Published On: 17 Aprile 2019Categories: Claudio Grimaldi, IMPRESE

Legge 3/2012: finalità delle procedure di esdebitazione e le modifiche apportate dal Codice della Crisi d’Impresa

La Legge 3/2012, c.d. “Legge salva-suicidi”, riformata nel Codice della Crisi d’impresa agli artt. 65-73, è destinata a tutti i soggetti non specificatamente sottoposti ad altre procedure concorsuali ordinarie o speciali, così da permettere anche a questi soggetti di accedere ad una esdebitazione della loro posizione debitoria, senza lasciarli perennemente esposti alle procedure esecutive individuali dei creditori.

I soggetti rientranti in tali categorie sono pertanto:

  • imprenditori non rientranti nell’art. 1 L Fall;
  • consumatori, ritenuti tali in caso di debiti destinati al soddisfacimento di bisogni personali o familiari e di conseguenza nessun debito deve essere inerente ad attività professionale/imprenditoriale propria o di terzi;
  • liberi professionisti;
  • start-up.

Novità importante derivante dalla Riforma riguarda l’estensione della disciplina sul sovraindebitamento ai soci illimitatamente responsabili delle società di persone, ma solo limitatamente a debiti che esulano da quelli sociali. In tal modo, si permette anche ai soci illimitatamente responsabili di società di persone di accedere alla procedura di esdebitazione, pur essendo fallibili per estensione ai sensi dell’art. 147 L.Fall.

Presupposto di tali procedure è uno stato di indebitamento, definito come “sproporzione tra debiti e patrimonio prontamente liquidabile, nonché l’incapacità definitiva di adempiere alle obbligazioni assunte”. La riforma lo definisce invece, pur nella sostanza rimanendo invariato, << uno stato di crisi o d’insolvenza tout court>>.

L’avverbio “prontamente” consente di ricomprendere anche quei soggetti caratterizzati da una crisi di liquidità temporanea, quindi, reversibile.

Ai fini dell’attivazione di tali procedure è necessario presentare istanza ad un Organismo di Composizione della Crisi (Occ) ove il debitore ha la residenza o la sede dell’impresa.

Va rilevato che il nuovo codice della crisi d’impresa ha introdotto una disciplina specifica per la crisi di famiglia, concedendo la possibilità di presentare un unico piano congiunto per i membri di uno stesso nucleo familiare, consentendo un’opportunità per nuclei familiari schiacciati da debiti insostenibili.

L’Occ presta assistenza al debitore e valuta la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.

Tale assistenza viene prevista anche nell’ottica di salvaguardare quel debitore che non possegga conoscenze adeguate a destreggiarsi con la procedura.

Il debitore deve, attraverso l’OCC, presentare ai creditori il Piano, il quale può avere variegato contenuto:

  1. a) accordi dilatori, al fine di consentire una rateazione dei propri debiti;
  2. b) accordi esdebitatori, con delle limitazioni quali:

b.1) i crediti impignorabili vanno pagati integralmente e senza dilazioni, alla scadenza;

b.2) i tributi costituenti risorse dell’UE, IVA e ritenute operate e non versate sono solo dilazionabili. Qui occorre rilevare come il disposto sembrerebbe riferirsi esclusivamente a imposte armonizzate. A conferma di ciò, recentemente si sono riscontrate procedure ove è stata operata una falcidia delle cartelle esattoriali pari all’87%. A parere dello scrivente la ratio di tale previsione è la tutela del circuito economico, non dell’Erario;

b.3) i crediti con privilegio speciale, pegno o ipoteca possono essere soddisfatti non integralmente, ma non in misura inferiore a quanto il creditore avrebbe potuto ottenere liquidando il bene gravato dalla garanzia;

c)accordi misti, utilizzati molto frequentemente.

L’accordo, oggi, a seguito del restyling operato dalla recente riforma, denominato “concordato minore”, deve prevedere termini e modalità di pagamento dei creditori, secondo par condicio, che possono essere suddivisi in classi, con trattamenti differenziati.

