Published On: 11 Dicembre 2016Categories: Articoli, Diritto civile, Flavia Lucchetti

Cartelle esattoriali poco trasparenti? Sono illegittime

La sentenza n. 24933/2016 depositata il 6 dicembre, ha dato ragione ai contribuenti, sottolineando come le cartelle di pagamento, non precedute da avviso di accertamento, debbano essere sufficientemente motivate e comprensibili per il destinatario.

La vicenda vedeva l’Agenzia delle Entrate adire la Suprema Corte per la riforma della decisione della Commissione Tributaria Regionale Milano, ma il ricorso veniva rigettato, ritenendo fondate le ragioni dei contribuenti.

Nello specifico Equitalia aveva emesso una cartella esattoriale per interessi moratori, spese e compensi di riscossione dopo aver revocato la sospensione del pagamento di un’imposta di successione, omettendo di indicare in modo esplicito il tasso di interesse applicato. I destinatari la giudicavano una omissione di motivazione, che non permetteva di calcolare se l’ammontare della richiesta dell’ente fosse congrua, e promuovevano pertanto ricorso. 

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, ritenendo che il metodo di calcolo adottato dall’agente della riscossione non era intellegibile (e la somma richiesta era di ben 46.000 euro!), da cui derivava una violazione del principio di trasparenza e dello Statuto del Contribuente (legge 212/2000). Non è raro, peraltro, che le cartelle di questo tipo riportino solamente il totale dovuto senza il tasso.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto appello, rilevando che la cartella in parola rappresentava correttamente il periodo in cui erano sorti gli interessi e gli estremi del provvedimento di revoca della sospensione cui si riferivano, permettendo al contribuente di comprendere la ratio alla base della pretesa. Ma anche i giudici del gravame sono stati dello stesso avviso, sul presupposto che il contribuente non era stato posto in condizione di ricostruire l’iter seguito da Equitalia nel calcolo degli interessi. Avverso la decisione in secondo grado l’Agenzia ha comunque presentato ricorso per Cassazione.

Per gli Ermellini, nonostante i destinatari dell’atto fossero a conoscenza dell’importo da cui erano scaturiti gli interessi moratori solo con l’indicazione del tasso d’interesse applicato avrebbero potuto riscontrarne la correttezza. La cartella esattoriale è pertanto da considerarsi nulla.

Dott. Flavia Lucchetti

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Cartelle esattoriali poco trasparenti? Sono illegittime

La sentenza n. 24933/2016 depositata il 6 dicembre, ha dato ragione ai contribuenti, sottolineando come le cartelle di pagamento, non precedute da avviso di accertamento, debbano essere sufficientemente motivate e comprensibili per il destinatario.

La vicenda vedeva l’Agenzia delle Entrate adire la Suprema Corte per la riforma della decisione della Commissione Tributaria Regionale Milano, ma il ricorso veniva rigettato, ritenendo fondate le ragioni dei contribuenti.

Nello specifico Equitalia aveva emesso una cartella esattoriale per interessi moratori, spese e compensi di riscossione dopo aver revocato la sospensione del pagamento di un’imposta di successione, omettendo di indicare in modo esplicito il tasso di interesse applicato. I destinatari la giudicavano una omissione di motivazione, che non permetteva di calcolare se l’ammontare della richiesta dell’ente fosse congrua, e promuovevano pertanto ricorso. 

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, ritenendo che il metodo di calcolo adottato dall’agente della riscossione non era intellegibile (e la somma richiesta era di ben 46.000 euro!), da cui derivava una violazione del principio di trasparenza e dello Statuto del Contribuente (legge 212/2000). Non è raro, peraltro, che le cartelle di questo tipo riportino solamente il totale dovuto senza il tasso.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto appello, rilevando che la cartella in parola rappresentava correttamente il periodo in cui erano sorti gli interessi e gli estremi del provvedimento di revoca della sospensione cui si riferivano, permettendo al contribuente di comprendere la ratio alla base della pretesa. Ma anche i giudici del gravame sono stati dello stesso avviso, sul presupposto che il contribuente non era stato posto in condizione di ricostruire l’iter seguito da Equitalia nel calcolo degli interessi. Avverso la decisione in secondo grado l’Agenzia ha comunque presentato ricorso per Cassazione.

Per gli Ermellini, nonostante i destinatari dell’atto fossero a conoscenza dell’importo da cui erano scaturiti gli interessi moratori solo con l’indicazione del tasso d’interesse applicato avrebbero potuto riscontrarne la correttezza. La cartella esattoriale è pertanto da considerarsi nulla.

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