Cosa comporta la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese?
Con ordinanza n. 29251 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’estinzione di una società per cancellazione dal registro delle imprese.
La causa prende avvio da un decreto ingiuntivo ottenuto da una Banca contro una società per il pagamento di una somma relativa ad un contratto di leasing immobiliare.
Il decreto veniva opposto dalla società, la quale in via riconvenzionale chiedeva che la Banca intimante fosse condannata, ai sensi dell’art. 1526 cod. civ., alla restituzione degli importi già riscossi, previa deduzione di un equo compenso conseguente all’utilizzo del bene.
Il Tribunale, previo espletamento di una c.t.u. per la determinazione del valore locatizio dell’immobile, accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava la Banca al rimborso, in favore della società di una somma pari ad € 150.567,57.
La banca impugnava la sentenza dinanzi la Corte di Appello che, però, rigettava il gravame.
La Banca pertanto impugnava la sentenza in Cassazione affidandosi ad un solo motivo di ricorso lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ. e degli artt. 75, 82, 83 e 156 cod. proc. civ., per non avere il giudice di merito riconosciuto che l’intervenuta cancellazione della società ne aveva determinato l’estinzione e, di conseguenza, la perdita della capacità di stare in giudizio.
Risulta infatti che la società fu effettivamente cancellata dal registro delle imprese in data 1 febbraio 2008, che il decreto ingiuntivo nei suoi confronti fu emesso in data 8 agosto 2008 e che l’opposizione al decreto fu proposta con atto di citazione notificato il 1 ottobre 2008.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 12 marzo 2013, n. 6070, hanno affermato, in continuità con la precedente sentenza 22 febbraio 2010, n. 4060, che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dall’art. 10 legge fall.); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso.
Quanto alla prova della cancellazione della società del Registro delle Imprese, la Suprema Corte ritiene che sia producibile anche dinanzi la Cassazione trattandosi di documentazione riguardante, almeno potenzialmente, la nullità della sentenza impugnata (v. l’ordinanza 11 luglio 2014, n. 16036, e la sentenza 9 maggio 2016, n. 9334).
Quanto, invece, alla notifica ricorso per Cassazione alla persona fisica del liquidatore anziché ai soci – come sarebbe dovuto avvenire alla luce della citata sentenza n. 6070 del 2013 – gli Ermellini ritengono che sia legittima in quanto conseguenza del fatto che il ricorso non poteva che essere notificato all’unico contraddittore esistente nel giudizio di appello, ossia il liquidatore, benché di una società già cancellata.
Secondo dunque gli Ermellini il giudizio non sarebbe neppure dovuto cominciare nei confronti di quel contraddittore ed era comunque proposto da un soggetto non più giuridicamente esistente.
Conseguentemente il ricorso veniva accolto e la sentenza impugnata cassata senza rinvio, perché la causa non poteva essere proposta.
Avv. Gavril Zaccaria
Cosa comporta la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese?
Con ordinanza n. 29251 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’estinzione di una società per cancellazione dal registro delle imprese.
La causa prende avvio da un decreto ingiuntivo ottenuto da una Banca contro una società per il pagamento di una somma relativa ad un contratto di leasing immobiliare.
Il decreto veniva opposto dalla società, la quale in via riconvenzionale chiedeva che la Banca intimante fosse condannata, ai sensi dell’art. 1526 cod. civ., alla restituzione degli importi già riscossi, previa deduzione di un equo compenso conseguente all’utilizzo del bene.
Il Tribunale, previo espletamento di una c.t.u. per la determinazione del valore locatizio dell’immobile, accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava la Banca al rimborso, in favore della società di una somma pari ad € 150.567,57.
La banca impugnava la sentenza dinanzi la Corte di Appello che, però, rigettava il gravame.
La Banca pertanto impugnava la sentenza in Cassazione affidandosi ad un solo motivo di ricorso lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ. e degli artt. 75, 82, 83 e 156 cod. proc. civ., per non avere il giudice di merito riconosciuto che l’intervenuta cancellazione della società ne aveva determinato l’estinzione e, di conseguenza, la perdita della capacità di stare in giudizio.
Risulta infatti che la società fu effettivamente cancellata dal registro delle imprese in data 1 febbraio 2008, che il decreto ingiuntivo nei suoi confronti fu emesso in data 8 agosto 2008 e che l’opposizione al decreto fu proposta con atto di citazione notificato il 1 ottobre 2008.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 12 marzo 2013, n. 6070, hanno affermato, in continuità con la precedente sentenza 22 febbraio 2010, n. 4060, che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dall’art. 10 legge fall.); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso.
Quanto alla prova della cancellazione della società del Registro delle Imprese, la Suprema Corte ritiene che sia producibile anche dinanzi la Cassazione trattandosi di documentazione riguardante, almeno potenzialmente, la nullità della sentenza impugnata (v. l’ordinanza 11 luglio 2014, n. 16036, e la sentenza 9 maggio 2016, n. 9334).
Quanto, invece, alla notifica ricorso per Cassazione alla persona fisica del liquidatore anziché ai soci – come sarebbe dovuto avvenire alla luce della citata sentenza n. 6070 del 2013 – gli Ermellini ritengono che sia legittima in quanto conseguenza del fatto che il ricorso non poteva che essere notificato all’unico contraddittore esistente nel giudizio di appello, ossia il liquidatore, benché di una società già cancellata.
Secondo dunque gli Ermellini il giudizio non sarebbe neppure dovuto cominciare nei confronti di quel contraddittore ed era comunque proposto da un soggetto non più giuridicamente esistente.
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