L’OCC raccoglie i voti dei creditori e dovrà raggiungere l’approvazione, anche attraverso silenzio-assenso, di almeno il 60% dei crediti con diritto di voto.  I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca per i quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione.

Stesso discorso vale per il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta.  Ciò per evitare l’ingerenza nel voto sia di creditori che sarebbero sicuramente in parte pregiudicati dalla procedura, sia di quelli che hanno rapporti personali con il debitore.

Dopo l’eventuale omologa del giudice si passa all’esecuzione dell’accordo ad opera di un liquidatore, che può essere lo stesso Occ, di modo che il ruolo di liquidatore sia ricoperto da un soggetto già edotto della situazione debitoria del soggetto che accede alla procedura.

L’accordo può essere annullato per: aumento o diminuzione del passivo, con dolo o colpa grave; sottrazione o dissimulazione attivo, o simulazione attività inesistenti.

La risoluzione dell’accordo può essere fatta valere nel caso in cui il debitore non adempia regolarmente alle obbligazioni dell’accordo, o nel caso le garanzie promesse non vengano costituite o se l’esecuzione diviene impossibile per causa non imputabile al debitore.

La revoca dell’accordo, invece, si verifica nel caso di atti in frode ai creditori.

Dunque, tali procedure, di grande favore per il debitore, esigono una condotta impeccabile di questo, dimostrandosi quindi la procedura tendente ad aiutare solo soggetti “meritevoli”. Ciò sulla scorta del fatto che, connotandosi tale disciplina in uno sbilanciamento verso l’interesse all’esdebitazione di soggetti oppressi da debiti ingenti, a discapito degli interessi creditori, non si vuole accentuare condotte che possano mirare a contrarre debiti in considerazione di una loro futura defalcazione, beneficiando di tali procedure.

Nel caso in cui il debitore sia un consumatore, si potrà accedere alla procedura del Piano del Consumatore, oggi denominato “ristrutturazione dei debiti del consumatore”. Questa è, senza dubbio, la procedura più vantaggiosa delle tre previste dalla L. 3/2012.

Tale procedimento non prevede alcuna valutazione dei creditori, ma solo quella del giudice sulla fattibilità del piano e sulla meritevolezza del debitore, ossia che non abbia colposamente determinato il proprio stato di sovraindebitamento o fatto uno sregolato ricorso al credito.

In tal modo, il consumatore potrà beneficiare dell’esdebitazione senza l’ostacolo determinato dalla necessità di approvazione del Piano da parte dei creditori.

Oggi è prevista la possibilità di cedere il quinto dello stipendio, del TFR o della pensione per sistemare i debiti da finanziamento.

Inoltre, viene escluso il ricorso alla procedura nel caso in cui il consumatore abbia beneficiato di una delle procedure ex L 3/2012 nei cinque anni precedenti o comunque già per due volte, o abbia determinato il suo sovraindebitamento con grave colpa, frode o malafede.

La liquidazione, a seguito della riforma trasformatasi in “liquidazione controllata del sovreindebitamento”, a differenza delle altre procedure non può riguardare solo singoli beni, bensì ha ad oggetto tutto il patrimonio del debitore ed è attuata, per un periodo minimo di quattro anni, dal liquidatore nominato dal giudice.

Data la durata quadriennale, si rivela essere una procedura dinamica e continuata nel tempo.

Oggi, a seguito della riforma, la legittimazione attiva spetta non più solo al debitore, bensì anche ai creditori o al pm, eliminando così l’esclusività del debitore nel decidere della propria sorte.

Non sono compresi nella procedura: crediti impignorabili ex art 545 c.p.c.; i crediti a carattere alimentare o di mantenimento, stipendi, pensioni nei limiti del mantenimento; frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i relativi frutti; le cose impignorabili per legge.

