Published On: 29 Ottobre 2017Categories: Articoli, Carmen Giovannini, Diritto del Lavoro

Assegno d'invalidità, la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con ordinanza n. 23422 depositata il 6 ottobre 2017 si è pronunciata in materia di assegno di invalidità.

Nel caso di specie, un bracciante agricolo affetto da oligofrenia dalla nascita ed iscritto alla gestione coltivatori diretti si è visto rigettare la richiesta dell’assegno di invalidità ai sensi dell’art. 1 l. n. 222/84 sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello in virtù del fatto che la riduzione della capacità lavorativa fosse preesistente rispetto al rapporto assicurativo e che mancasse un oggettivo aggravamento successivo all’instaurazione del rapporto stesso e l’inserimento attivo nel mondo del lavoro.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha rammentato che ai sensi dell’art. 1 co.1 l. n. 222/84 “si considera invalido, ai fini del conseguimento del diritto all’assegno, l’assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo” ed altresì che ai sensi del co. 2 della citata norma “sussiste diritto ad assegno anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa, oltre i limiti stabiliti dal comma precedente, preesista al rapporto assicurativo, purché vi sia stato successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità”.

Pertanto, i Magistrati della Cassazione hanno statuito che la Corte territoriale nella propria decisione abbia correttamente evidenziato che all’esito della CTU espletata in primo grado dalla quale era emerso che il ricorrente fosse affetto da oligofrenia sin dall’infanzia e che lo stesso fosse stato impiegato nell’azienda agricola paterna solo al fine di proteggerlo, con l’affidamento di incarichi di natura elementare che lo stesso svolgeva sotto la costante sorveglianza dei genitori.

Gli Ermellini hanno dunque ritenuto insussistente nel caso di specie il requisito dell’inserimento attivo del ricorrente nel mondo lavorativo come richiesto dalla legge n. 222/84 e come confermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità.

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso.

Dott.ssa Carmen Giovannini

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Assegno d'invalidità, la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con ordinanza n. 23422 depositata il 6 ottobre 2017 si è pronunciata in materia di assegno di invalidità.

Nel caso di specie, un bracciante agricolo affetto da oligofrenia dalla nascita ed iscritto alla gestione coltivatori diretti si è visto rigettare la richiesta dell’assegno di invalidità ai sensi dell’art. 1 l. n. 222/84 sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello in virtù del fatto che la riduzione della capacità lavorativa fosse preesistente rispetto al rapporto assicurativo e che mancasse un oggettivo aggravamento successivo all’instaurazione del rapporto stesso e l’inserimento attivo nel mondo del lavoro.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha rammentato che ai sensi dell’art. 1 co.1 l. n. 222/84 “si considera invalido, ai fini del conseguimento del diritto all’assegno, l’assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo” ed altresì che ai sensi del co. 2 della citata norma “sussiste diritto ad assegno anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa, oltre i limiti stabiliti dal comma precedente, preesista al rapporto assicurativo, purché vi sia stato successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità”.

Pertanto, i Magistrati della Cassazione hanno statuito che la Corte territoriale nella propria decisione abbia correttamente evidenziato che all’esito della CTU espletata in primo grado dalla quale era emerso che il ricorrente fosse affetto da oligofrenia sin dall’infanzia e che lo stesso fosse stato impiegato nell’azienda agricola paterna solo al fine di proteggerlo, con l’affidamento di incarichi di natura elementare che lo stesso svolgeva sotto la costante sorveglianza dei genitori.

Gli Ermellini hanno dunque ritenuto insussistente nel caso di specie il requisito dell’inserimento attivo del ricorrente nel mondo lavorativo come richiesto dalla legge n. 222/84 e come confermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità.

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso.

Dott.ssa Carmen Giovannini

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