Published On: 25 Maggio 2019Categories: Alessandro Savoca, Articoli, Diritto del Lavoro, Focus

Il focus: la nuova legge regionale sull'Equo Compenso

La proposta di Legge Regionale  n. 69 del novembre 2018 in materia di Equo Compenso e tutela delle prestazioni professionali è stata approvata e convertita in Legge n. 6 del 12/04/2019, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della  Regione Lazio.

L’Equo Compenso è un compenso che per definizione deve essere proporzionato alla quantità alla qualità al contenuto e alle caratteristiche della prestazione oltre che conforme ai parametri applicabili alle diverse categorie di lavoratori interessati.

L’art. 36 della Costituzione recita “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi”.

L’articolo 36 Cost. distingue ai fini retributivi la qualità del lavoro, non è chiaro se intesa come intellettuale o non intellettuale, o come efficiente o scarsamente efficiente,  in ogni caso non sarebbe legittimo stabilire  la retribuzione sul parametro della  qualità del lavoro, perché sarebbe discriminante nei confronti per esempio, ma non solo, di una determinata categoria di persone come  potrebbero essere le persone meno capaci rispetto a quelle più capaci.

Non vuole essere una critica al dettato Costituzionale dell’art.36, ma se analizziamo il testo dell’art.36 Cost. per argomentare e motivare i presupposti della legge n.69 del novembre 2018 in merito alla sua utilità, il dettato costituzionale, potrebbe sembrare interpretabile o di difficile esplicazione nell’analisi di certi ambiti socio-economici.

Anche il parametro della quantità non è molto chiaro come debba essere inteso, viste le clausole dei Contratti Collettivi, che impongono perentoriamente il rispetto degli orari di lavoro.

Ciò che di sicuro è, che per quantità non può certo intendersi “più lavoro e più vengo pagato” considerando l’obbligo costituzionale del rispetto dell’orario di lavoro e “dell’esistenza libera proclamata dalla Costituzione, nonché dignitosa in quanto libera”.

Una vita troppo impegnata da un punto di vista lavorativo e senza limiti di orario non sarebbe libera e non assicurerebbe una vita nemmeno alla famiglia, questo sembrerebbe il significato sostanziale dell’art.36 Cost.

A dire il vero bisogna chiedersi se l’articolo 36 Cost. si riferisce a tutti i lavoratori, anche professionisti, avvocati, magistrati, ingegneri, architetti, medici e imprenditori i quali, esercitano professioni che si caratterizzano per l’inosservanza degli orari di lavoro.

Ad una tale domanda si dovrebbe dare una risposta negativa sul presupposto che per queste categorie di lavoratori non è possibile stabilire un parametro che determini la durata massima della giornata lavorativa come recita l’articolo 36 comma 2.

L’articolo 36 della Costituzione prevede, per i lavoratori ai quali fa riferimento, un obbligo di orari da rispettare nel senso del non superamento di quella soglia che secondo l’ordinamento Costituzionale sarebbe lesiva dei diritti inviolabili della persona come la dignità di una esistenza libera.

Al contrario, invece, le categorie di professionisti, proprio per il tipo di attività che svolgono, non potrebbero, anche volendo, essere assoggettate al rispetto degli orari, proprio per i peculiari particolari di cui si contraddistinguono.

Ciò posto, quindi, si sarebbe indotti a ritenere che la Costituzione tuteli solo la categoria dei lavoratori dipendenti poiché sicuramente soggetti, in maniera prestabilita, al dettato dei Contratti Collettivi in particolare per la quantità di ore determinate dagli stessi in termini di ore lavorative.

Sul punto, però, occorre fare riferimento, oltre che al dettato dell’articolo 36 Cost, anche a quello dell’art. 35 Cost. che testualmente recita: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”; con tale riferimento, non vi è dubbio, che il Costituente abbia voluto dettare una salvaguardia per tutte le categorie di lavoro, quindi sia per i professionisti iscritti agli ordini professionali e sia per i professionisti non iscritti agli ordini, nonché per ogni altra categoria di lavoratori ivi compresi i lavoratori dipendenti.