Con il decreto, attraverso la nomina del liquidatore, si determina una forma di spossessamento del debitore, analoga alla procedura fallimentare. Dunque, questa si rivela essere la procedura più gravosa per il debitore, pur la riforma avendo previsto un tendenziale obiettivo “conservativo” delle procedure concorsuali.

Alla liquidazione segue l’esdebitazione, alla quale può accedere solo il debitore persona fisica.

Per poter ottenere l’esdebitazione, il debitore deve cooperare durante la procedura; non aver beneficiato di altra esdebitazione negli 8 anni precedenti; non essere stato condannato con sentenza passata in giudicato per una serie di reati contro il patrimonio; soddisfare almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriori al decreto di apertura di liquidazione.

Oggi, a seguito delle modifiche apportate, il beneficio dell’esdebitazione è di diritto, senza bisogno di richiesta, a seguito della chiusura della procedura, o anche prima della chiusura decorsi tre anni dalla sua apertura.

Inoltre, il debitore potrà godere dell’esdebitazione anche qualora non possegga nessuna utilità, nemmeno futura, per far fronte ai propri debiti. Tale enorme beneficio in capo al debitore potrà essere previsto una sola volta e condizionato, nel caso di sopravvenienza di utilità che consentano di soddisfare i creditori almeno per il 10%, all’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto di esdebitazione emesso dal giudice.

L’esdebitazione non opera: per debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari; per debiti da risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale nonché per sanzioni pecuniarie penali e amministrative; per debiti fiscali accertati dopo il decreto di apertura della procedura in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

In conclusione, nonostante la scarsa rilevanza delle procedure esdebitatorie fin dalla loro entrata in vigore, lo Scrivente augura che, attraverso le innovative correzioni apportate dalla riforma, in futuro possa registrarsi un maggior utilizzo di queste, così da perseguire anche in concreto quello scopo di “salvataggio del debitore” tanto auspicato dal legislatore, pur ricordando che le modifiche della riforma saranno efficaci dal 15 agosto 2020.

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Legge 3/2012: finalità delle procedure di esdebitazione e le modifiche apportate dal Codice della Crisi d’Impresa

La Legge 3/2012, c.d. “Legge salva-suicidi”, riformata nel Codice della Crisi d’impresa agli artt. 65-73, è destinata a tutti i soggetti non specificatamente sottoposti ad altre procedure concorsuali ordinarie o speciali, così da permettere anche a questi soggetti di accedere ad una esdebitazione della loro posizione debitoria, senza lasciarli perennemente esposti alle procedure esecutive individuali dei creditori.

I soggetti rientranti in tali categorie sono pertanto:

  • imprenditori non rientranti nell’art. 1 L Fall;
  • consumatori, ritenuti tali in caso di debiti destinati al soddisfacimento di bisogni personali o familiari e di conseguenza nessun debito deve essere inerente ad attività professionale/imprenditoriale propria o di terzi;
  • liberi professionisti;
  • start-up.

Novità importante derivante dalla Riforma riguarda l’estensione della disciplina sul sovraindebitamento ai soci illimitatamente responsabili delle società di persone, ma solo limitatamente a debiti che esulano da quelli sociali. In tal modo, si permette anche ai soci illimitatamente responsabili di società di persone di accedere alla procedura di esdebitazione, pur essendo fallibili per estensione ai sensi dell’art. 147 L.Fall.

Presupposto di tali procedure è uno stato di indebitamento, definito come “sproporzione tra debiti e patrimonio prontamente liquidabile, nonché l’incapacità definitiva di adempiere alle obbligazioni assunte”. La riforma lo definisce invece, pur nella sostanza rimanendo invariato, << uno stato di crisi o d’insolvenza tout court>>.

L’avverbio “prontamente” consente di ricomprendere anche quei soggetti caratterizzati da una crisi di liquidità temporanea, quindi, reversibile.

