DDL Pillon: le possibilità novità in tema di affido condiviso
L’affidamento condiviso del bambino in caso di divorzio dei genitori potrebbe subire presto profonde modifiche. Solamente a dodici anni – cfr. L. 54/2006 – dalla sua introduzione, invero, la previsione dell’art. 337 ter c.c. rischia di essere oggetto di una profonda riforma a causa del disegno di legge (Atto Senato n. 735) presentato dal senatore leghista Pillon volto a modificare le regole dell’istituto in esame.
Si ricorderà, in via di premessa, che la disciplina attuale sull’affido “congiunto” se da una parte sancisce il principio della bigenitorialità e l’esercizio della responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, dall’altra lascia aperta la questione della residenza del minore, collocandola generalmente presso la madre, per una serie di motivi. Ovviamente, al fine di garantire alla prole il diritto di mantenere rapporti equilibrati con entrambi genitori, la norma stabilisce anche che il giudice decida tempi e modalità di permanenza dei figli presso il genitore non collocatario.
Il Ddl Pillon, di contro, andrebbe a snaturare tale previsione. L’intento del senatore leghista, invero, è quello di prevedere un affidamento perfettamente ed egualmente condiviso tra madre e padre sia in termini di tempo che di denaro (art. 11 Ddl), sancendo inoltre una riformulazione dell’assegno di mantenimento a carico di entrambi i genitori in virtù di una “paritaria bigenitorialità”.
In altri termini, l’art. 11 del Ddl de quo mira a stabilire le condizioni, quasi matematiche, sull’affidamento condiviso del bambino, in virtù di una perfetta equiparazione dei genitori. Si legge infatti che “ indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità. Ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti“.
Non risulta difficile immaginare come una simile proposta di riforma abbia dato adito a profonde critiche.
Oltre alle accuse di maschilismo da parte di numerose attiviste, infatti, il disegno di legge è stato sottoposto a censure anche da parte del Movimento dell’Infanzia, il quale a gran voce ha evidenziato come una simile proposta potrebbe danneggiare lo sviluppo e l’educazione del bambino, avvantaggiare i padri-padroni e violenti, e sminuire il fondamentale ruolo della madre. Si è osservato invero che l’approvazione di tale Ddl sarebbe un disincentivo per le donne che subiscono violenza a chiedere la separazione, in quanto verrebbe meno una delle ragioni primarie della separazione stessa: togliere il figlio al padre violento.
E’ ancora presto per tirare le conclusioni su tale disegno di legge.
Una cosa è certa: qualsiasi modifica venisse introdotta in futuro non si potrà che tenere conto, innanzitutto, dell’interesse primario del minore e ciò a prescindere dalle necessarie (o meno) esigenze di realizzare il principio di bigenitorialità con collocazione paritetica del figlio presso ciascun genitore.
Dott. Massimo Leva
DDL Pillon: le possibilità novità in tema di affido condiviso
L’affidamento condiviso del bambino in caso di divorzio dei genitori potrebbe subire presto profonde modifiche. Solamente a dodici anni – cfr. L. 54/2006 – dalla sua introduzione, invero, la previsione dell’art. 337 ter c.c. rischia di essere oggetto di una profonda riforma a causa del disegno di legge (Atto Senato n. 735) presentato dal senatore leghista Pillon volto a modificare le regole dell’istituto in esame.
Si ricorderà, in via di premessa, che la disciplina attuale sull’affido “congiunto” se da una parte sancisce il principio della bigenitorialità e l’esercizio della responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, dall’altra lascia aperta la questione della residenza del minore, collocandola generalmente presso la madre, per una serie di motivi. Ovviamente, al fine di garantire alla prole il diritto di mantenere rapporti equilibrati con entrambi genitori, la norma stabilisce anche che il giudice decida tempi e modalità di permanenza dei figli presso il genitore non collocatario.
Il Ddl Pillon, di contro, andrebbe a snaturare tale previsione. L’intento del senatore leghista, invero, è quello di prevedere un affidamento perfettamente ed egualmente condiviso tra madre e padre sia in termini di tempo che di denaro (art. 11 Ddl), sancendo inoltre una riformulazione dell’assegno di mantenimento a carico di entrambi i genitori in virtù di una “paritaria bigenitorialità”.
In altri termini, l’art. 11 del Ddl de quo mira a stabilire le condizioni, quasi matematiche, sull’affidamento condiviso del bambino, in virtù di una perfetta equiparazione dei genitori. Si legge infatti che “ indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità. Ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti“.
Non risulta difficile immaginare come una simile proposta di riforma abbia dato adito a profonde critiche.
Oltre alle accuse di maschilismo da parte di numerose attiviste, infatti, il disegno di legge è stato sottoposto a censure anche da parte del Movimento dell’Infanzia, il quale a gran voce ha evidenziato come una simile proposta potrebbe danneggiare lo sviluppo e l’educazione del bambino, avvantaggiare i padri-padroni e violenti, e sminuire il fondamentale ruolo della madre. Si è osservato invero che l’approvazione di tale Ddl sarebbe un disincentivo per le donne che subiscono violenza a chiedere la separazione, in quanto verrebbe meno una delle ragioni primarie della separazione stessa: togliere il figlio al padre violento.
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