°°°°°°°°°°

Premesso che il diritto al lavoro è un diritto costituzionalmente garantito, e passando all’esame della legge regionale n.6 del 12/04/2019  che detta norme in materia di equo compenso, può dirsi che con questa, il legislatore regionale ha voluto dettare una tutela, sotto il profilo della retribuzione, per  tutti i professionisti che esercitano la loro opera professionale in favore delle Regioni e delle società controllate e degli Enti strumentali, facendo riferimento al criterio della proporzionalità, intesa come una retribuzione giusta e proporzionata seppur non descrittiva dei parametri del riposo, della libertà e della possibilità ad essere presenti in famiglia come indicati dall’art.36.

L’equo compenso, è   una legge che nel dettaglio protegge la categoria dei professionisti in genere, salvaguardandoli fin dalle fasi iniziali dei loro rapporti di lavoro sia in ambito privatistico che pubblico.

Il senso del compenso, dell’essere equo, a parere dello scrivente, investe un duplice significato, in ambito di lavoro dipendente, il giusto e proporzionato (compenso) deve essere inteso, riferito al livello lavorativo ricoperto e all’esperienza maturata nonché al monte ore stabilito dal contratto di lavoro e dalla tipologia; mentre quando si parla di compenso professionale, i termini giusto e proporzionato non possono essere riferiti ad un orario imposto ma debbono essere intesi nel senso di un compenso giusto e proporzionato alla natura ed entità dell’attività lavorativa (cd. sacrificio).

Il mondo delle professioni intellettuali, ma anche imprenditoriali, poggia le sue fondamenta su realtà e ambiti completamente diversi da quelli del lavoro dipendente e spesso questo porta a delle inevitabili incomprensioni tra le due diverse categorie.

Venendo, nello specifico, all’esame della Legge Regionale n. 6/2019 può evidenziarsi che con l’articolo 1 il legislatore regionale ha voluto dettare “disposizioni per la promozione e la valorizzazione delle attività professionali nonché per il contrasto dell’evasione fiscale, riconoscendo il diritto dei professionisti, compresi i soggetti che svolgono le professioni non organizzate disciplinate dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) e successive modifiche, all’equo compenso e tutelando le prestazioni  rese dagli stessi, sulla base di istanze autorizzative presentate per conto di privati cittadini o di imprese alla pubblica amministrazione o rese su incarico affidato dalla stessa”.

Il successivo articolo 2 stabilisce che “le Regioni, gli enti strumentali e le società controllate, garantiscono, nell’affidamento e nell’esecuzione degli incarichi conferiti a professionisti, il diritto all’equo compenso nonché contrastano l’inserimento di clausole vessatorie; viene altresì stabilito che ai fini di questa previsione la Giunta Regionale , entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge n. 6/2019 , adotti atti di indirizzo nei confronti delle strutture competenti regionali, degli enti strumentali e delle società controllate, prevedendo quanto stabilito alle lettere a), b) e c) del medesimo articolo”.

Quindi sostanzialmente, ribadito il divieto di inserimento di clausole vessatorie nella predisposizione dei contratti di incarico professionale, viene stabilito che si dovrà fare riferimento ai seguenti criteri negli atti relativi alle procedure di affidamento:

i compensi professionali dovranno essere determinati sulla base dei parametri stabiliti dai decreti ministeriali adottati per le specifiche professionalità e che gli stessi, così individuati, devono essere utilizzati quale criterio o base di riferimento per determinare l’importo o base di gara.

Garantire il compenso professionale in ogni bando Ministeriale, adottando i parametri specifici a seconda dell’ordine professionale coinvolto, significa considerare che ogni intervento professionale, richiede un impegno diverso sia in termini di tempo da impiegare, sia in termini di prestazione e quindi il compenso professionale può variare da categoria a categoria.

i compensi professionali dovuti a coloro che svolgono professioni ordinistiche per le quali non sono stati individuati specifici parametri per la determinazione dei compensi e a coloro che svolgono professioni non organizzate disciplinate dalla legge 4/2013 siano proporzionati alla quantità e al contenuto delle caratteristiche delle prestazioni tenendo conto, ove possibile, di omologhe attività svolte da altre categorie professionali.