Ai fini dell’attivazione di tali procedure è necessario presentare istanza ad un Organismo di Composizione della Crisi (Occ) ove il debitore ha la residenza o la sede dell’impresa.

Va rilevato che il nuovo codice della crisi d’impresa ha introdotto una disciplina specifica per la crisi di famiglia, concedendo la possibilità di presentare un unico piano congiunto per i membri di uno stesso nucleo familiare, consentendo un’opportunità per nuclei familiari schiacciati da debiti insostenibili.

L’Occ presta assistenza al debitore e valuta la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.

Tale assistenza viene prevista anche nell’ottica di salvaguardare quel debitore che non possegga conoscenze adeguate a destreggiarsi con la procedura.

Il debitore deve, attraverso l’OCC, presentare ai creditori il Piano, il quale può avere variegato contenuto:

  1. a) accordi dilatori, al fine di consentire una rateazione dei propri debiti;
  2. b) accordi esdebitatori, con delle limitazioni quali:

b.1) i crediti impignorabili vanno pagati integralmente e senza dilazioni, alla scadenza;

b.2) i tributi costituenti risorse dell’UE, IVA e ritenute operate e non versate sono solo dilazionabili. Qui occorre rilevare come il disposto sembrerebbe riferirsi esclusivamente a imposte armonizzate. A conferma di ciò, recentemente si sono riscontrate procedure ove è stata operata una falcidia delle cartelle esattoriali pari all’87%. A parere dello scrivente la ratio di tale previsione è la tutela del circuito economico, non dell’Erario;

b.3) i crediti con privilegio speciale, pegno o ipoteca possono essere soddisfatti non integralmente, ma non in misura inferiore a quanto il creditore avrebbe potuto ottenere liquidando il bene gravato dalla garanzia;

c)accordi misti, utilizzati molto frequentemente.

L’accordo, oggi, a seguito del restyling operato dalla recente riforma, denominato “concordato minore”, deve prevedere termini e modalità di pagamento dei creditori, secondo par condicio, che possono essere suddivisi in classi, con trattamenti differenziati.

L’OCC raccoglie i voti dei creditori e dovrà raggiungere l’approvazione, anche attraverso silenzio-assenso, di almeno il 60% dei crediti con diritto di voto.  I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca per i quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione.

Stesso discorso vale per il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta.  Ciò per evitare l’ingerenza nel voto sia di creditori che sarebbero sicuramente in parte pregiudicati dalla procedura, sia di quelli che hanno rapporti personali con il debitore.

Dopo l’eventuale omologa del giudice si passa all’esecuzione dell’accordo ad opera di un liquidatore, che può essere lo stesso Occ, di modo che il ruolo di liquidatore sia ricoperto da un soggetto già edotto della situazione debitoria del soggetto che accede alla procedura.

L’accordo può essere annullato per: aumento o diminuzione del passivo, con dolo o colpa grave; sottrazione o dissimulazione attivo, o simulazione attività inesistenti.

La risoluzione dell’accordo può essere fatta valere nel caso in cui il debitore non adempia regolarmente alle obbligazioni dell’accordo, o nel caso le garanzie promesse non vengano costituite o se l’esecuzione diviene impossibile per causa non imputabile al debitore.

La revoca dell’accordo, invece, si verifica nel caso di atti in frode ai creditori.

Dunque, tali procedure, di grande favore per il debitore, esigono una condotta impeccabile di questo, dimostrandosi quindi la procedura tendente ad aiutare solo soggetti “meritevoli”. Ciò sulla scorta del fatto che, connotandosi tale disciplina in uno sbilanciamento verso l’interesse all’esdebitazione di soggetti oppressi da debiti ingenti, a discapito degli interessi creditori, non si vuole accentuare condotte che possano mirare a contrarre debiti in considerazione di una loro futura defalcazione, beneficiando di tali procedure.

