
Separazione coniugi, la sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con sentenza n. 5510/2017, depositata il 6 marzo si è pronunciata in materia di giudizio di separazione personale dei coniugi.
Nel caso di specie, il marito ha impugnato dinanzi la Corte d’Appello di Milano la sentenza con cui i Giudici di primo grado avevano addebitato a lui la separazione, affidando i figli alla madre e stabilendo il pagamento da parte dello stesso di un assegno mensile di € 2000 a favore della moglie e di € 3000 per il mantenimento dei figli.
I Giudici di secondo grado, condividendo quanto già stabilito dal Collegio di primo grado, hanno ritenuto determinante ai fini della decisione la scoperta di messaggi amorosi sul cellulare dell’uomo e la conseguente violazione dell’obbligo di fedeltà; l’importo degli assegni è stato invece giustificato dall’elevato tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio e dalla sproporzione di reddito fra gli stessi.
Il marito ha pertanto proposto ricorso in Cassazione avverso la suddetta sentenza adducendo, fra gli altri motivi, l’aver dichiarato l’addebito come conseguenza automatica della violazione dell’obbligo di fedeltà, senza che tale violazione – a dire del ricorrente – fosse stata causa diretta della crisi coniugale, e l’aver mal valutato la situazione reddituale delle parti, senza considerare il peggioramento delle condizioni economiche del marito.
I Magistrati del Palazzaccio hanno però ritenuto suddetti motivi inammissibili poiché, in sostanza, il ricorrente ha chiesto una rivisitazione del giudizio di fatto concernente l’accertamento da un lato della responsabilità di entrambi i coniugi in merito alla crisi coniugale, dall’altro dei redditi delle parti per la concreta determinazione dell’assegno di mantenimento e, come noto, siffatti accertamenti sono istituzionalmente riservati al Giudice di merito e non sono censurabili in sede di legittimità.
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso.
Dott.ssa Carmen Giovannini

Separazione coniugi, la sentenza della Cassazione
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Nel caso di specie, il marito ha impugnato dinanzi la Corte d’Appello di Milano la sentenza con cui i Giudici di primo grado avevano addebitato a lui la separazione, affidando i figli alla madre e stabilendo il pagamento da parte dello stesso di un assegno mensile di € 2000 a favore della moglie e di € 3000 per il mantenimento dei figli.
I Giudici di secondo grado, condividendo quanto già stabilito dal Collegio di primo grado, hanno ritenuto determinante ai fini della decisione la scoperta di messaggi amorosi sul cellulare dell’uomo e la conseguente violazione dell’obbligo di fedeltà; l’importo degli assegni è stato invece giustificato dall’elevato tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio e dalla sproporzione di reddito fra gli stessi.
Il marito ha pertanto proposto ricorso in Cassazione avverso la suddetta sentenza adducendo, fra gli altri motivi, l’aver dichiarato l’addebito come conseguenza automatica della violazione dell’obbligo di fedeltà, senza che tale violazione – a dire del ricorrente – fosse stata causa diretta della crisi coniugale, e l’aver mal valutato la situazione reddituale delle parti, senza considerare il peggioramento delle condizioni economiche del marito.
I Magistrati del Palazzaccio hanno però ritenuto suddetti motivi inammissibili poiché, in sostanza, il ricorrente ha chiesto una rivisitazione del giudizio di fatto concernente l’accertamento da un lato della responsabilità di entrambi i coniugi in merito alla crisi coniugale, dall’altro dei redditi delle parti per la concreta determinazione dell’assegno di mantenimento e, come noto, siffatti accertamenti sono istituzionalmente riservati al Giudice di merito e non sono censurabili in sede di legittimità.
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