Crisi Bancaria. La necessità di deroghe all’obbligo di segretezza a tutela dei correntisti
Sul quotidiano “il Sole 24 Ore” è stato pubblicato un articolo intitolato “Banche Fallite, via il segreto dai documenti di Bankitalia”.
Il servizio contiene un commento ad un’importante sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Europea in data 13 settembre 2018 e con la quale è stato affermato l’importante principio secondo cui – nel caso in cui un istituto di credito sia entrato in crisi e sia stato sottoposta alla procedura di Liquidazione Coatta Amministrativa – il titolare di un conto corrente aperto presso tale istituto di credito che intenda proporre, a tutela del proprio diritto al rimborso, un’azione nei confronti dell’istituto di credito può chiedere alla Banca d’Italia il rilascio di copia di tutta la documentazione, essendo inerente all’istituto di credito sottoposto a procedura concorsuale, sia funzionale all’azione.
In tale ipotesi infatti, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia Europea subisce un affievolimento l’obbligo di segretezza imposto agli istituti di credito dalla Direttiva Comunitaria n. 2013 / 36 impone a tutti gli istituti di credito.
Nel caso esaminato – in cui il correntista aveva chiesto alla Banca d’Italia la documentazione occorrente per promuovere un’azione civile di responsabilità contro l’istituto di credito sottoposto a procedura concorsuale e contro l’Autorità di Vigilanza e si era visto opporre dalla Banca d’Italia proprio il divieto di divulgazione delle informazioni imposto dalla predetta direttiva comunitaria – la Corte di Giustizia Europea ha inteso dare a tale direttiva un’interpretazione a favore del correntista.
Infatti è stato affermato che, in questi casi, l’interesse del correntista a disporre della documentazione occorrente e strettamente funzionale all’avvio di azioni a tutela del suo diritto di credito prevale sul divieto di divulgazione imposto dalla direttiva.
Pertanto la Corte ha affermato, nell’ipotesi di un istituto di credito entrato in crisi e sottoposta a procedura concorsuale, di un’interpretazione della direttiva fortemente favorevole al depositante.
La decisione assunta si pone perfettamente in linea con le caratteristiche peculiari della crisi bancaria, la quale presenta notevoli differenze rispetto alla crisi di qualunque altra impresa commerciale.
Proprio in ragione di tale peculiarità., che di seguito verrà esposta, si spiega perché il trattamento e la cura della crisi bancaria necessita di interventi finalizzati a rendere solido il rapporto fiduciario esistente tra le banche ed i rispettivi correntisti.
Iniziamo col dire che, a norma dell’art. 80 del T.U.B. dispone che “le banche non sono soggette a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta prevista dalle norme della presente sezione; per quanto non espressamente previsto si applicano, se compatibili, le disposizioni della legge fallimentare”. Inoltre sulla crisi economica di una banca si può intervenire – ricorrendone i presupposti di legge – anche attraverso la procedura di Amministrazione Straordinaria per le grandi imprese in crisi e sono, inoltre, stati istituiti a tutela dei depositanti appositi fondi come il “Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo” e il “Fondo interbancario di tutela dei depositanti”.
Occorre infatti considerare la crisi di una banca presenta, rispetto alla crisi economica di qualunque altra impresa commerciale, le seguenti peculiarità.
In primo luogo in quanto spesso accade che la causa della crisi sia esogena rispetto all’istituto di credito e al suo modus operandi. Mette conto rilevare che tra un qualunque istituto di credito e i suoi depositanti sussiste un rapporto di natura “fiduciaria” e spesso è proprio il venir meno della fiducia che i depositanti ripongono nell’istituto di credito a determinarne la crisi.
Infatti, se viene memo tale fiducia dei depositanti nell’istituto di credito, gli stessi provvederanno al ritiro dei depositi che hanno presso l’istituto di credito e quest’ultimo entrerà in crisi di liquidità e si verrà a trovare in difficoltà nell’eseguire tutti i dovuti rimborsi.
In secondo luogo, sempre a differenza della crisi di una qualunque altra impresa commerciale, occorre considerare che la crisi del singolo istituto di credito genera sempre una crisi dell’intero sistema bancario.
L’osservazione della realtà ci consente di affermare infatti che normalmente, se i depositanti perdono la loro fiducia nei confronti di un determinato istituto di credito e provvedono quindi al ritiro dei depositi, la stessa identica situazione si viene a verificare per un altro istituto di credito e poi per un altro ancora.
Infatti la perdita di fiducia dei depositanti nei confronti di un singolo istituto di credito genera normalmente un allarme sociale e situazioni di panico da parte dei depositanti talmente grave da mettere in discussione l’intero sistema bancario.
Infatti, in presenza di una crisi del sistema bancario, le imprese non riusciranno più ad accedere al credito bancario in quanto gli stessi istituti di credito tenteranno di uscire dalla crisi attraverso una contrazione dei finanziamenti fino ad allora erogati e tentando di recuperare nel breve tempo le linee di credito già concesse.
In sostanza la perdita di fiducia nei confronti del singolo istituto di credito è in grado di mettere in discussione e a mandare in crisi l’intero sistema bancario e, quindi, l’intera economia nazionale.
Per tale motivo gli strumenti approntati dall’ordinamento per fronteggiare la crisi bancaria sono ispirati dall’esigenza di preservare nel miglior modo possibile il rapporto di fiducia esistente tra i correntisti e gli istituiti di credito (si vedano ad esempio il “Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo” e il “Fondo interbancario di tutela dei depositanti” destinati ad intervenire a tutela dei depositanti nei momenti di crisi bancaria).
In tale situazione appare allora evidente come debba sicuramente essere considerato favorevole il principio espresso dalla Corte di Giustizia Europea e secondo cui, in presenza di una situazione di crisi bancaria, si deve derogare agli obblighi di segretezza professionale imposti dall’ordinamento comunitario agli istituti di credito per consentire, ai depositanti che intendano esperire azioni a tutela del loro diritto al rimborso, l’accesso a tutte le informazioni e i documenti strettamente connessi e funzionali all’avvio dell’azione medesima.
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