Questo nuovo sistema, tutela la professione in maniera specifica e tiene conto nei Bandi Ministeriali, dei dettagli di ogni professione, che proprio perché diversi, richiedono parametri di valutazione diversi per tutelare al meglio i compensi di ogni tipologia professionale.

Se ogni bando Ministeriale, adottasse un criterio unico di pagamento delle prestazioni professionali, questo comporterebbe inevitabili squilibri tra le diverse categorie coinvolte. Pertanto, l’equo compenso, deve essere conforme al tipo di prestazione professionale e alla categoria professionale di appartenenza.

La legge, inoltre, prevede la necessità di allegare la lettera di affidamento dell’incarico sottoscritta dal committente unitamente alla copia del documento di identità nel caso di presentazione alla P.A. dell’istanza autorizzativa o dell’istanza a intervento diretto (articolo 3); mentre per il pagamento l’articolo 4 prevede la necessità di allegare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da parte del professionista secondo il modello adottato dalla Giunta Regionale con propria deliberazione attestante il pagamento delle correlate spettanze da parte del committente anche attraverso  copia della fattura o parcella di pagamento ; la mancata presentazione della dichiarazione sostitutiva determina l’interruzione dell’iter amministrativo che potrà essere completato solo dopo la presentazione della stessa.

Per le prestazioni professionali svolte su incarico della P.A., il medesimo articolo 4 al terzo comma stabilisce che “la chiusura delle procedure tecnico -amministrative è subordinata all’approvazione degli atti relativi al pagamento delle spettanze del professionista o dei professionisti incaricati”.

Da ultimo va precisato che la legge in questione entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione con la precisazione che il testo non ha valore legale e che quindi rimane inalterata l’efficacia degli atti legislativi originari.

°°°°°°°°°°°

Può dirsi, quindi, che il modello della Giunta Regionale, nel caso di lavori pubblici è stato proposto in maniera tale che il compenso del professionista quale esso sia, deve essere effettuato dal committente, al momento in cui la Regione, delibera l’atto autorizzativo all’avvio di un determinato progetto lavorativo; ma se il professionista non risulta essere stato pagato l’amministrazione sospende l’iter procedurale in attesa che il cliente formalizzi il pagamento.

I compensi professionali, sono determinati sulla base Ministeriale di parametri adottati per le specifiche professionalità e il compenso viene adottato quale criterio a base di gara.

Nel caso in cui i compensi professionali non siano individuabili da specifici parametri perché il professionista o i professionisti in questione non appartengono ad un albo o ordine, viene adottato come riferimento   il criterio delle professioni omologhe svolte da altre categorie professionali.

Garantire il compenso professionale in ogni bando Ministeriale, adottando i parametri specifici a seconda dell’ordine professionale coinvolto, significa considerare, che ogni intervento professionale, richiede un impegno diverso sia in termini di tempo da impiegare, sia in termini di prestazione e quindi il compenso professionale può variare da categoria a categoria.

Pertanto, l’equo compenso, deve essere conforme al tipo di prestazione professionale e alla categoria professionale di appartenenza.

La legge 6/2019 attraverso il modello della Giunta Regionale soprattutto in ambito pubblicistico è improntata sulla tutela del compenso, che salvaguardato, evita il rischio del mancato pagamento, con la conseguente perdita di tempo e denaro.

La sicurezza del pagamento delle prestazioni professionali, garantisce il professionista nell’esplicazione della propria attività lavorativa perché lo stesso si riterrà tutelato nella percezione del compenso il quale risulterà essere anche ispirato ai criteri di equità secondo i parametri  indicati dalla normativa in esame.

