Compensi avvocato, inappellabile l’ordinanza che liquida gli onorari
Con la sentenza n. 12411/2017, depositata il 17 maggio 2017, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione ha chiarito quali mezzi di impugnazione sono concretamente e ritualmente attivabili avverso l’ordinanza che definisce il procedimento ex art. 14 D. Lgs. 150/2011, in tema di liquidazione degli onorari e dei diritti dell’Avvocato in materia giudiziale civile.
Oggetto di impugnazione per Cassazione era l’ordinanza emessa dal Tribunale di Lucca, in composizione monocratica, con la quale respingeva la domanda proposta dall’Avvocato nei riguardi dei clienti per i quali aveva svolto attività professionale, essendo maturata la prescrizione presuntiva di cui all’art. 2956 c.c.
Avverso la suddetta ordinanza l’Avvocato ricorrente per Cassazione evidenziava in primis tra i motivi d’impugnazione la violazione degli artt. 50 bis e 50 quater c.p.c., in relazione al D. Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, poiché la causa veniva decisa dal Tribunale in composizione monocratica anziché in composizione collegiale, oltre alla violazione e falsa applicazione delle norme disciplinanti la prescrizione presuntiva.
Il P.M., da ultimo, concludeva per l’inammissibilità del ricorso poiché il provvedimento impugnato, avente natura di sentenza, doveva essere gravato con appello anziché ricorso per cassazione.
In riferimento a tale questione preliminare la Suprema Corte delinea un completo excursus relativo alle regole del procedimento per la liquidazione dei diritti e degli onorari dell’avvocato per prestazioni giudiziali civili, pre e post D. Lgs. n. 150/2011.
Difatti si evidenzia come la giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011 – che, com’è noto, ha modificato il testo della L. n. 794 del 1942, art. 28 – era uniforme nell’affermare che lo speciale procedimento camerale previsto dalla L. n. 794 del 1942, art. 28 e ss., fosse applicabile soltanto alle controversie aventi ad oggetto la determinazione del quantum dovuto al professionista, senza estendersi anche all’an della pretesa.
Diversamente, nelle controversie che coinvolgevano anche l’accertamento dell’an della pretesa del professionista, doveva farsi applicazione del rito ordinario (tra le tante, Cass. n. 6225 del 2010; Cass. n. 6578 del 2005; Cass. n. 7652 del 2004; Cass. n. 10426 del 2000).
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, si è posto il problema se la dicotomia procedurale delineata dalla giurisprudenza fosse ancora attuale, sia in tema di rito applicabile ai procedimenti per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili sia in tema di impugnazione del provvedimento decisorio che tali procedimenti definisca.
La prima e pregiudiziale questione, è stata risolta dalla sentenza n. 4002 del 2016, Sesta Sezione, la quale ha affermato il principio secondo cui le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente, devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 D.Lgs. n. 150 del 2011, anche nel caso di contestazione dell’an debeatur e senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda.
Rilevata l’unicità del rito ne consegue in via diretta il principio dell’inappellabilità delle ordinanze emesse all’esito dei giudizi medesimi, anche nel caso in cui sia in contestazione l’esistenza del diritto.
A sostegno dell’interpretazione esposta la Suprema Corte evidenziava altresì come la perdita del grado di appello nelle controversie che involgano accertamenti sull’an debeatur – oltre a non destare dubbi di costituzionalità, giacché il principio del doppio grado di giurisdizione non gode di copertura costituzionale – risulta comunque bilanciata dalla collegialità del giudice prevista dall’art. 14, comma 2.
Sicché, in considerazione di tutte le suddette argomentazioni, la Suprema Corte affermava il seguente principio di diritto: “le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile soggiacciono al rito di cui al D. Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, anche nell’ipotesi in cui la domanda non sia limitata al quantum, ma riguardi l’an della pretesa – che l’ordinanza che definisce il procedimento di cui all’articolo 14 citato non è appellabile, e può quindi essere impugnata con ricorso straordinario per cassazione, anche nell’ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto l’esistenza, e non solo la quantificazione, del credito dell’avvocato”.