Nel caso in cui il debitore sia un consumatore, si potrà accedere alla procedura del Piano del Consumatore, oggi denominato “ristrutturazione dei debiti del consumatore”. Questa è, senza dubbio, la procedura più vantaggiosa delle tre previste dalla L. 3/2012.

Tale procedimento non prevede alcuna valutazione dei creditori, ma solo quella del giudice sulla fattibilità del piano e sulla meritevolezza del debitore, ossia che non abbia colposamente determinato il proprio stato di sovraindebitamento o fatto uno sregolato ricorso al credito.

In tal modo, il consumatore potrà beneficiare dell’esdebitazione senza l’ostacolo determinato dalla necessità di approvazione del Piano da parte dei creditori.

Oggi è prevista la possibilità di cedere il quinto dello stipendio, del TFR o della pensione per sistemare i debiti da finanziamento.

Inoltre, viene escluso il ricorso alla procedura nel caso in cui il consumatore abbia beneficiato di una delle procedure ex L 3/2012 nei cinque anni precedenti o comunque già per due volte, o abbia determinato il suo sovraindebitamento con grave colpa, frode o malafede.

La liquidazione, a seguito della riforma trasformatasi in “liquidazione controllata del sovreindebitamento”, a differenza delle altre procedure non può riguardare solo singoli beni, bensì ha ad oggetto tutto il patrimonio del debitore ed è attuata, per un periodo minimo di quattro anni, dal liquidatore nominato dal giudice.

Data la durata quadriennale, si rivela essere una procedura dinamica e continuata nel tempo.

Oggi, a seguito della riforma, la legittimazione attiva spetta non più solo al debitore, bensì anche ai creditori o al pm, eliminando così l’esclusività del debitore nel decidere della propria sorte.

Non sono compresi nella procedura: crediti impignorabili ex art 545 c.p.c.; i crediti a carattere alimentare o di mantenimento, stipendi, pensioni nei limiti del mantenimento; frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i relativi frutti; le cose impignorabili per legge.

Con il decreto, attraverso la nomina del liquidatore, si determina una forma di spossessamento del debitore, analoga alla procedura fallimentare. Dunque, questa si rivela essere la procedura più gravosa per il debitore, pur la riforma avendo previsto un tendenziale obiettivo “conservativo” delle procedure concorsuali.

Alla liquidazione segue l’esdebitazione, alla quale può accedere solo il debitore persona fisica.

Per poter ottenere l’esdebitazione, il debitore deve cooperare durante la procedura; non aver beneficiato di altra esdebitazione negli 8 anni precedenti; non essere stato condannato con sentenza passata in giudicato per una serie di reati contro il patrimonio; soddisfare almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriori al decreto di apertura di liquidazione.

Oggi, a seguito delle modifiche apportate, il beneficio dell’esdebitazione è di diritto, senza bisogno di richiesta, a seguito della chiusura della procedura, o anche prima della chiusura decorsi tre anni dalla sua apertura.

Inoltre, il debitore potrà godere dell’esdebitazione anche qualora non possegga nessuna utilità, nemmeno futura, per far fronte ai propri debiti. Tale enorme beneficio in capo al debitore potrà essere previsto una sola volta e condizionato, nel caso di sopravvenienza di utilità che consentano di soddisfare i creditori almeno per il 10%, all’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto di esdebitazione emesso dal giudice.

L’esdebitazione non opera: per debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari; per debiti da risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale nonché per sanzioni pecuniarie penali e amministrative; per debiti fiscali accertati dopo il decreto di apertura della procedura in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

In conclusione, nonostante la scarsa rilevanza delle procedure esdebitatorie fin dalla loro entrata in vigore, lo Scrivente augura che, attraverso le innovative correzioni apportate dalla riforma, in futuro possa registrarsi un maggior utilizzo di queste, così da perseguire anche in concreto quello scopo di “salvataggio del debitore” tanto auspicato dal legislatore, pur ricordando che le modifiche della riforma saranno efficaci dal 15 agosto 2020.

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