Published On: 11 Novembre 2018Categories: Articoli, Caterina Marino, Diritto civile, Diritto Penale

Responsabilità medica: obbligatorio per il medico il controllo dei macchinari utilizzati

Con sentenza n.27449 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha precisato le modalità di ripartizione dell’onere della prova nei casi di responsabilità professionale.

Il caso di specie riguardava un intervento di mastoplastica additiva, nella cornice di un processo di transizione da genere maschile a femminile, effettuato presso una clinica privata. Il paziente nel convenire in giudizio il medico anestesista, lamentava che l’assenza di adeguati metodi di monitoraggio della profondità di sedazione avrebbe causato un risveglio intraoperatorio e quindi conseguenze pregiudizievoli tali da portarlo ad interrompere il procedimento di mutamento del sesso biologico.

Il Tribunale di prime cure rigettava la domanda di parte attrice per mancanza di certezze in ordine alla sussistenza del nesso causale. In seguito alla riforma della decisione in appello, la compagnia assicuratrice del professionista ricorreva per Cassazione.

In particolare, il ricorrente lamentava la violazione degli artt. 1218 e 2697, cod. civ., in quanto il giudice del gravame avrebbe errato nel non far ricadere l’onere della prova su parte attrice, trattandosi di responsabilità contrattuale.

Gli ermellini, nel motivare l’infondatezza del primo motivo di ricorso principale, hanno precisato che in ambito civilistico nonostante sia onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, a differenza di quanto accade nel settore penale, è sufficiente provare che l’evento dannoso sia una conseguenza del fatto illecito altrui secondo il criterio del “più probabile che non”, specialmente in presenza di un tasso di caso fortuito statisticamente molto basso. La Cassazione ha infatti sottolineato come la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causalità tra questa ed il danno siano oggetto di due accertamenti separati e tra loro indipendenti. In tal senso, l’art. 1218 cod. civ. solleva il creditore dell’obbligazione inadempiuta (o eseguita in modo non esatto) dall’onere di provare l’elemento soggettivo dell’illecito ma non da quello del nesso di causalità, sia materiale che giuridico, tra condotta ed evento pregiudizievole.

Al contrario nell’evenienza di un inadempimento qualificato, cioè per se astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato (come in caso di emotrasfusioni infette), rimane invece a carico del debitore dimostrare che l’inadempimento non vi sia stato o che non sia stato eziologicamente rilevante (si veda Cass., Sez. U., 11.01.2008 n. 577), in quanto la prova della prestazione sanitaria contiene già in se quella del nesso causale.

Né, precisano gli ermellini, può costituire prova liberatoria l’allegazione sic e simpliciter del malfunzionamento dei macchinari sanitari, in quanto è onere del professionista dimostrare di aver verificato o essersi assicurato che ne fosse stata accertata la corretta operatività.

Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha giudicato il motivo infondato ed ha rigettato il ricorso.

Dott.ssa Caterina Marino

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Published On: 11 Novembre 2018Categories: Articoli, Caterina Marino, Diritto civile, Diritto PenaleBy

Responsabilità medica: obbligatorio per il medico il controllo dei macchinari utilizzati

Con sentenza n.27449 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha precisato le modalità di ripartizione dell’onere della prova nei casi di responsabilità professionale.

Il caso di specie riguardava un intervento di mastoplastica additiva, nella cornice di un processo di transizione da genere maschile a femminile, effettuato presso una clinica privata. Il paziente nel convenire in giudizio il medico anestesista, lamentava che l’assenza di adeguati metodi di monitoraggio della profondità di sedazione avrebbe causato un risveglio intraoperatorio e quindi conseguenze pregiudizievoli tali da portarlo ad interrompere il procedimento di mutamento del sesso biologico.

Il Tribunale di prime cure rigettava la domanda di parte attrice per mancanza di certezze in ordine alla sussistenza del nesso causale. In seguito alla riforma della decisione in appello, la compagnia assicuratrice del professionista ricorreva per Cassazione.

In particolare, il ricorrente lamentava la violazione degli artt. 1218 e 2697, cod. civ., in quanto il giudice del gravame avrebbe errato nel non far ricadere l’onere della prova su parte attrice, trattandosi di responsabilità contrattuale.

Gli ermellini, nel motivare l’infondatezza del primo motivo di ricorso principale, hanno precisato che in ambito civilistico nonostante sia onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, a differenza di quanto accade nel settore penale, è sufficiente provare che l’evento dannoso sia una conseguenza del fatto illecito altrui secondo il criterio del “più probabile che non”, specialmente in presenza di un tasso di caso fortuito statisticamente molto basso. La Cassazione ha infatti sottolineato come la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causalità tra questa ed il danno siano oggetto di due accertamenti separati e tra loro indipendenti. In tal senso, l’art. 1218 cod. civ. solleva il creditore dell’obbligazione inadempiuta (o eseguita in modo non esatto) dall’onere di provare l’elemento soggettivo dell’illecito ma non da quello del nesso di causalità, sia materiale che giuridico, tra condotta ed evento pregiudizievole.

Al contrario nell’evenienza di un inadempimento qualificato, cioè per se astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato (come in caso di emotrasfusioni infette), rimane invece a carico del debitore dimostrare che l’inadempimento non vi sia stato o che non sia stato eziologicamente rilevante (si veda Cass., Sez. U., 11.01.2008 n. 577), in quanto la prova della prestazione sanitaria contiene già in se quella del nesso causale.

Né, precisano gli ermellini, può costituire prova liberatoria l’allegazione sic e simpliciter del malfunzionamento dei macchinari sanitari, in quanto è onere del professionista dimostrare di aver verificato o essersi assicurato che ne fosse stata accertata la corretta operatività.

Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha giudicato il motivo infondato ed ha rigettato il ricorso.

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