Published On: 3 Febbraio 2018Categories: Articoli, News, Vincenzo Di Capua

Riforma dell'ordinamento penitenziario: le novità previste

A seguito della proposta del Ministro della Giustizia Orlando, il Consiglio Dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che introduce disposizioni volte a riformare l’ordinamento penitenziario.

La riforma è quasi arrivata al traguardo a quarantadue anni dall’entrata in vigore dell’ordinamento penitenziario, che a sua volta sostituiva il regolamento fascista del 1931 e a quattro anni abbondanti dalla condanna umiliante della Corte europea dei diritti umani per le condizioni degradate di vita e i diritti negati nelle nostre carceri, per adeguarlo ai successivi orientamenti della giurisprudenza di Corte Costituzionale, Corte di Cassazione e Corti europee, e mira in particolare a ridurre il ricorso al carcere in favore di soluzioni che, non mettendo a rischio la sicurezza della collettività, incentrino quale fine della pena la caratteristica della rieducazione riportato dall’art. 27 della Costituzione; aumentare l’efficienza degli uffici preposti alla gestione del settore penitenziario, riducendo i tempi procedimentali e risparmiando sui costi; diminuire il sovraffollamento ufficializzando le misure alternative al carcere quale priorità del sistema penitenziario italiano, potenziando il reinserimento sociale del detenuto in modo da contrastare la recidività; ampliare le competenze della Polizia Penitenziaria.

La riforma in commento è incentrata anche sull’eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono o ritardano il trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche personali del condannato, nonché revisione della disciplina di preclusione dei benefìci penitenziari per i condannati alla pena dell’ergastolo, salvo che per i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificatamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale.

Altro obiettivo perseguito dal legislatore è una profonda riforma dell’esecuzione intramuraria della pena detentiva. Il provvedimento contiene, a questo fine, un lungo elenco di criteri definibili principi e non direttive. Tra questi, degno di nota è la previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell’esecuzione delle misure alternative.

Una menzione a parte merita poi il criterio di cui alla lett. p, concernente l’adeguamento delle norme dell’ordinamento penitenziario alle esigenze educative dei detenuti minori di età, sulla base di una serie di criteri che vengono specificati. Un adeguamento a lungo atteso, che dovrebbe porre fine all’applicazione quarantennale dell’art. 79 o.p., secondo cui le norme della presente legge di applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge.

Infine la Riforma dell’ordinamento penitenziario suscita perplessità per il criterio di applicazione delle pene accessorie, materia delegata al Governo senza, però, alcun criterio direttivo se non quello secondo cui la revisione deve essere improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale.

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Riforma dell'ordinamento penitenziario: le novità previste

A seguito della proposta del Ministro della Giustizia Orlando, il Consiglio Dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che introduce disposizioni volte a riformare l’ordinamento penitenziario.

La riforma è quasi arrivata al traguardo a quarantadue anni dall’entrata in vigore dell’ordinamento penitenziario, che a sua volta sostituiva il regolamento fascista del 1931 e a quattro anni abbondanti dalla condanna umiliante della Corte europea dei diritti umani per le condizioni degradate di vita e i diritti negati nelle nostre carceri, per adeguarlo ai successivi orientamenti della giurisprudenza di Corte Costituzionale, Corte di Cassazione e Corti europee, e mira in particolare a ridurre il ricorso al carcere in favore di soluzioni che, non mettendo a rischio la sicurezza della collettività, incentrino quale fine della pena la caratteristica della rieducazione riportato dall’art. 27 della Costituzione; aumentare l’efficienza degli uffici preposti alla gestione del settore penitenziario, riducendo i tempi procedimentali e risparmiando sui costi; diminuire il sovraffollamento ufficializzando le misure alternative al carcere quale priorità del sistema penitenziario italiano, potenziando il reinserimento sociale del detenuto in modo da contrastare la recidività; ampliare le competenze della Polizia Penitenziaria.

La riforma in commento è incentrata anche sull’eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono o ritardano il trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche personali del condannato, nonché revisione della disciplina di preclusione dei benefìci penitenziari per i condannati alla pena dell’ergastolo, salvo che per i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificatamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale.

Altro obiettivo perseguito dal legislatore è una profonda riforma dell’esecuzione intramuraria della pena detentiva. Il provvedimento contiene, a questo fine, un lungo elenco di criteri definibili principi e non direttive. Tra questi, degno di nota è la previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell’esecuzione delle misure alternative.

Una menzione a parte merita poi il criterio di cui alla lett. p, concernente l’adeguamento delle norme dell’ordinamento penitenziario alle esigenze educative dei detenuti minori di età, sulla base di una serie di criteri che vengono specificati. Un adeguamento a lungo atteso, che dovrebbe porre fine all’applicazione quarantennale dell’art. 79 o.p., secondo cui le norme della presente legge di applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge.

Infine la Riforma dell’ordinamento penitenziario suscita perplessità per il criterio di applicazione delle pene accessorie, materia delegata al Governo senza, però, alcun criterio direttivo se non quello secondo cui la revisione deve essere improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale.

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