Contestazione non immediata, gli effetti sul licenziamento
La Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con sentenza n.3370/2017 depositata l’otto febbraio, si è pronunciata sul principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare.
Nel caso di specie, un dipendente di Poste Italiane S.p.a veniva sospeso nell’anno 2004 in via cautelativa dal posto di lavoro a causa di un procedimento penale pendente, successivamente rinviato a giudizio per i reati di cui agli articoli 81 e 648 del codice penale, cui aveva fatto seguito la contestazione disciplinare da parte della società solo nell’anno 2010.
Il dipendente conveniva, pertanto, la società in giudizio affinché venisse dichiarata l’illegittimità del licenziamento scaturito all’esito del procedimento disciplinare de quo.
La Corte di appello di Roma, in accoglimento della richiesta formulata dal lavoratore dipendente condannava Poste Italiane S.p.a. a reintegrarlo sul posto di lavoro. La decisione della Corte si era basata sulla circostanza che la società in questione non avesse rispettato il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, in quanto la convenuta era già al corrente del giudizio per ricettazione che gravava sul lavoratore sin dall’anno 2004 e non aveva, fino ad allora, preso alcuna posizione in merito.
Poste italiane S.p.a. ricorreva per Cassazione asserendo, fra i motivi del ricorso, che la sentenza della Corte avrebbe “peccato” nel ritenere irrilevante la mancata comunicazione del lavoratore alla società medesima del giudizio penale a suo carico violando così, sempre secondo la società, i principi di correttezza e buona fede ex art 1175 e 1375 c.c. che qualificano qualsiasi tipo rapporto di lavoro.
Il principio dell’immediatezza della contestazione infatti secondo i giudici, nell’ambito del licenziamento per motivi disciplinari, si configura come elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, comportandone che quest’ultimo porti a conoscenza del lavoratore i fatti contestati “non appena essi gli appaiono ragionevolmente sussistenti, non potendo egli legittimamente dilazionare la contestazione fino al momento in cui ritiene di averne assoluta certezza”.
Certamente il criterio dell’immediatezza deve essere inteso in senso relativo poiché si deve pur tener conto delle circostanze che potrebbero far ritardare la contestazione, quale ad esempio il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti.
Il datore di lavoro, dunque, non può ritardare una contestazione in quanto ciò potrebbe aggravare anche il rischio di non consentire al dipendente di difendersi adeguatamente.
La Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso perché non meritevole di accoglimento.
Dott.ssa Chiara Vaccaro
Contestazione non immediata, gli effetti sul licenziamento
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Nel caso di specie, un dipendente di Poste Italiane S.p.a veniva sospeso nell’anno 2004 in via cautelativa dal posto di lavoro a causa di un procedimento penale pendente, successivamente rinviato a giudizio per i reati di cui agli articoli 81 e 648 del codice penale, cui aveva fatto seguito la contestazione disciplinare da parte della società solo nell’anno 2010.
Il dipendente conveniva, pertanto, la società in giudizio affinché venisse dichiarata l’illegittimità del licenziamento scaturito all’esito del procedimento disciplinare de quo.
La Corte di appello di Roma, in accoglimento della richiesta formulata dal lavoratore dipendente condannava Poste Italiane S.p.a. a reintegrarlo sul posto di lavoro. La decisione della Corte si era basata sulla circostanza che la società in questione non avesse rispettato il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, in quanto la convenuta era già al corrente del giudizio per ricettazione che gravava sul lavoratore sin dall’anno 2004 e non aveva, fino ad allora, preso alcuna posizione in merito.
Poste italiane S.p.a. ricorreva per Cassazione asserendo, fra i motivi del ricorso, che la sentenza della Corte avrebbe “peccato” nel ritenere irrilevante la mancata comunicazione del lavoratore alla società medesima del giudizio penale a suo carico violando così, sempre secondo la società, i principi di correttezza e buona fede ex art 1175 e 1375 c.c. che qualificano qualsiasi tipo rapporto di lavoro.
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Certamente il criterio dell’immediatezza deve essere inteso in senso relativo poiché si deve pur tener conto delle circostanze che potrebbero far ritardare la contestazione, quale ad esempio il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti.
Il datore di lavoro, dunque, non può ritardare una contestazione in quanto ciò potrebbe aggravare anche il rischio di non consentire al dipendente di difendersi adeguatamente.
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