Published On: 8 Aprile 2018Categories: Articoli, Diritto civile, Diritto fallimentare, Elio Pino

Stato d'insolvenza: è desumibile anche dall'inadempimento di un solo ingente credito

“Il giudizio sulla sussistenza dello stato d’insolvenza si sostanzia nella valutazione complessiva dello stato di impotenza patrimoniale al regolare adempimento delle obbligazioni, che può essere condotto alla stregua dell’inadempimento anche solo di un credito ingente, il quale sia indicativo dello stato d’illiquidità.”.

È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. VI con la sentenza n. 7589/2018 del 28/03/2018.

La pronuncia in commento prendeva avvio dalle doglianze di PM il quale, nella qualità di legale rappresentante di una società in accomandita semplice, ed in proprio nella qualità di socio accomandatario, proponeva reclamo innanzi la Corte d’Appello di Milano avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, della suddetta società, emessa dal Tribunale di Lodi.

Il Tribunale di Lodi aveva infatti considerato superate le soglie di fallibilità previste dalla normativa di settore, avendo, il Giudice di merito, ritenuto sussistente lo stato di decozione della società nonostante si fosse verificato, sino ad allora, un solo inadempimento nei confronti dell’Erario, e nonostante l’accertamento del credito nei confronti di Equitalia non fosse ancora stato definito con sentenza passata in giudicato.

La Corte d’Appello di Milano adita dalla soccombente PM ha ritenuto corretto quanto stabilito dal Giudice di prime cure, confermando quanto statuito in primo grado.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per Cassazione PM.

I Giudici di Piazza Cavour nella sentenza in discorso hanno ribadito un principio che ha ormai assunto carattere monolitico, ossia che lo stato di insolvenza, di cui all’art. 5 L. Fall., deve considerarsi sussistente quando da una valutazione complessiva del patrimonio dovesse emergere uno stato di impotenza patrimoniale che assuma i caratteri della non transitorietà e che infici il regolare adempimento delle proprie obbligazioni.

Perché lo stato di decozione, come sopra descritto, si verifichi è sufficiente, al giudizio della Suprema Corte, anche un solo inadempimento, purché ingente e tale da palesare l’incapacità dell’impresa a rendere sostenibile la struttura finanziaria della società.

Nel caso di specie hanno gli Ermellini hanno per tali ragioni rigettato il ricorso presentato da PM.

Dott. Elio Pino

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Published On: 8 Aprile 2018Categories: Articoli, Diritto civile, Diritto fallimentare, Elio PinoBy

Stato d'insolvenza: è desumibile anche dall'inadempimento di un solo ingente credito

“Il giudizio sulla sussistenza dello stato d’insolvenza si sostanzia nella valutazione complessiva dello stato di impotenza patrimoniale al regolare adempimento delle obbligazioni, che può essere condotto alla stregua dell’inadempimento anche solo di un credito ingente, il quale sia indicativo dello stato d’illiquidità.”.

È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. VI con la sentenza n. 7589/2018 del 28/03/2018.

La pronuncia in commento prendeva avvio dalle doglianze di PM il quale, nella qualità di legale rappresentante di una società in accomandita semplice, ed in proprio nella qualità di socio accomandatario, proponeva reclamo innanzi la Corte d’Appello di Milano avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, della suddetta società, emessa dal Tribunale di Lodi.

Il Tribunale di Lodi aveva infatti considerato superate le soglie di fallibilità previste dalla normativa di settore, avendo, il Giudice di merito, ritenuto sussistente lo stato di decozione della società nonostante si fosse verificato, sino ad allora, un solo inadempimento nei confronti dell’Erario, e nonostante l’accertamento del credito nei confronti di Equitalia non fosse ancora stato definito con sentenza passata in giudicato.

La Corte d’Appello di Milano adita dalla soccombente PM ha ritenuto corretto quanto stabilito dal Giudice di prime cure, confermando quanto statuito in primo grado.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per Cassazione PM.

I Giudici di Piazza Cavour nella sentenza in discorso hanno ribadito un principio che ha ormai assunto carattere monolitico, ossia che lo stato di insolvenza, di cui all’art. 5 L. Fall., deve considerarsi sussistente quando da una valutazione complessiva del patrimonio dovesse emergere uno stato di impotenza patrimoniale che assuma i caratteri della non transitorietà e che infici il regolare adempimento delle proprie obbligazioni.

Perché lo stato di decozione, come sopra descritto, si verifichi è sufficiente, al giudizio della Suprema Corte, anche un solo inadempimento, purché ingente e tale da palesare l’incapacità dell’impresa a rendere sostenibile la struttura finanziaria della società.

Nel caso di specie hanno gli Ermellini hanno per tali ragioni rigettato il ricorso presentato da PM.

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