Violenza sulla convivente: il reato è di maltrattamenti in famiglia
La Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi su una questione ampiamente dibattuta, concernente la configurabilità del reato di cui all’art. 572 c.p., ossia i maltrattamenti in famiglia, quando la persona offesa sia la convivente dell’imputato.
Il caso, stavolta, non è stato di difficile soluzione in quanto già il legislatore con la legge n. 172/2012 era intervenuto ad ampliare la portata della norma in esame, mutandone il titolo in Maltrattamenti contro familiari e conviventi, non lasciando residuare dubbi in ordine alle situazioni concrete che avrebbero configurato il suddetto reato.
Eppure, tra i Giudici di merito, non sono mancate opinioni divergenti.
Il Tribunale di Prime Cure, infatti, ha assolto l’imputato per insussistenza del fatto, sostenendo che il litigio così come avvenuto tra le parti rientrava nella normalità delle quotidiane discussioni delle coppie, e che né tantomeno poteva trattarsi del reato di maltrattamenti in famiglia, poiché oramai era venuto meno il presupposto della convivenza.
Di opposto avviso i Giudici del Gravame, che hanno riformato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato ad un anno ed otto mesi di reclusione per il delitto ora in esame.
Dunque, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, oltre che un erroneo convincimento in punto di fatto, anche un errore di diritto, laddove in Appello non si era proceduto con la rinnovazione dell’istruzione probatoria.
La S.C. ha respinto in toto il ricorso, ritenendo la sussistenza del delitto di Maltrattamento contro familiari o conviventi, ogniqualvolta le situazioni che derivano dalle relazioni sono tali da provocare “l’affidamento reciproco e la presenza di vincoli di assistenza, protezione e solidarietà per effetto del comune sviluppo personale psicologico che in tali comunità si verificano e che, proprio, per il vincolo di solidarietà reciproca che questo crea, può rendere difficile alla vittima cogliere lo specifico disvalore degli atti a cui è sottoposta, producendo l’ulteriore danno derivante dall’abitualità della sopraffazione”.
Dott.ssa Carlotta Mastrantoni
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Il caso, stavolta, non è stato di difficile soluzione in quanto già il legislatore con la legge n. 172/2012 era intervenuto ad ampliare la portata della norma in esame, mutandone il titolo in Maltrattamenti contro familiari e conviventi, non lasciando residuare dubbi in ordine alle situazioni concrete che avrebbero configurato il suddetto reato.
Eppure, tra i Giudici di merito, non sono mancate opinioni divergenti.
Il Tribunale di Prime Cure, infatti, ha assolto l’imputato per insussistenza del fatto, sostenendo che il litigio così come avvenuto tra le parti rientrava nella normalità delle quotidiane discussioni delle coppie, e che né tantomeno poteva trattarsi del reato di maltrattamenti in famiglia, poiché oramai era venuto meno il presupposto della convivenza.
Di opposto avviso i Giudici del Gravame, che hanno riformato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato ad un anno ed otto mesi di reclusione per il delitto ora in esame.
Dunque, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, oltre che un erroneo convincimento in punto di fatto, anche un errore di diritto, laddove in Appello non si era proceduto con la rinnovazione dell’istruzione probatoria.
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