Published On: 1 Ottobre 2017Categories: Articoli, Diritto fallimentare, Marco Conti

Bancarotta, l’amministratore che non contabilizza è responsabile

La Corte di Cassazione con sentenza n. 40480 depositata in data 6 settembre 2017, ha ribadito il principio di diritto secondo il quale “l’amministratore di una società che sia dichiarata fallita ovvero in stato di insolvenza, nel caso in cui non dia conto della sorte impressa a risorse economiche o finanziarie della società che risultino positivamente essere state in possesso di questa, si presume che le abbia distratte, avendo egli l’obbligo di precisa rendicontazione e contabilizzazione dei fatti rilevanti nella vita economica della persona giuridica”.

Il caso in commento vedeva l’imputato condannato dal Tribunale per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e per bancarotta semplice ai sensi rispettivamente degli artt. 216, 217 legge Fallimentare in quanto, non avendo richiesto tempestivamente il fallimento della società, avrebbe aggravato lo stato di decozione della stessa.

La condanna veniva confermata in secondo grado dalla Corte Territoriale che condivideva l’iter logico-giuridico seguito dal Giudice di prime cure.

Adiva dunque la Suprema Corte l’imputato dolendosi di come nella condotta dallo stesso perpetrata non potesse essere riscontrabile l’elemento soggettivo tipico delle fattispecie delittuose addebitategli non avendo egli mai agito in funzione del pregiudizio dei creditori.

La Corte di Cassazione non riteneva di pregio la tesi assunta dalla difesa dell’imputato ritenendo come il dolo della distrazione fosse riscontrabile nel fatto che i debiti pagati dai debitori della società avevano prodotto risorse finanziarie delle quali non ne era stata fatta menzione da parte dell’amministratore condannato né nelle scritture contabili né tantomeno altrove.

Ebbene da tale dato gli Ermellini desumevano quella presumptio iuris di cui al principio diritto su riportato.

Per quanto poc’anzi sostenuto la Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso promosso dall’imputato e lo condannava al pagamento delle spese.

Dott. Marco Conti

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Published On: 1 Ottobre 2017Categories: Articoli, Diritto fallimentare, Marco ContiBy

Bancarotta, l’amministratore che non contabilizza è responsabile

La Corte di Cassazione con sentenza n. 40480 depositata in data 6 settembre 2017, ha ribadito il principio di diritto secondo il quale “l’amministratore di una società che sia dichiarata fallita ovvero in stato di insolvenza, nel caso in cui non dia conto della sorte impressa a risorse economiche o finanziarie della società che risultino positivamente essere state in possesso di questa, si presume che le abbia distratte, avendo egli l’obbligo di precisa rendicontazione e contabilizzazione dei fatti rilevanti nella vita economica della persona giuridica”.

Il caso in commento vedeva l’imputato condannato dal Tribunale per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e per bancarotta semplice ai sensi rispettivamente degli artt. 216, 217 legge Fallimentare in quanto, non avendo richiesto tempestivamente il fallimento della società, avrebbe aggravato lo stato di decozione della stessa.

La condanna veniva confermata in secondo grado dalla Corte Territoriale che condivideva l’iter logico-giuridico seguito dal Giudice di prime cure.

Adiva dunque la Suprema Corte l’imputato dolendosi di come nella condotta dallo stesso perpetrata non potesse essere riscontrabile l’elemento soggettivo tipico delle fattispecie delittuose addebitategli non avendo egli mai agito in funzione del pregiudizio dei creditori.

La Corte di Cassazione non riteneva di pregio la tesi assunta dalla difesa dell’imputato ritenendo come il dolo della distrazione fosse riscontrabile nel fatto che i debiti pagati dai debitori della società avevano prodotto risorse finanziarie delle quali non ne era stata fatta menzione da parte dell’amministratore condannato né nelle scritture contabili né tantomeno altrove.

Ebbene da tale dato gli Ermellini desumevano quella presumptio iuris di cui al principio diritto su riportato.

Per quanto poc’anzi sostenuto la Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso promosso dall’imputato e lo condannava al pagamento delle spese.

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