestio si pone ove tali provvedimenti d’urgenza siano conformi a quanto stabilito dalla normativa di rango primario statale, né altre per i provvedimenti contra legem, nulli ex se, problematica rimane l’eventualità che si adottino provvedimenti ultra legem, ovverosia disponenti norme che si muovono nella direzione di quanto imposto dalla Legge dello Stato, ma imponenti soluzioni ulteriori e più gravose. La copiosa produzione normativa emergenziale, statale, regionale e comunale ci offre alcuni esempi di quest’ultima casistica, ex multis l’Ordinanza del Presidente della Regione Campania n. 15. Del 13 marzo 2020. Questa ha imposto misure di contenimento sul territorio campano, che al momento della loro entrata in vigore risultavano di gran lunga più gravose di quelle imposte a livello statale, comportanti la impossibilità di spostarsi dalla propria abitazione se non per casi di necessità tassativamente indicati nella specie. Se l’igiene e la sanità pubblica sono materie cui è riconosciuta concorrente potestà legislativa fra lo Stato e le Regioni, la libertà di movimento dei singoli e le sue eventuali limitazioni, sono competenza unicamente Statale.
Dubbi di natura costituzionale, di concerto all’odiosità intrinseca a tale pur necessaria misura e all’interpretazione della normativa regionale, hanno portato alla impugnazione della citata Ordinanza dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con il ricorso R.G. n. 1048/2020 per l’annullamento, di questa e del Chiarimento n. 6/2020. La Corte ha esposto a ragione del respingimento dell’istanza la legittimazione del Presidente delle Regione derivante da “plurime fonti normative”, quanto la dissonanza tra le proporzioni del contagio registrate nelle regione e quelle reali che, stante il difficile e non rapido censimento dei casi, risultano ben più gravi. Soluzioni non unanimemente accettate come la sopra riportata hanno trovato una pacificazione nell’art. 3 del Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020; con il quale si è voluto realizzare un bilanciamento delle potestà limitative di diritti sì delicate.
Secondo il comma 1 del su citato articolo, nel rispetto dei Decreti del Presidente del consiglio dei Ministri e con efficacia limitata sino al termine dell’emergenza sanitaria, le Regioni potranno adottare misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle statali sul proprio territorio o su parte di esso, a patto che siano le misure tassativamente elencate dalla normativa statale all’art. 1, comma 2 del medesimo D.L. n. 19/2020, mentre ai sindaci sarà preclusa ogni possibilità di adottare misure più gravose per il mezzo di ordinanze contingibili e urgenti. Tale chiarificazione del reparto di competenze si chiude nel 3 comma del citato art. 3, ove si stabilisce esplicitamente e direttamente che le disposizioni di riparto dei poteri stabilite dall’articolo si applicano agli atti posti in essere per ragioni di sanità. Con quest’ultima previsione si è riportato ordine in un seppur breve interludio di incertezza, Le Regioni potranno, rectius, dovranno applicare, in ragione della sussistenza di gravi condizioni igienico-sanitarie, le soluzioni tassativamente elencate dalla normativa di rango primario Statale in materia di limitazione dei diritti di cui all’art 16 Cost., lasciandosi l’applicabilità di tali misure non alla discrezionalità regionale ma a una mera valutazione di sussistenza dei requisiti applicativi della normativa statale, riportandosi per certo, la libertà di movimento dei singoli nel costituzionalmente dovuto alveo della legislazione Statale di rango primario.
Fonte Foto: Database Freepik
Misure di prevenzione limitative degli spostamenti fisici
In un’analisi sulla limitazione della libertà di movimento dei singoli è doveroso partire dal disposto dell’art. 16 della Costituzione, in base al quale se ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente su tutto il territorio nazionale, con Legge di rango primario è possibile stabilire limitazioni per motivi di sicurezza o di sanità. Con il venirsi a riproporre di tale condizione ormai ad un secolo di distanza dall’ultimo caso comparabile, quale che fu l’epidemia di febbre spagnola scoppiata nel 1918, l’attuale Governo si è ritrovato a dover gestire una eccezionalità senza precedenti nella storia delle democrazie pluraliste occidentali.