Avv. Alessandro Savoca

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Published On: 25 Maggio 2019Categories: Alessandro Savoca, Articoli, Diritto del Lavoro, FocusBy

Il focus: la nuova legge regionale sull'Equo Compenso

La proposta di Legge Regionale  n. 69 del novembre 2018 in materia di Equo Compenso e tutela delle prestazioni professionali è stata approvata e convertita in Legge n. 6 del 12/04/2019, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della  Regione Lazio.

L’Equo Compenso è un compenso che per definizione deve essere proporzionato alla quantità alla qualità al contenuto e alle caratteristiche della prestazione oltre che conforme ai parametri applicabili alle diverse categorie di lavoratori interessati.

L’art. 36 della Costituzione recita “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi”.

L’articolo 36 Cost. distingue ai fini retributivi la qualità del lavoro, non è chiaro se intesa come intellettuale o non intellettuale, o come efficiente o scarsamente efficiente,  in ogni caso non sarebbe legittimo stabilire  la retribuzione sul parametro della  qualità del lavoro, perché sarebbe discriminante nei confronti per esempio, ma non solo, di una determinata categoria di persone come  potrebbero essere le persone meno capaci rispetto a quelle più capaci.

Non vuole essere una critica al dettato Costituzionale dell’art.36, ma se analizziamo il testo dell’art.36 Cost. per argomentare e motivare i presupposti della legge n.69 del novembre 2018 in merito alla sua utilità, il dettato costituzionale, potrebbe sembrare interpretabile o di difficile esplicazione nell’analisi di certi ambiti socio-economici.

Anche il parametro della quantità non è molto chiaro come debba essere inteso, viste le clausole dei Contratti Collettivi, che impongono perentoriamente il rispetto degli orari di lavoro.

Ciò che di sicuro è, che per quantità non può certo intendersi “più lavoro e più vengo pagato” considerando l’obbligo costituzionale del rispetto dell’orario di lavoro e “dell’esistenza libera proclamata dalla Costituzione, nonché dignitosa in quanto libera”.

Una vita troppo impegnata da un punto di vista lavorativo e senza limiti di orario non sarebbe libera e non assicurerebbe una vita nemmeno alla famiglia, questo sembrerebbe il significato sostanziale dell’art.36 Cost.

A dire il vero bisogna chiedersi se l’articolo 36 Cost. si riferisce a tutti i lavoratori, anche professionisti, avvocati, magistrati, ingegneri, architetti, medici e imprenditori i quali, esercitano professioni che si caratterizzano per l’inosservanza degli orari di lavoro.

Ad una tale domanda si dovrebbe dare una risposta negativa sul presupposto che per queste categorie di lavoratori non è possibile stabilire un parametro che determini la durata massima della giornata lavorativa come recita l’articolo 36 comma 2.

L’articolo 36 della Costituzione prevede, per i lavoratori ai quali fa riferimento, un obbligo di orari da rispettare nel senso del non superamento di quella soglia che secondo l’ordinamento Costituzionale sarebbe lesiva dei diritti inviolabili della persona come la dignità di una esistenza libera.

Al contrario, invece, le categorie di professionisti, proprio per il tipo di attività che svolgono, non potrebbero, anche volendo, essere assoggettate al rispetto degli orari, proprio per i peculiari particolari di cui si contraddistinguono.

Ciò posto, quindi, si sarebbe indotti a ritenere che la Costituzione tuteli solo la categoria dei lavoratori dipendenti poiché sicuramente soggetti, in maniera prestabilita, al dettato dei Contratti Collettivi in particolare per la quantità di ore determinate dagli stessi in termini di ore lavorative.

Sul punto, però, occorre fare riferimento, oltre che al dettato dell’articolo 36 Cost, anche a quello dell’art. 35 Cost. che testualmente recita: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”; con tale riferimento, non vi è dubbio, che il Costituente abbia voluto dettare una salvaguardia per tutte le categorie di lavoro, quindi sia per i professionisti iscritti agli ordini professionali e sia per i professionisti non iscritti agli ordini, nonché per ogni altra categoria di lavoratori ivi compresi i lavoratori dipendenti.

