Published On: 30 Giugno 2019Categories: Articoli, Diritto amministrativo, Diritto civile, Focus, Simona Arcieri

Nessuna area di sosta gratuita nelle vicinanze, il verbale è nullo

L’art. 7 del Codice della strada regolamenta la circolazione nei centri abitati. Nello specifico il comma 8 dell’art. 7 Cds prevede espressamente: “Qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale e “zona a traffico limitato”, nonché per quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico”.

Dalla citata norma si evince che le amministrazioni comunali – alle quali è attribuita potestà di regolamentare la circolazione all’interno dei centri abitati – devono predisporre parcheggi liberi e gratuiti nelle immediate vicinanze di aree a pagamento. Ciò che però preme evidenziare è che nonostante la previsione sia chiara e inequivocabile spesso i Comuni la disattendono, creando un evidente pregiudizio ai cittadini e ledendo il loro diritto di posteggiare su quelle gratuite.

Sul punto è allora, in primis, intervenuto Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il quale – con la circolare N. 1712 del 30 Marzo 2012 – ha ribadito, nel suo parere, la necessità della presenza di parcheggi liberi in prossimità delle strisce blu. Richiamando espressamente il citato comma 8 dell’art. 7 Cds [1] il Ministero ha poi affermato che la violazione di tale norma (in particolare dell’ubicazione del parcheggio) comporta conseguentemente la nullità dei verbali notificati.

In secondo luogo la Corte di Cassazione, VI Sezione, con l’ordinanza n. 18575 del 3 Settembre 2014 – in seguito al notevole aumento dei ricorsi avverso le sanzioni amministrative conseguenti alla violazione della sosta regolamentata – ha ritenuto necessario intervenire nel merito e in particolare sulle due questioni più dibattute: la nullità dei verbali e l’onere probatorio.

In particolare la  pronuncia de quo ha origine dal ricorso proposto da una signora che, multata per aver parcheggiato sulle strisce blu senza esporre il ticket, aveva lamentato l’assenza di zone gratuite continue a quelle di pagamento e dunque aveva chiesto l’annullamento del verbale.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della signora e ribaltando la sentenza di merito, ha all’uopo sancito la nullità del verbale in quanto il Comune non aveva assolto al proprio onere probatorio.

Gli Ermellini infatti, esprimendosi sul principio dell’onere probatorio previsto all’art. 2697 c.c., hanno affermato che “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente, che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova della esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’articolo 7 comma 8 Codice della strada”.

L’onere  probatorio ricade, perciò, sull’amministrazione opposta in quanto nonostante questa- nel giudizio di opposizione proposto dal multato –  sia convenuta in senso formale, nella realtà riveste sempre il ruolo di attrice in senso sostanziale. [2]

Dunque il Comune deve sempre provare l’esistenza della delibera che esclude la sussistenza dell’obbligo di parcheggi liberi “nell’immediata vicinanza” delle strisce blu, ossia deve dimostrare che, ai sensi dell’art 7 comma 8 Cds, trattasi di zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale” e “zona a traffico limitato”, nonché quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico.

È bene però evidenziare che nonostante, con questa ordinanza, la Suprema Corte abbia conferito un duro colpo alle casse delle amministrazioni comunali e abbia incentivato i ricorsi, i Comuni continuano a disattendere la previsione dell’art. 7 comma 8 Cds.

 Simona Arcieri

_____

[1] Anche Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a commento della circolare in questione ha ribadito l’importanza del  principio sancito dall’art. 7 comma 8 del Cds.

[2] A tale proposito può agevolmente citarsi la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 116/2007 del 9.01.2007.

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Nessuna area di sosta gratuita nelle vicinanze, il verbale è nullo

L’art. 7 del Codice della strada regolamenta la circolazione nei centri abitati. Nello specifico il comma 8 dell’art. 7 Cds prevede espressamente: “Qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale e “zona a traffico limitato”, nonché per quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico”.

Dalla citata norma si evince che le amministrazioni comunali – alle quali è attribuita potestà di regolamentare la circolazione all’interno dei centri abitati – devono predisporre parcheggi liberi e gratuiti nelle immediate vicinanze di aree a pagamento. Ciò che però preme evidenziare è che nonostante la previsione sia chiara e inequivocabile spesso i Comuni la disattendono, creando un evidente pregiudizio ai cittadini e ledendo il loro diritto di posteggiare su quelle gratuite.

Sul punto è allora, in primis, intervenuto Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il quale – con la circolare N. 1712 del 30 Marzo 2012 – ha ribadito, nel suo parere, la necessità della presenza di parcheggi liberi in prossimità delle strisce blu. Richiamando espressamente il citato comma 8 dell’art. 7 Cds [1] il Ministero ha poi affermato che la violazione di tale norma (in particolare dell’ubicazione del parcheggio) comporta conseguentemente la nullità dei verbali notificati.

In secondo luogo la Corte di Cassazione, VI Sezione, con l’ordinanza n. 18575 del 3 Settembre 2014 – in seguito al notevole aumento dei ricorsi avverso le sanzioni amministrative conseguenti alla violazione della sosta regolamentata – ha ritenuto necessario intervenire nel merito e in particolare sulle due questioni più dibattute: la nullità dei verbali e l’onere probatorio.

In particolare la  pronuncia de quo ha origine dal ricorso proposto da una signora che, multata per aver parcheggiato sulle strisce blu senza esporre il ticket, aveva lamentato l’assenza di zone gratuite continue a quelle di pagamento e dunque aveva chiesto l’annullamento del verbale.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della signora e ribaltando la sentenza di merito, ha all’uopo sancito la nullità del verbale in quanto il Comune non aveva assolto al proprio onere probatorio.

Gli Ermellini infatti, esprimendosi sul principio dell’onere probatorio previsto all’art. 2697 c.c., hanno affermato che “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente, che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova della esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’articolo 7 comma 8 Codice della strada”.

L’onere  probatorio ricade, perciò, sull’amministrazione opposta in quanto nonostante questa- nel giudizio di opposizione proposto dal multato –  sia convenuta in senso formale, nella realtà riveste sempre il ruolo di attrice in senso sostanziale. [2]

Dunque il Comune deve sempre provare l’esistenza della delibera che esclude la sussistenza dell’obbligo di parcheggi liberi “nell’immediata vicinanza” delle strisce blu, ossia deve dimostrare che, ai sensi dell’art 7 comma 8 Cds, trattasi di zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale” e “zona a traffico limitato”, nonché quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico.

È bene però evidenziare che nonostante, con questa ordinanza, la Suprema Corte abbia conferito un duro colpo alle casse delle amministrazioni comunali e abbia incentivato i ricorsi, i Comuni continuano a disattendere la previsione dell’art. 7 comma 8 Cds.

 Simona Arcieri

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[1] Anche Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, a commento della circolare in questione ha ribadito l’importanza del  principio sancito dall’art. 7 comma 8 del Cds.

[2] A tale proposito può agevolmente citarsi la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 116/2007 del 9.01.2007.

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