Published On: 3 Febbraio 2018Categories: Articoli, Diritto civile, Matteo Pavia

Comportamento colposo danneggiato: non esclusa responsabilità del conducente

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 30388/2017 ha affrontato nuovamente il tema della responsabilità del conducente in materia di sinistri stradali.

La vicenda fattuale traeva origine da un sinistro stradale avvenuto nel cortile antistante un palazzo condominiale ove un condomino, che si era immesso con il proprio veicolo a velocità moderata, investiva una bambina di 2 anni che, a bordo del suo triciclo, compariva all’improvviso dal retro dell’auto del padre parcheggiata nel cortile.

Il suddetto sinistro provocava la morte della bambina e pertanto i genitori, in proprio nonché in rappresentanza della defunta figlia, convenivano in giudizio il conducente del veicolo nonché la di lui compagnia assicuratrice affinché venissero condannati in solido al risarcimento dei danni derivanti dal sinistro in questione.

Il Tribunale di Brescia rigettava ogni domanda formulata da parte attorea non avendo rilevato alcuna responsabilità in capo ai convenuti dell’avvenuto sinistro e di conseguenza dei danni derivanti dal medesimo.

Avverso tale sentenza i genitori della de cuius proponevano gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Brescia, la quale tuttavia, confermando quanto statuito dal Tribunale di Brescia, rigettava l’appello proposto.

Conseguentemente i genitori della vittima proponevano ricorso per Cassazione lamentando la falsa ed errata applicazione da parte della Corte Territoriale del disposto dell’art. 2054, comma 1, c.c. sul quale si fondava l’intero atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado.

La norma in questione stabilisce espressamente che “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.

I ricorrenti sostenevano che la sussistenza di un ragionevole dubbio sulla diligente condotta posta in essere dal conducente non può essere superata con la presunzione di cui alla norma suesposta, come invece aveva effettuato il giudice di primo grado nonostante i dubbi sulle dinamiche del sinistro circa la velocità effettiva tenuta dal conducente e sulla comparizione della bambina sulla strada.

La Suprema Corte spiegava minuziosamente che al fine del superamento della presunzione di cui al comma 1 dell’art. 2504 c.c. è necessario valutare che in primo luogo il conducente non abbia violato le norme sul codice della strada e quelle di diligenza, prudenza e perizia (elemento negativo) e in secondo luogo l’effettiva sussistenza da parte del conducente di un comportamento diretto ad evitare fino al possibile il verificarsi del danno (elemento positivo)

I Giudici del Palazzaccio rilevavano infatti che la Corte d’Appello di Brescia aveva individuato l’elemento positivo non in comportamenti del conducente, bensì sulla base di una serie di attività riconducibili alla sfera della vittima: nello specifico la Corte territoriale infatti aveva affermato che il conducente non era tenuto a sapere che l’area in cui era avvenuto il sinistro fosse un cortile utilizzato dai bambini per giocare.

Anche se fondati, la Suprema Corte riteneva che tali indizi riguardavano soltanto l’elemento negativo e non quello positivo, in quanto non si poteva escludere la possibilità che il conducente potesse compiere una manovra di emergenza per evitare l’impatto con la bambina.

Alla luce di quanto sopra considerato la Corte di Cassazione riteneva che il comportamento colposo della bambina nell’immettersi improvvisamente sulla strada non poteva escludere a priori la responsabilità del conducente. Questa affinché possa essere superata mediante la presunzione di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., è necessario che il conducente dimostri di aver compiuto tutte le azioni possibili al fine di evitare il compimento del danno.

Pertanto la Suprema Corte accoglieva il ricorso proposto dai genitori della vittima e contestualmente cassava la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.

Dott. Matteo Pavia

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Published On: 3 Febbraio 2018Categories: Articoli, Diritto civile, Matteo PaviaBy

Comportamento colposo danneggiato: non esclusa responsabilità del conducente

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 30388/2017 ha affrontato nuovamente il tema della responsabilità del conducente in materia di sinistri stradali.

La vicenda fattuale traeva origine da un sinistro stradale avvenuto nel cortile antistante un palazzo condominiale ove un condomino, che si era immesso con il proprio veicolo a velocità moderata, investiva una bambina di 2 anni che, a bordo del suo triciclo, compariva all’improvviso dal retro dell’auto del padre parcheggiata nel cortile.

Il suddetto sinistro provocava la morte della bambina e pertanto i genitori, in proprio nonché in rappresentanza della defunta figlia, convenivano in giudizio il conducente del veicolo nonché la di lui compagnia assicuratrice affinché venissero condannati in solido al risarcimento dei danni derivanti dal sinistro in questione.

Il Tribunale di Brescia rigettava ogni domanda formulata da parte attorea non avendo rilevato alcuna responsabilità in capo ai convenuti dell’avvenuto sinistro e di conseguenza dei danni derivanti dal medesimo.

Avverso tale sentenza i genitori della de cuius proponevano gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Brescia, la quale tuttavia, confermando quanto statuito dal Tribunale di Brescia, rigettava l’appello proposto.

Conseguentemente i genitori della vittima proponevano ricorso per Cassazione lamentando la falsa ed errata applicazione da parte della Corte Territoriale del disposto dell’art. 2054, comma 1, c.c. sul quale si fondava l’intero atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado.

La norma in questione stabilisce espressamente che “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.

I ricorrenti sostenevano che la sussistenza di un ragionevole dubbio sulla diligente condotta posta in essere dal conducente non può essere superata con la presunzione di cui alla norma suesposta, come invece aveva effettuato il giudice di primo grado nonostante i dubbi sulle dinamiche del sinistro circa la velocità effettiva tenuta dal conducente e sulla comparizione della bambina sulla strada.

La Suprema Corte spiegava minuziosamente che al fine del superamento della presunzione di cui al comma 1 dell’art. 2504 c.c. è necessario valutare che in primo luogo il conducente non abbia violato le norme sul codice della strada e quelle di diligenza, prudenza e perizia (elemento negativo) e in secondo luogo l’effettiva sussistenza da parte del conducente di un comportamento diretto ad evitare fino al possibile il verificarsi del danno (elemento positivo)

I Giudici del Palazzaccio rilevavano infatti che la Corte d’Appello di Brescia aveva individuato l’elemento positivo non in comportamenti del conducente, bensì sulla base di una serie di attività riconducibili alla sfera della vittima: nello specifico la Corte territoriale infatti aveva affermato che il conducente non era tenuto a sapere che l’area in cui era avvenuto il sinistro fosse un cortile utilizzato dai bambini per giocare.

Anche se fondati, la Suprema Corte riteneva che tali indizi riguardavano soltanto l’elemento negativo e non quello positivo, in quanto non si poteva escludere la possibilità che il conducente potesse compiere una manovra di emergenza per evitare l’impatto con la bambina.

Alla luce di quanto sopra considerato la Corte di Cassazione riteneva che il comportamento colposo della bambina nell’immettersi improvvisamente sulla strada non poteva escludere a priori la responsabilità del conducente. Questa affinché possa essere superata mediante la presunzione di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., è necessario che il conducente dimostri di aver compiuto tutte le azioni possibili al fine di evitare il compimento del danno.

Pertanto la Suprema Corte accoglieva il ricorso proposto dai genitori della vittima e contestualmente cassava la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.

Dott. Matteo Pavia

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