Published On: 1 Agosto 2018Categories: PROFESSIONISTI

La sospensione della vendita fallimentare da parte del curatore

L’art. 107 della Legge Fallimentare dispone espressamente, al n. 4, che “il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci del prezzo offerto”.

Ad un tale riguardo occorre considerare che, in realtà, sembrerebbe più corretto descrivere l’istituto come “facoltà” piuttosto che come “potere” di sospensione.

Si tratta, infatti, di una facoltà che attribuisce al curatore anche il potere discrezionale di valutare l’effettiva convenienza della sospensione, che comporterebbe il rinnovo della procedura competitiva scelta per la vendita del bene (sul punto, Corte di Cassazione, sentenza n. 5203 del 5 marzo 2014).

Il potere del curatore di valutare l’opportunità o meno della sospensione inoltre “ove non appaia fondato su presupposti palesemente errati o su motivazioni manifestamente illogiche o arbitrarie, si sottrae al sindacato giurisdizionale” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 5203 del 5 marzo 2014).

Relativamente al termine entro il quale il curatore fallimentare può esercitare tale facoltà si ritiene opportuno evidenziare quanto segue.

L’art. 107, n. 4, della Legge Fallimentare non prevede il termine iniziale a decorre dal quale il curatore fallimentare può esercitare, in presenza di offerte migliorative, la sua facoltà di sospendere la vendita. Pertanto il termine iniziale per l’esercizio della facoltà in discorso dovrebbe coincidere, all’esito della gara, con il giorno di avvenuta aggiudicazione del bene al migliore offerente.

Da questo momento, infatti, potrebbero essere presentate quelle offerte migliorative che giustificherebbero l’esercizio della facoltà di sospensione della vendita da parte del curatore.

Riguardo al termine finale si ritiene che la facoltà di sospendere la vendita possa essere esercitata dal curatore sino a quando lo stesso non depositi presso la cancelleria del Giudice Delegato la documentazione di cui all’art. 107, n. 5 della Legge Fallimentare, il quale dispone che “Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione”.

In considerazione del fatto che, anche in ambito fallimentare, le operazioni di vendita debbono essere precedute da un’adeguata forma di pubblicità, è sorto talora il dubbio se nel “bando di vendita” predisposto debba essere contemplata la facoltà, prevista dall’art. 107 della Legge Fallimentare, del curatore di sospendere la vendita.

Appare evidente che ragioni di prudenza renderebbero opportuno la menzione di tale facoltà nel bando di vendita.

Tuttavia si evidenzia che, in giurisprudenza, sono stati recentemente adottati provvedimenti di senso contrario e, in particolare, si pone in evidenza una sentenza del Tribunale di Parma del 27 marzo 2015 in cui si afferma il principio secondo cui “La facoltà di sospensione della vendita da parte del curatore, per offerte migliorative intervenute prima del trasferimento del bene, ex art. 107, comma 4, l.f., può essere esercitata anche se non prevista nel bando di vendita” (Tribunale di Parma, sentenza 27 marzo 2015).

In dottrina e giurisprudenza si posto il problema della compatibilità della facoltà riconosciuta al curatore con le procedure di vendita “senza incanto” come disciplinate dal codice di procedura civile.

Infatti nel programma di liquidazione il curatore fallimentare indica quali saranno le modalità della vendita dei beni acquisiti all’attivo fallimentare e non è escluso che egli opti per operazioni di vendita da eseguire secondo le norme del codice di procedura civile in materia di espropriazione forzata.

Secondo la disciplina contenuta nel codice di procedura civile, in sede di esecuzione forzata la vendita può avvenire “senza incanto” e quindi nelle forme disciplinate dagli artt. 570 e segg. del codice di procedura civile, oppure “con incanto” e nelle forme previste 576 e segg. del medesimo codice.

La particolarità delle vendite c.d. “senza incanto” è rappresentata dalla stabilità dell’aggiudicazione e ciò vuol dire che all’esito, della gara tra gli offerenti, viene disposta l’aggiudicazione del bene al migliore offerente, ma il codice di procedura civile non prevede alcun potere di sospensione della vendita nel caso in cui successivamente all’espletamento della gara vengano presentate offerte migliorative.

Ed allora, rientrando nell’ambito della disciplina delle vendite fallimentari e facendo riferimento all’ipotesi in cui nel programma di liquidazione il curatore fallimentare preveda che la vendita debba avvenire “senza incanto” e secondo le norme del codice di procedura civile, sembrerebbe non poter trovare applicazione la facoltà del curatore di sospendere la vendita prevista dall’art. 107, n. 4) della Legge Fallimentare.

Rispetto a tale apparente inconciliabilità delle norme del codice di procedura civile con la Legge Fallimentare è, talvolta, intervenuta la giurisprudenza di legittimità ritenendo che debba comunque essere data prevalenza alla normativa concorsuale.

In particolare mette conto rilevare che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21645 del 19 ottobre 2011, ha affermato il principio secondo cui il curatore non sarebbe “tenuto a seguire, a pena di invalidità, le forme previste dal codice di procedura civile”.

Da quanto sopra detto appare evidente che il Legislatore Fallimentare, se da un lato è stato bene attento a disciplinare in linea generale la fase della “liquidazione fallimentare” nell’ottica dei principi di salvaguardia del valore del patrimonio aziendale e di realizzazione del miglior risultato economico possibile, dall’altro ha lasciato irrisolti alcuni dubbi interpretativi che, come sovente avviene, è compito della giurisprudenza di legittimità esaminare e risolvere.

