
Droga, Carabiniere degradato per accertata assunzione
“L’accertata assunzione di sostanze stupefacenti, anche occasionale ed episodica, da parte di un carabiniere determina una frontale ed eclatante violazione dei doveri di correttezza e di lealtà dallo stesso assunti con il giuramento, tanto più inaccettabile ed intollerabile se posta in essere da un appartenente all’Arma dei Carabinieri, forza di polizia impegnata istituzionalmente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi connessi proprio con lo spaccio di tali sostanze”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 1086 dell’8 marzo 2017.
L’oggetto del presente giudizio è costituito dal provvedimento della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della difesa del 23 ottobre 2012, con cui è stata irrogata al ricorrente, all’epoca Carabiniere scelto, la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione ex art. 861, comma 1, lett. d) del d.lgs. 66/2010, con conseguente cessazione dal s.p.e. ed iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano senza alcun grado.
L’originale ricorrente proponeva ricorso al TAR per la Calabria, sede di Catanzaro.
Con sentenza n. 1113 del 10 luglio 2014 il TAR adito respingeva il ricorso.
L’originale ricorrente, pertanto, proponeva appello al Consiglio di Stato.
Nel merito, il Collegio adito ha affermato che “l’accertata assunzione di sostanze stupefacenti, anche occasionale ed episodica, determina una frontale ed eclatante violazione dei doveri di correttezza e di lealtà assunti dal Militare con il giuramento, tanto più inaccettabile ed intollerabile allorché posta in essere da un appartenente all’Arma dei Carabinieri, forza di polizia impegnata istituzionalmente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi connessi proprio con lo spaccio di tali sostanze. Nel caso di specie, oltretutto, le risultanze investigative hanno evidenziato una marcata familiarità del ricorrente con un soggetto dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, circostanza che lascia fondatamente assumere che il relativo consumo da parte del ricorrente fosse tutt’altro che saltuario”.
L’appello, di conseguenza, veniva respinto.
Dott. Andrea Paolucci

Droga, Carabiniere degradato per accertata assunzione
“L’accertata assunzione di sostanze stupefacenti, anche occasionale ed episodica, da parte di un carabiniere determina una frontale ed eclatante violazione dei doveri di correttezza e di lealtà dallo stesso assunti con il giuramento, tanto più inaccettabile ed intollerabile se posta in essere da un appartenente all’Arma dei Carabinieri, forza di polizia impegnata istituzionalmente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi connessi proprio con lo spaccio di tali sostanze”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 1086 dell’8 marzo 2017.
L’oggetto del presente giudizio è costituito dal provvedimento della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della difesa del 23 ottobre 2012, con cui è stata irrogata al ricorrente, all’epoca Carabiniere scelto, la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione ex art. 861, comma 1, lett. d) del d.lgs. 66/2010, con conseguente cessazione dal s.p.e. ed iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano senza alcun grado.
L’originale ricorrente proponeva ricorso al TAR per la Calabria, sede di Catanzaro.
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Nel merito, il Collegio adito ha affermato che “l’accertata assunzione di sostanze stupefacenti, anche occasionale ed episodica, determina una frontale ed eclatante violazione dei doveri di correttezza e di lealtà assunti dal Militare con il giuramento, tanto più inaccettabile ed intollerabile allorché posta in essere da un appartenente all’Arma dei Carabinieri, forza di polizia impegnata istituzionalmente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi connessi proprio con lo spaccio di tali sostanze. Nel caso di specie, oltretutto, le risultanze investigative hanno evidenziato una marcata familiarità del ricorrente con un soggetto dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, circostanza che lascia fondatamente assumere che il relativo consumo da parte del ricorrente fosse tutt’altro che saltuario”.
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