
Manca la procura alle liti: all’avvocato spettano i compensi?
Con sentenza n. 26522 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il tema dei compensi professionali dal punto di vista dell’onero probatorio spettante al creditore.
La vicenda prende avvio da un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. proposto da un avvocato dinanzi il Tribunale di Foggia per il pagamento del compenso maturato in un giudizio svoltosi proprio davanti il Tribunale pugliese.
Il Tribunale di Foggia respingeva la domanda perché di fronte al disconoscimento della firma apposta sulla procura alle liti, l’avvocato chiedeva l’istanza di verificazione, ma non produceva l’originale, e dunque il Giudice concludeva per la mancanza di prova del conferimento del mandato.
L’Avvocato, dunque, ricorreva per cassazione lamentandosi che il Tribunale poteva assumere aliunde la prova dell’instaurazione del rapporto e dello svolgimento dell’attività difensiva ricordando come il diritto al compenso non nasce dal rilascio della procura, ma dall’effettiva opera prestata.
Secondo gli Ermellini la questione va risolta partendo dalla differenza tra il contratto di patrocinio e la procura alle liti.
Il primo è un negozio bilaterale con il quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato, mentre la seconda è un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio (tra le varie, Sez. 3 -, Sentenza n. 7410 del 23/03/2017; Sez. 3 -, Ordinanza n. 14276 del 08/06/2017 Rv. 644641; v. anche Cass. n. 13963/06, nonché ord. n. 13927/15).
Le conseguenze in tema di forma e di prova sono le seguenti: non si può escludere che il rilascio di una procura alle liti assolva all’onere di forma eventualmente richiesto per il contratto (come è per la pubblica amministrazione: cfr. Cass. ord. n. 2266/12, n. 3721/15 e n. 15454/15) ed, al contempo, ne fornisca la prova.
Però, di norma, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell’attività processuale, e non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma.
Né rileva, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso, sia perché il mandato può essere anche gratuito, sia perché, in caso di mandato oneroso, il compenso e l’eventuale rimborso delle spese sostenute possono essere richiesti dal professionista durante lo svolgimento del rapporto o al termine dello stesso (così Sez. 3 -, Sentenza n. 7410/2017 cit; Cass. n. 10454/02).
Il diritto al compenso nasce dal conferimento del mandato e dall’espletamento dell’incarico (v. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2321 del 2015) e l’avvocato è libero di provarlo come vuole non essendo necessario produrre la procura alle liti.
Per tali motivi la Corte ha accolto il ricorso.
Avv. Gavril Zaccaria

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Con sentenza n. 26522 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il tema dei compensi professionali dal punto di vista dell’onero probatorio spettante al creditore.
La vicenda prende avvio da un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. proposto da un avvocato dinanzi il Tribunale di Foggia per il pagamento del compenso maturato in un giudizio svoltosi proprio davanti il Tribunale pugliese.
Il Tribunale di Foggia respingeva la domanda perché di fronte al disconoscimento della firma apposta sulla procura alle liti, l’avvocato chiedeva l’istanza di verificazione, ma non produceva l’originale, e dunque il Giudice concludeva per la mancanza di prova del conferimento del mandato.
L’Avvocato, dunque, ricorreva per cassazione lamentandosi che il Tribunale poteva assumere aliunde la prova dell’instaurazione del rapporto e dello svolgimento dell’attività difensiva ricordando come il diritto al compenso non nasce dal rilascio della procura, ma dall’effettiva opera prestata.
Secondo gli Ermellini la questione va risolta partendo dalla differenza tra il contratto di patrocinio e la procura alle liti.
Il primo è un negozio bilaterale con il quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato, mentre la seconda è un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio (tra le varie, Sez. 3 -, Sentenza n. 7410 del 23/03/2017; Sez. 3 -, Ordinanza n. 14276 del 08/06/2017 Rv. 644641; v. anche Cass. n. 13963/06, nonché ord. n. 13927/15).
Le conseguenze in tema di forma e di prova sono le seguenti: non si può escludere che il rilascio di una procura alle liti assolva all’onere di forma eventualmente richiesto per il contratto (come è per la pubblica amministrazione: cfr. Cass. ord. n. 2266/12, n. 3721/15 e n. 15454/15) ed, al contempo, ne fornisca la prova.
Però, di norma, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell’attività processuale, e non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma.
Né rileva, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso, sia perché il mandato può essere anche gratuito, sia perché, in caso di mandato oneroso, il compenso e l’eventuale rimborso delle spese sostenute possono essere richiesti dal professionista durante lo svolgimento del rapporto o al termine dello stesso (così Sez. 3 -, Sentenza n. 7410/2017 cit; Cass. n. 10454/02).
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Per tali motivi la Corte ha accolto il ricorso.
Avv. Gavril Zaccaria
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