L’art. 117 della Costituzione stabilisce nella salute pubblica materia di legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni, ove, semplificando ma non banalizzando, il primo detta la normativa generale e di riparto, le seconde provvedono a un’applicazione più attenta e parametrata alle singole realtà rappresentate. Su questo assunto la Legge n. 833 del 23 dicembre 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, all’art. 32 prevede la possibilità per Presidenti di Regione e Sindaci di emanare al fine di tutelare la sanità e l’igiene pubblica, nella forma di ordinanze contingibili e urgenti, provvedimenti che limitino gli spostamenti dei singoli nell’ambito delle proprie giurisdizioni. Se Nulla quaestio si pone ove tali provvedimenti d’urgenza siano conformi a quanto stabilito dalla normativa di rango primario statale, né altre per i provvedimenti contra legem, nulli ex se, problematica rimane l’eventualità che si adottino provvedimenti ultra legem, ovverosia disponenti norme che si muovono nella direzione di quanto imposto dalla Legge dello Stato, ma imponenti soluzioni ulteriori e più gravose. La copiosa produzione normativa emergenziale, statale, regionale e comunale ci offre alcuni esempi di quest’ultima casistica, ex multis l’Ordinanza del Presidente della Regione Campania n. 15. Del 13 marzo 2020. Questa ha imposto misure di contenimento sul territorio campano, che al momento della loro entrata in vigore risultavano di gran lunga più gravose di quelle imposte a livello statale, comportanti la impossibilità di spostarsi dalla propria abitazione se non per casi di necessità tassativamente indicati nella specie. Se l’igiene e la sanità pubblica sono materie cui è riconosciuta concorrente potestà legislativa fra lo Stato e le Regioni, la libertà di movimento dei singoli e le sue eventuali limitazioni, sono competenza unicamente Statale.
Dubbi di natura costituzionale, di concerto all’odiosità intrinseca a tale pur necessaria misura e all’interpretazione della normativa regionale, hanno portato alla impugnazione della citata Ordinanza dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con il ricorso R.G. n. 1048/2020 per l’annullamento, di questa e del Chiarimento n. 6/2020. La Corte ha esposto a ragione del respingimento dell’istanza la legittimazione del Presidente delle Regione derivante da “plurime fonti normative”, quanto la dissonanza tra le proporzioni del contagio registrate nelle regione e quelle reali che, stante il difficile e non rapido censimento dei casi, risultano ben più gravi. Soluzioni non unanimemente accettate come la sopra riportata hanno trovato una pacificazione nell’art. 3 del Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020; con il quale si è voluto realizzare un bilanciamento delle potestà limitative di diritti sì delicate.
Secondo il comma 1 del su citato articolo, nel rispetto dei Decreti del Presidente del consiglio dei Ministri e con efficacia limitata sino al termine dell’emergenza sanitaria, le Regioni potranno adottare misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle statali sul proprio territorio o su parte di esso, a patto che siano le misure tassativamente elencate dalla normativa statale all’art. 1, comma 2 del medesimo D.L. n. 19/2020, mentre ai sindaci sarà preclusa ogni possibilità di adottare misure più gravose per il mezzo di ordinanze contingibili e urgenti. Tale chiarificazione del reparto di competenze si chiude nel 3 comma del citato art. 3, ove si stabilisce esplicitamente e direttamente che le disposizioni di riparto dei poteri stabilite dall’articolo si applicano agli atti posti in essere per ragioni di sanità. Con quest’ultima previsione si è riportato ordine in un seppur breve interludio di incertezza, Le Regioni potranno, rectius, dovranno applicare, in ragione della sussistenza di gravi condizioni igienico-sanitarie, le soluzioni tassativamente elencate dalla normativa di rango primario Statale in materia di limitazione dei diritti di cui all’art 16 Cost., lasciandosi l’applicabilità di tali misure non alla discrezionalità regionale ma a una mera valutazione di sussistenza dei requisiti applicativi della normativa statale, riportandosi per certo, la libertà di movimento dei singoli nel costituzionalmente dovuto alveo della legislazione Statale di rango primario.
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