Dott. Giordano Mele
Compensi avvocato, inappellabile l’ordinanza che liquida gli onorari
Con la sentenza n. 12411/2017, depositata il 17 maggio 2017, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione ha chiarito quali mezzi di impugnazione sono concretamente e ritualmente attivabili avverso l’ordinanza che definisce il procedimento ex art. 14 D. Lgs. 150/2011, in tema di liquidazione degli onorari e dei diritti dell’Avvocato in materia giudiziale civile.
Oggetto di impugnazione per Cassazione era l’ordinanza emessa dal Tribunale di Lucca, in composizione monocratica, con la quale respingeva la domanda proposta dall’Avvocato nei riguardi dei clienti per i quali aveva svolto attività professionale, essendo maturata la prescrizione presuntiva di cui all’art. 2956 c.c.
Avverso la suddetta ordinanza l’Avvocato ricorrente per Cassazione evidenziava in primis tra i motivi d’impugnazione la violazione degli artt. 50 bis e 50 quater c.p.c., in relazione al D. Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, poiché la causa veniva decisa dal Tribunale in composizione monocratica anziché in composizione collegiale, oltre alla violazione e falsa applicazione delle norme disciplinanti la prescrizione presuntiva.
Il P.M., da ultimo, concludeva per l’inammissibilità del ricorso poiché il provvedimento impugnato, avente natura di sentenza, doveva essere gravato con appello anziché ricorso per cassazione.
In riferimento a tale questione preliminare la Suprema Corte delinea un completo excursus relativo alle regole del procedimento per la liquidazione dei diritti e degli onorari dell’avvocato per prestazioni giudiziali civili, pre e post D. Lgs. n. 150/2011.
Difatti si evidenzia come la giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011 – che, com’è noto, ha modificato il testo della L. n. 794 del 1942, art. 28 – era uniforme nell’affermare che lo speciale procedimento camerale previsto dalla L. n. 794 del 1942, art. 28 e ss., fosse applicabile soltanto alle controversie aventi ad oggetto la determinazione del quantum dovuto al professionista, senza estendersi anche all’an della pretesa.
Diversamente, nelle controversie che coinvolgevano anche l’accertamento dell’an della pretesa del professionista, doveva farsi applicazione del rito ordinario (tra le tante, Cass. n. 6225 del 2010; Cass. n. 6578 del 2005; Cass. n. 7652 del 2004; Cass. n. 10426 del 2000).
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, si è posto il problema se la dicotomia procedurale delineata dalla giurisprudenza fosse ancora attuale, sia in tema di rito applicabile ai procedimenti per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili sia in tema di impugnazione del provvedimento decisorio che tali procedimenti definisca.
La prima e pregiudiziale questione, è stata risolta dalla sentenza n. 4002 del 2016, Sesta Sezione, la quale ha affermato il principio secondo cui le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente, devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 D.Lgs. n. 150 del 2011, anche nel caso di contestazione dell’an debeatur e senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda.
Rilevata l’unicità del rito ne consegue in via diretta il principio dell’inappellabilità delle ordinanze emesse all’esito dei giudizi medesimi, anche nel caso in cui sia in contestazione l’esistenza del diritto.
A sostegno dell’interpretazione esposta la Suprema Corte evidenziava altresì come la perdita del grado di appello nelle controversie che involgano accertamenti sull’an debeatur – oltre a non destare dubbi di costituzionalità, giacché il principio del doppio grado di giurisdizione non gode di copertura costituzionale – risulta comunque bilanciata dalla collegialità del giudice prevista dall’art. 14, comma 2.
Sicché, in considerazione di tutte le suddette argomentazioni, la Suprema Corte affermava il seguente principio di diritto: “le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile soggiacciono al rito di cui al D. Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, anche nell’ipotesi in cui la domanda non sia limitata al quantum, ma riguardi l’an della pretesa – che l’ordinanza che definisce il procedimento di cui all’articolo 14 citato non è appellabile, e può quindi essere impugnata con ricorso straordinario per cassazione, anche nell’ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto l’esistenza, e non solo la quantificazione, del credito dell’avvocato”.
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