Published On: 1 Ottobre 2017Categories: Articoli, Chiara Vaccaro, Diritto Penale

Morte per monossido: albergatore condannato per omicidio colposo

La Corte di Cassazione, sez. III Penale, con sentenza n. 41555/2017 depositata il 12 settembre, ha condannato il proprietario di un hotel per omicidio colposo.

Nel 1995 una stanza dove alloggiavano due turisti americani, ospiti della struttura, era stata invasa dal monossido di carbonio. Ciò ha comportato la morte dei due. Dopo oltre vent’anni di battaglia legale è stata ribadita la responsabilità del proprietario della struttura che non aveva vigilato durante i lavori di ristrutturazione. Fatale è stato, infatti, un foro che fungeva da scarico dei gas combusti provenienti dall’impianto lasciato aperto.

Il titolare è stato ritenuto colpevole di «omicidio colposo» e sanzionato con «sei mesi di reclusione». Determinanti le circostanze in cui i «due turisti americani, marito e moglie, furono trovati morti in una stanza d’albergo invasa da monossido di carbonio fuoriuscito dallo scaldabagno a metano a causa dell’ostruzione del condotto di scarico verso l’esterno».

Il titolare era responsabile di «verificare che lo scaldabagno non costituisse insidia per gli ospiti della stanza in cui esso era installato» e di «avvisare il responsabile della ditta incarica dei lavori ristrutturazione e il direttore dei lavori dell’esistenza di un foro e informarli che esso aveva la specifica funzione – solo a lui nota, perché non immediatamente riconoscibile all’esterno – di scarico dei gas provenienti dall’impianto».

L’albergatore si appellava ad una «nuova testimonianza» da cui emergeva che «l’impresa esecutrice dei lavori aveva rimosso nel febbraio del 1995 la canna fumaria che portava all’esterno i fumi dello scaldabagno».

I Giudici del Palazzaccio hanno ritenuto che il quadro accusatorio nei confronti del titolare della struttura alberghiera, anche con questa testimonianza, rimanesse immodificato perché anche se fosse provato che «la canna fumaria era stata effettivamente tolta dall’impresa», resterebbe il dato indiscusso rappresentato dalla «inidoneità dell’impianto a recapitare correttamente i fumi fuori dalla stanza» utilizzata dai due turisti americani. È evidente quindi «la violazione dell’obbligo di accertare che l’uso della stanza avvenisse in sicurezza».

Dott.ssa Chiara Vaccaro

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Published On: 1 Ottobre 2017Categories: Articoli, Chiara Vaccaro, Diritto PenaleBy

Morte per monossido: albergatore condannato per omicidio colposo

La Corte di Cassazione, sez. III Penale, con sentenza n. 41555/2017 depositata il 12 settembre, ha condannato il proprietario di un hotel per omicidio colposo.

Nel 1995 una stanza dove alloggiavano due turisti americani, ospiti della struttura, era stata invasa dal monossido di carbonio. Ciò ha comportato la morte dei due. Dopo oltre vent’anni di battaglia legale è stata ribadita la responsabilità del proprietario della struttura che non aveva vigilato durante i lavori di ristrutturazione. Fatale è stato, infatti, un foro che fungeva da scarico dei gas combusti provenienti dall’impianto lasciato aperto.

Il titolare è stato ritenuto colpevole di «omicidio colposo» e sanzionato con «sei mesi di reclusione». Determinanti le circostanze in cui i «due turisti americani, marito e moglie, furono trovati morti in una stanza d’albergo invasa da monossido di carbonio fuoriuscito dallo scaldabagno a metano a causa dell’ostruzione del condotto di scarico verso l’esterno».

Il titolare era responsabile di «verificare che lo scaldabagno non costituisse insidia per gli ospiti della stanza in cui esso era installato» e di «avvisare il responsabile della ditta incarica dei lavori ristrutturazione e il direttore dei lavori dell’esistenza di un foro e informarli che esso aveva la specifica funzione – solo a lui nota, perché non immediatamente riconoscibile all’esterno – di scarico dei gas provenienti dall’impianto».

L’albergatore si appellava ad una «nuova testimonianza» da cui emergeva che «l’impresa esecutrice dei lavori aveva rimosso nel febbraio del 1995 la canna fumaria che portava all’esterno i fumi dello scaldabagno».

I Giudici del Palazzaccio hanno ritenuto che il quadro accusatorio nei confronti del titolare della struttura alberghiera, anche con questa testimonianza, rimanesse immodificato perché anche se fosse provato che «la canna fumaria era stata effettivamente tolta dall’impresa», resterebbe il dato indiscusso rappresentato dalla «inidoneità dell’impianto a recapitare correttamente i fumi fuori dalla stanza» utilizzata dai due turisti americani. È evidente quindi «la violazione dell’obbligo di accertare che l’uso della stanza avvenisse in sicurezza».

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