Due mediatori per un affare: a chi spetta la provvigione
“L’intervento di un secondo mediatore non interrompe di per sé il nesso di causalità tra l’attività del primo e la conclusione dell’affare, se le parziali variazioni oggettive e soggettive non hanno inciso sull’identità dell’affare”.
È quanto stabilito dalla recentissima ordinanza n. 869/2018 emessa dalla Corte di Cassazione in data 16 gennaio 2018.
L’Ordinanza in commento veniva resa a conclusione del giudizio incardinato presso la Suprema Corte dai due ricorrenti i quali erano stati condannati dalla Corte di Appello di Bari, a totale conferma di quanto precedentemente statuito dal Tribunale civile di Bari, al pagamento della provvigione in favore della Società di intermediazione immobiliare che si era occupata della vendita del compendio immobiliare facente capo ai ricorrenti medesimi.
I ricorrenti denunziavano principalmente la violazione, da parte della Corte di Appello di Bari, del disposto di cui al primo comma dell’art. 1755 cod. civ. in forza del quale “Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”, avuto soprattutto riguardo alla necessità della presenza del nesso di causalità tra l’attività posta in essere dal mediatore ed il raggiungimento del risultato atteso.
Nell’ambito della propria linea difensiva i ricorrenti si dolevano del fatto che la Corte di Appello di Bari non avesse tenuto nella debita considerazione, ai fini dell’emissione della sentenza di condanna al pagamento della provvigione alla resistente Società di mediazione, la circostanza per cui il contatto provocato dall’Agenzia in parola non fosse andato a buon fine, essendo la proposta d’acquisto dell’immobile di proprietà dei resistenti subordinata alla condizione – non realizzata – che il potenziale acquirente ottenesse un mutuo.
Ed invero, avevano sostenuto i ricorrenti in giudizio, solo il successivo intervento di altra Agenzia di mediazione aveva consentito la conclusione dell’affare tra i venditori e gli acquirenti del compendio immobiliare.
A conclusione del giudizio de quo gli Ermellini rigettavano il ricorso proposto statuendo, senza peraltro discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di legittimità maggioritario, che “ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, non è richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata”. (Cass. 09/12/2014, n. 25851; Cass. 20/12/2005, n. 28231).
Avv. Ermanno Scaramozzino
Due mediatori per un affare: a chi spetta la provvigione
“L’intervento di un secondo mediatore non interrompe di per sé il nesso di causalità tra l’attività del primo e la conclusione dell’affare, se le parziali variazioni oggettive e soggettive non hanno inciso sull’identità dell’affare”.
È quanto stabilito dalla recentissima ordinanza n. 869/2018 emessa dalla Corte di Cassazione in data 16 gennaio 2018.
L’Ordinanza in commento veniva resa a conclusione del giudizio incardinato presso la Suprema Corte dai due ricorrenti i quali erano stati condannati dalla Corte di Appello di Bari, a totale conferma di quanto precedentemente statuito dal Tribunale civile di Bari, al pagamento della provvigione in favore della Società di intermediazione immobiliare che si era occupata della vendita del compendio immobiliare facente capo ai ricorrenti medesimi.
I ricorrenti denunziavano principalmente la violazione, da parte della Corte di Appello di Bari, del disposto di cui al primo comma dell’art. 1755 cod. civ. in forza del quale “Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”, avuto soprattutto riguardo alla necessità della presenza del nesso di causalità tra l’attività posta in essere dal mediatore ed il raggiungimento del risultato atteso.
Nell’ambito della propria linea difensiva i ricorrenti si dolevano del fatto che la Corte di Appello di Bari non avesse tenuto nella debita considerazione, ai fini dell’emissione della sentenza di condanna al pagamento della provvigione alla resistente Società di mediazione, la circostanza per cui il contatto provocato dall’Agenzia in parola non fosse andato a buon fine, essendo la proposta d’acquisto dell’immobile di proprietà dei resistenti subordinata alla condizione – non realizzata – che il potenziale acquirente ottenesse un mutuo.
Ed invero, avevano sostenuto i ricorrenti in giudizio, solo il successivo intervento di altra Agenzia di mediazione aveva consentito la conclusione dell’affare tra i venditori e gli acquirenti del compendio immobiliare.
A conclusione del giudizio de quo gli Ermellini rigettavano il ricorso proposto statuendo, senza peraltro discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di legittimità maggioritario, che “ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, non è richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata”. (Cass. 09/12/2014, n. 25851; Cass. 20/12/2005, n. 28231).
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