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Premesso che il diritto al lavoro è un diritto costituzionalmente garantito, e passando all’esame della legge regionale n.6 del 12/04/2019  che detta norme in materia di equo compenso, può dirsi che con questa, il legislatore regionale ha voluto dettare una tutela, sotto il profilo della retribuzione, per  tutti i professionisti che esercitano la loro opera professionale in favore delle Regioni e delle società controllate e degli Enti strumentali, facendo riferimento al criterio della proporzionalità, intesa come una retribuzione giusta e proporzionata seppur non descrittiva dei parametri del riposo, della libertà e della possibilità ad essere presenti in famiglia come indicati dall’art.36.

L’equo compenso, è   una legge che nel dettaglio protegge la categoria dei professionisti in genere, salvaguardandoli fin dalle fasi iniziali dei loro rapporti di lavoro sia in ambito privatistico che pubblico.

Il senso del compenso, dell’essere equo, a parere dello scrivente, investe un duplice significato, in ambito di lavoro dipendente, il giusto e proporzionato (compenso) deve essere inteso, riferito al livello lavorativo ricoperto e all’esperienza maturata nonché al monte ore stabilito dal contratto di lavoro e dalla tipologia; mentre quando si parla di compenso professionale, i termini giusto e proporzionato non possono essere riferiti ad un orario imposto ma debbono essere intesi nel senso di un compenso giusto e proporzionato alla natura ed entità dell’attività lavorativa (cd. sacrificio).

Il mondo delle professioni intellettuali, ma anche imprenditoriali, poggia le sue fondamenta su realtà e ambiti completamente diversi da quelli del lavoro dipendente e spesso questo porta a delle inevitabili incomprensioni tra le due diverse categorie.

Venendo, nello specifico, all’esame della Legge Regionale n. 6/2019 può evidenziarsi che con l’articolo 1 il legislatore regionale ha voluto dettare “disposizioni per la promozione e la valorizzazione delle attività professionali nonché per il contrasto dell’evasione fiscale, riconoscendo il diritto dei professionisti, compresi i soggetti che svolgono le professioni non organizzate disciplinate dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) e successive modifiche, all’equo compenso e tutelando le prestazioni  rese dagli stessi, sulla base di istanze autorizzative presentate per conto di privati cittadini o di imprese alla pubblica amministrazione o rese su incarico affidato dalla stessa”.

Il successivo articolo 2 stabilisce che “le Regioni, gli enti strumentali e le società controllate, garantiscono, nell’affidamento e nell’esecuzione degli incarichi conferiti a professionisti, il diritto all’equo compenso nonché contrastano l’inserimento di clausole vessatorie; viene altresì stabilito che ai fini di questa previsione la Giunta Regionale , entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge n. 6/2019 , adotti atti di indirizzo nei confronti delle strutture competenti regionali, degli enti strumentali e delle società controllate, prevedendo quanto stabilito alle lettere a), b) e c) del medesimo articolo”.

Quindi sostanzialmente, ribadito il divieto di inserimento di clausole vessatorie nella predisposizione dei contratti di incarico professionale, viene stabilito che si dovrà fare riferimento ai seguenti criteri negli atti relativi alle procedure di affidamento:

i compensi professionali dovranno essere determinati sulla base dei parametri stabiliti dai decreti ministeriali adottati per le specifiche professionalità e che gli stessi, così individuati, devono essere utilizzati quale criterio o base di riferimento per determinare l’importo o base di gara.

Garantire il compenso professionale in ogni bando Ministeriale, adottando i parametri specifici a seconda dell’ordine professionale coinvolto, significa considerare che ogni intervento professionale, richiede un impegno diverso sia in termini di tempo da impiegare, sia in termini di prestazione e quindi il compenso professionale può variare da categoria a categoria.

i compensi professionali dovuti a coloro che svolgono professioni ordinistiche per le quali non sono stati individuati specifici parametri per la determinazione dei compensi e a coloro che svolgono professioni non organizzate disciplinate dalla legge 4/2013 siano proporzionati alla quantità e al contenuto delle caratteristiche delle prestazioni tenendo conto, ove possibile, di omologhe attività svolte da altre categorie professionali.