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La sospensione della vendita fallimentare da parte del curatore

L’art. 107 della Legge Fallimentare dispone espressamente, al n. 4, che “il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci del prezzo offerto”.

Ad un tale riguardo occorre considerare che, in realtà, sembrerebbe più corretto descrivere l’istituto come “facoltà” piuttosto che come “potere” di sospensione.

Si tratta, infatti, di una facoltà che attribuisce al curatore anche il potere discrezionale di valutare l’effettiva convenienza della sospensione, che comporterebbe il rinnovo della procedura competitiva scelta per la vendita del bene (sul punto, Corte di Cassazione, sentenza n. 5203 del 5 marzo 2014).

Il potere del curatore di valutare l’opportunità o meno della sospensione inoltre “ove non appaia fondato su presupposti palesemente errati o su motivazioni manifestamente illogiche o arbitrarie, si sottrae al sindacato giurisdizionale” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 5203 del 5 marzo 2014).

Relativamente al termine entro il quale il curatore fallimentare può esercitare tale facoltà si ritiene opportuno evidenziare quanto segue.

L’art. 107, n. 4, della Legge Fallimentare non prevede il termine iniziale a decorre dal quale il curatore fallimentare può esercitare, in presenza di offerte migliorative, la sua facoltà di sospendere la vendita. Pertanto il termine iniziale per l’esercizio della facoltà in discorso dovrebbe coincidere, all’esito della gara, con il giorno di avvenuta aggiudicazione del bene al migliore offerente.

Da questo momento, infatti, potrebbero essere presentate quelle offerte migliorative che giustificherebbero l’esercizio della facoltà di sospensione della vendita da parte del curatore.

Riguardo al termine finale si ritiene che la facoltà di sospendere la vendita possa essere esercitata dal curatore sino a quando lo stesso non depositi presso la cancelleria del Giudice Delegato la documentazione di cui all’art. 107, n. 5 della Legge Fallimentare, il quale dispone che “Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione”.

In considerazione del fatto che, anche in ambito fallimentare, le operazioni di vendita debbono essere precedute da un’adeguata forma di pubblicità, è sorto talora il dubbio se nel “bando di vendita” predisposto debba essere contemplata la facoltà, prevista dall’art. 107 della Legge Fallimentare, del curatore di sospendere la vendita.

Appare evidente che ragioni di prudenza renderebbero opportuno la menzione di tale facoltà nel bando di vendita.

Tuttavia si evidenzia che, in giurisprudenza, sono stati recentemente adottati provvedimenti di senso contrario e, in particolare, si pone in evidenza una sentenza del Tribunale di Parma del 27 marzo 2015 in cui si afferma il principio secondo cui “La facoltà di sospensione della vendita da parte del curatore, per offerte migliorative intervenute prima del trasferimento del bene, ex art. 107, comma 4, l.f., può essere esercitata anche se non prevista nel bando di vendita” (Tribunale di Parma, sentenza 27 marzo 2015).

In dottrina e giurisprudenza si posto il problema della compatibilità della facoltà riconosciuta al curatore con le procedure di vendita “senza incanto” come disciplinate dal codice di procedura civile.

Infatti nel programma di liquidazione il curatore fallimentare indica quali saranno le modalità della vendita dei beni acquisiti all’attivo fallimentare e non è escluso che egli opti per operazioni di vendita da eseguire secondo le norme del codice di procedura civile in materia di espropriazione forzata.

Secondo la disciplina contenuta nel codice di procedura civile, in sede di esecuzione forzata la vendita può avvenire “senza incanto” e quindi nelle forme disciplinate dagli artt. 570 e segg. del codice di procedura civile, oppure “con incanto” e nelle forme previste 576 e segg. del medesimo codice.

La particolarità delle vendite c.d. “senza incanto” è rappresentata dalla stabilità dell’aggiudicazione e ciò vuol dire che all’esito, della gara tra gli offerenti, viene disposta l’aggiudicazione del bene al migliore offerente, ma il codice di procedura civile non prevede alcun potere di sospensione della vendita nel caso in cui successivamente all’espletamento della gara vengano presentate offerte migliorative.

Ed allora, rientrando nell’ambito della disciplina delle vendite fallimentari e facendo riferimento all’ipotesi in cui nel programma di liquidazione il curatore fallimentare preveda che la vendita debba avvenire “senza incanto” e secondo le norme del codice di procedura civile, sembrerebbe non poter trovare applicazione la facoltà del curatore di sospendere la vendita prevista dall’art. 107, n. 4) della Legge Fallimentare.

Rispetto a tale apparente inconciliabilità delle norme del codice di procedura civile con la Legge Fallimentare è, talvolta, intervenuta la giurisprudenza di legittimità ritenendo che debba comunque essere data prevalenza alla normativa concorsuale.

In particolare mette conto rilevare che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21645 del 19 ottobre 2011, ha affermato il principio secondo cui il curatore non sarebbe “tenuto a seguire, a pena di invalidità, le forme previste dal codice di procedura civile”.

Da quanto sopra detto appare evidente che il Legislatore Fallimentare, se da un lato è stato bene attento a disciplinare in linea generale la fase della “liquidazione fallimentare” nell’ottica dei principi di salvaguardia del valore del patrimonio aziendale e di realizzazione del miglior risultato economico possibile, dall’altro ha lasciato irrisolti alcuni dubbi interpretativi che, come sovente avviene, è compito della giurisprudenza di legittimità esaminare e risolvere.

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