Ordinanza di liquidazione dei compensi degli avvocati: è solo ricorribile in Cassazione?
Con ordinanza n. 10410 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione si è trovata nuovamente a pronunciarsi sul rito applicabile al procedimento per il recupero degli onorari degli avvocati.
La vicenda trae origine da un ricorso proposto, ai sensi degli artt. 14 del D.Lgs. n. 150/2011 e 28 della legge n. 794/1942, da parte di un avvocato per ottenere dal Tribunale la liquidazione dei compensi maturati in sette giudizi dinanzi alla Sezione lavoro del Tribunale.
Il Tribunale con ordinanza rigettava la domanda.
Sicché l’Avvocato proponeva appello sostenendo che il provvedimento impugnato aveva valore di sentenza e dunque appellabile.
Al contrario la Corte di Appello lo dichiarava inammissibile sostenendo proprio che l’ordinanza era solo ricorribile per cassazione.
L’Avvocato quindi ricorreva per cassazione contestando la decisione della Corte di Appello che aveva ritenuto l’ordinanza emessa dal Tribunale non appellabile sul presupposto che con il provvedimento poi appellato il Tribunale aveva statuito anche sull’an del compenso e non soltanto sul quantum.
Il Collegio ritiene infondato il ricorso ricordando il recente orientamento secondo cui l’ordinanza emessa all’esito del procedimento ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il “quantum debeatur“, sia che la stessa sia estesa all’”an” della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14.
La Suprema Corte ha quindi ritenuto opportuno riaffermare il principio secondo cui “le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della legge n. 794 del 1942 – come risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 34 del d.lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima legge n. 794 del 1942 – devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del suddetto d.lgs. n. 150 del 2011, anche nell’ipotesi in cui la domanda riguardi l’”an” della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda (cfr. anche Cass. n. 5843/2017, ord.), con la conseguente esclusiva assoggettabilità dell’ordinanza con cui la si definisce al ricorso straordinario per cassazione”.
Avv. Gavril Zaccaria
Ordinanza di liquidazione dei compensi degli avvocati: è solo ricorribile in Cassazione?
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La vicenda trae origine da un ricorso proposto, ai sensi degli artt. 14 del D.Lgs. n. 150/2011 e 28 della legge n. 794/1942, da parte di un avvocato per ottenere dal Tribunale la liquidazione dei compensi maturati in sette giudizi dinanzi alla Sezione lavoro del Tribunale.
Il Tribunale con ordinanza rigettava la domanda.
Sicché l’Avvocato proponeva appello sostenendo che il provvedimento impugnato aveva valore di sentenza e dunque appellabile.
Al contrario la Corte di Appello lo dichiarava inammissibile sostenendo proprio che l’ordinanza era solo ricorribile per cassazione.
L’Avvocato quindi ricorreva per cassazione contestando la decisione della Corte di Appello che aveva ritenuto l’ordinanza emessa dal Tribunale non appellabile sul presupposto che con il provvedimento poi appellato il Tribunale aveva statuito anche sull’an del compenso e non soltanto sul quantum.
Il Collegio ritiene infondato il ricorso ricordando il recente orientamento secondo cui l’ordinanza emessa all’esito del procedimento ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il “quantum debeatur“, sia che la stessa sia estesa all’”an” della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14.
La Suprema Corte ha quindi ritenuto opportuno riaffermare il principio secondo cui “le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della legge n. 794 del 1942 – come risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 34 del d.lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima legge n. 794 del 1942 – devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del suddetto d.lgs. n. 150 del 2011, anche nell’ipotesi in cui la domanda riguardi l’”an” della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda (cfr. anche Cass. n. 5843/2017, ord.), con la conseguente esclusiva assoggettabilità dell’ordinanza con cui la si definisce al ricorso straordinario per cassazione”.
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