Questo nuovo sistema, tutela la professione in maniera specifica e tiene conto nei Bandi Ministeriali, dei dettagli di ogni professione, che proprio perché diversi, richiedono parametri di valutazione diversi per tutelare al meglio i compensi di ogni tipologia professionale.

Se ogni bando Ministeriale, adottasse un criterio unico di pagamento delle prestazioni professionali, questo comporterebbe inevitabili squilibri tra le diverse categorie coinvolte. Pertanto, l’equo compenso, deve essere conforme al tipo di prestazione professionale e alla categoria professionale di appartenenza.

La legge, inoltre, prevede la necessità di allegare la lettera di affidamento dell’incarico sottoscritta dal committente unitamente alla copia del documento di identità nel caso di presentazione alla P.A. dell’istanza autorizzativa o dell’istanza a intervento diretto (articolo 3); mentre per il pagamento l’articolo 4 prevede la necessità di allegare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da parte del professionista secondo il modello adottato dalla Giunta Regionale con propria deliberazione attestante il pagamento delle correlate spettanze da parte del committente anche attraverso  copia della fattura o parcella di pagamento ; la mancata presentazione della dichiarazione sostitutiva determina l’interruzione dell’iter amministrativo che potrà essere completato solo dopo la presentazione della stessa.

Per le prestazioni professionali svolte su incarico della P.A., il medesimo articolo 4 al terzo comma stabilisce che “la chiusura delle procedure tecnico -amministrative è subordinata all’approvazione degli atti relativi al pagamento delle spettanze del professionista o dei professionisti incaricati”.

Da ultimo va precisato che la legge in questione entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione con la precisazione che il testo non ha valore legale e che quindi rimane inalterata l’efficacia degli atti legislativi originari.

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Può dirsi, quindi, che il modello della Giunta Regionale, nel caso di lavori pubblici è stato proposto in maniera tale che il compenso del professionista quale esso sia, deve essere effettuato dal committente, al momento in cui la Regione, delibera l’atto autorizzativo all’avvio di un determinato progetto lavorativo; ma se il professionista non risulta essere stato pagato l’amministrazione sospende l’iter procedurale in attesa che il cliente formalizzi il pagamento.

I compensi professionali, sono determinati sulla base Ministeriale di parametri adottati per le specifiche professionalità e il compenso viene adottato quale criterio a base di gara.

Nel caso in cui i compensi professionali non siano individuabili da specifici parametri perché il professionista o i professionisti in questione non appartengono ad un albo o ordine, viene adottato come riferimento   il criterio delle professioni omologhe svolte da altre categorie professionali.

Garantire il compenso professionale in ogni bando Ministeriale, adottando i parametri specifici a seconda dell’ordine professionale coinvolto, significa considerare, che ogni intervento professionale, richiede un impegno diverso sia in termini di tempo da impiegare, sia in termini di prestazione e quindi il compenso professionale può variare da categoria a categoria.

Pertanto, l’equo compenso, deve essere conforme al tipo di prestazione professionale e alla categoria professionale di appartenenza.

La legge 6/2019 attraverso il modello della Giunta Regionale soprattutto in ambito pubblicistico è improntata sulla tutela del compenso, che salvaguardato, evita il rischio del mancato pagamento, con la conseguente perdita di tempo e denaro.

La sicurezza del pagamento delle prestazioni professionali, garantisce il professionista nell’esplicazione della propria attività lavorativa perché lo stesso si riterrà tutelato nella percezione del compenso il quale risulterà essere anche ispirato ai criteri di equità secondo i parametri  indicati dalla normativa in esame.

Avv. Alessandro Savoca

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