Il concordato preventivo, programma condiviso di risanamento. Il caso di Astaldi.
Si torna a parlare di crisi di impresa e, in modo particolare, dello stato di crisi di una grande realtà imprenditoriale del nostro Paese, ovvero la Astaldi s.p.a.
Il 26 settembre 2018, sul quotidiano “Il Sole 24 Ore”, è stato infatti pubblicato un articolo dal titolo “Astaldi, pronto il concordato in bianco”.
L’articolo in commento dà notizia dell’intenzione della società di presentare, nel tentativo di uscire dalla crisi economica in cui versa, una domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in bianco o con riserva prevista e disciplinata dall’art. 161, sesto comma della Legge Fallimentare.
Il ricorso ad una tale procedura prevede che, nel tempo occorrente per la predisposizione di un piano di risanamento da presentare al ceto creditorio e per l’elaborazione di tutta la documentazione contabile ed estimativa da produrre a corredo del piano, l’impresa possa intanto presentare presso il Tribunale Fallimentare una domanda c.d. “prenotativa” di ammissione alla procedura concordataria, chiedendo al Tribunale medesimo la concessione di un termine – da computarsi tra un minimo di sessanta giorni ed un massimo di centoventi giorni, nonché prorogabile una sola volta per non più di sessanta giorni – per il deposito del piano di risanamento e della proposta da sottoporre al ceto creditorio o, in alternativa, di un accordo di ristrutturazione del debito raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il 60 % dei crediti.
Nel primo caso, ovvero nell’ipotesi di presentazione del piano concordatario, la società dovrà chiedere al Tribunale di valutarlo e di disporre l’ammissione della società alla procedura concordataria, in cui i creditori dovranno esprimere dinanzi al Tribunale le loro valutazioni in merito al predisposto piano di risanamento e alla proposta di soddisfacimento del ceto creditorio, esprimendo il loro voto favorevole o contrario.
Nel secondo caso, ovvero nell’ipotesi in cui venga presentato un accordo di ristrutturazione già raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti, l’impresa dovrà limitarsi a chiederne al Tribunale Fallimentare l’omologazione.
Nel frattempo l’unica notizia, desumibile dal menzionato articolo del “Sole 24 Ore”, è che venerdì scorso il Consiglio di Amministrazione avrebbe eventualmente deliberato la presentazione del ricorso per l’ammissione al c.d. preconcordato (o concordato preventivo in bianco).
Nell’articolo viene indicata in termini di massima la situazione patrimoniale della società e vengono anche indicati i tentativi che la stessa ha, in un passato recente, posto in essere per porre rimedio alla sua crisi di liquidità e per uscire dalla crisi aziendale.
Inoltre viene riferito dell’esistenza di trattative in corso con un gruppo imprenditoriale cinese interessato all’acquisto dell’azienda o di suoi rami, ma che chiede la concessione di maggiori garanzie.
Riguardo ad una tale trattativa, tuttavia, sembrerebbe che Astaldi non possa contare su di un sufficiente apporto del sistema bancario.
In presenza di una tale situazione la decisione di Ataldi di ricorrere alla procedura concordataria, anche se momentaneamente attraverso la richiesta di ammissione al c.d. “preconcordato” o concordato preventivo “in bianco” o concordato “con riserva”, rappresenta in ogni caso la scelta più opportuna.
Infatti la gestione della crisi aziendale, specie ove si si tratti di una grande impresa, richiede necessariamente la partecipazione e la condivisione del ceto creditorio e di tutti coloro che di tale crisi subiscono e subiranno “a cascata” gli effetti e che, quindi, sono interessati al modo in cui l’impresa intende uscire dalla crisi.
Orbene la procedura concordataria disciplinata dagli articoli 160 e segg. della Legge Fallimentare rappresenta oggi, specie a seguito delle riforme introdotte con la Legge n. 132 del 6 agosto 2015 (che ha convertito in legge il decreto n. 83 del 27 giugno 2015), uno strumento di composizione della crisi d’ impresa idoneo a realizzare la partecipazione dei c.d. stakeholders – quindi di tutti coloro che sono interessati al superamento dello stato di crisi – alla gestione della crisi stessa e ciò ad iniziare dal ceto creditorio.
Infatti, attraverso un’apposita modifica del testo dell’art. 163 della Legge Fallimentare, è stata riconosciuta ai creditori rappresentati almeno il 10% dei crediti indicati nella situazione patrimoniale del debitore la possibilità – nel caso in cui il piano concordatario non consenta di soddisfare i crediti chirografari almeno nella misura del 40% o del 30% ove si tratti di concordato preventivo con continuità aziendale – delle proposte di concordato preventivo alternative e concorrenti con quella del debitore.
Attraverso tale meccanismo (che nella sostanza trasferisce ai creditori alcune di quelle prerogative in ordine al risanamento dell’azienda che prima erano invece appannaggio esclusivo del debitore) sarà possibile avere nell’ambito della procedura concordataria una pluralità di programmi di risanamento dell’impresa tra di loro concorrenti (quello proposto dal debitore e quello proposto dai creditori) e tra i quali potrà essere individuato quello maggiormente efficace per la soluzione della crisi di impresa.
Le considerazioni sopra esposte inducono, quindi, a ritenere che il ceto creditorio della Astaldi dovrebbe considerare favorevolmente la volontà che l’azienda ha manifestato di tentare di uscire dalla crisi attraverso un piano di risanamento sottoposto alla condivisione dei creditori e, quindi, attraverso il ricorso alla procedura di concordato preventivo.
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Nel secondo caso, ovvero nell’ipotesi in cui venga presentato un accordo di ristrutturazione già raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti, l’impresa dovrà limitarsi a chiederne al Tribunale Fallimentare l’omologazione.
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