Da prescrizione breve a decennale: conversione solo se sentenza è passata in giudicato?
Con sentenza n. 23397 del 2016 le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sull’interpretazione da fornire all’art. 2953 c.c., con riguardo specifico all’operatività o meno della ivi prevista conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale.
Nel caso in esame viene chiesto in particolare alle Sezioni Unite di stabilire se la predetta conversione sia applicabile anche nella ipotesi in cui la definitività dell’accertamento non derivi da sentenza passata in giudicato.
Più in particolare è stata sollevata la questione se la mancata opposizione avverso la cartella di pagamento determini soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito oppure anche l’effetto di rendere applicabile l’art. 2953 c.c., ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale.
Va ricordato innanzitutto che la disciplina della prescrizione è “di stretta osservanza ed è insuscettibile d’interpretazione analogica” (vedi, per tutte: Cass. 15 luglio 1966, n. 1917 e Cass. 18 maggio 1971, n. 1482) ed infatti:
a) se in base all’art. 2946 c.c., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (L. n. 335 del 1995 cit., art. 3, comma 9);
b) la norma dell’art. 2953 c.c., non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti (ex multis: Cass. 29 gennaio 1968, n. 285; Cass. 10 giugno 1999, n. 5710);
c) la prescrizione decennale da “actio judicati“, prevista dall’art. 2953 c.c., decorre non dal giorno in cui sia possibile l’esecuzione della sentenza nè da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato (tra le tante: Cass. 10 luglio 2014, n. 15765; Cass. 14 luglio 2004, n 13081);
d) la conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex art. 2953 c.c., ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo, sicchè non incide sui diritti non riconducibili a questo e, dunque, non opera per i diritti maturati in periodi successivi a quelli oggetto del giudicato di condanna (Cass. 20 marzo 2013, n. 6967; Cass. 10 giugno 1999, n. 5710 cit.);
e) il generico riferimento al “diritto” per il quale sia stabilita un termine di prescrizione breve contenuto nell’art. 2953 c.c., consente di ritenere che laddove intervenga un giudicato di condanna (anche generica), la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende pure ai coobbligati solidali anche se rimasti estranei al relativo giudizio (vedi, per tutte: Cass. 13 gennaio 2015, n. 286; Cass. 11 giugno 1999, n. 5762; Cass. 10 marzo 1976, n. 839; Cass. 14 aprile 1972, n. 1173; Cass. 17 giugno 1965, n. 1961; Cass. 17 agosto 1965, n. 1961; Cass. 20 ottobre 1964, n. 2633).
E’ notorio poi che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata sicché sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell’Erario e/o degli Enti previdenziali sono privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.
Quindi, secondo le Sezioni Unite, l’art. 2953 c.c., che prevede il cd. effetto della conversione del termine breve di prescrizione in quello ordinario, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella di pagamento, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.
Sicché, scaduto il termine perentorio per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, l’unico effetto possibile è la irretrattabilità del credito, ma non certo la c.d. “conversione” del termine di cui dell’art. 2953 c.c..
E ciò vale riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative.
Da prescrizione breve a decennale: conversione solo se sentenza è passata in giudicato?
Con sentenza n. 23397 del 2016 le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sull’interpretazione da fornire all’art. 2953 c.c., con riguardo specifico all’operatività o meno della ivi prevista conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale.
Nel caso in esame viene chiesto in particolare alle Sezioni Unite di stabilire se la predetta conversione sia applicabile anche nella ipotesi in cui la definitività dell’accertamento non derivi da sentenza passata in giudicato.
Più in particolare è stata sollevata la questione se la mancata opposizione avverso la cartella di pagamento determini soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito oppure anche l’effetto di rendere applicabile l’art. 2953 c.c., ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale.
Va ricordato innanzitutto che la disciplina della prescrizione è “di stretta osservanza ed è insuscettibile d’interpretazione analogica” (vedi, per tutte: Cass. 15 luglio 1966, n. 1917 e Cass. 18 maggio 1971, n. 1482) ed infatti:
a) se in base all’art. 2946 c.c., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (L. n. 335 del 1995 cit., art. 3, comma 9);
b) la norma dell’art. 2953 c.c., non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti (ex multis: Cass. 29 gennaio 1968, n. 285; Cass. 10 giugno 1999, n. 5710);
c) la prescrizione decennale da “actio judicati“, prevista dall’art. 2953 c.c., decorre non dal giorno in cui sia possibile l’esecuzione della sentenza nè da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato (tra le tante: Cass. 10 luglio 2014, n. 15765; Cass. 14 luglio 2004, n 13081);
d) la conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex art. 2953 c.c., ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo, sicchè non incide sui diritti non riconducibili a questo e, dunque, non opera per i diritti maturati in periodi successivi a quelli oggetto del giudicato di condanna (Cass. 20 marzo 2013, n. 6967; Cass. 10 giugno 1999, n. 5710 cit.);
e) il generico riferimento al “diritto” per il quale sia stabilita un termine di prescrizione breve contenuto nell’art. 2953 c.c., consente di ritenere che laddove intervenga un giudicato di condanna (anche generica), la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende pure ai coobbligati solidali anche se rimasti estranei al relativo giudizio (vedi, per tutte: Cass. 13 gennaio 2015, n. 286; Cass. 11 giugno 1999, n. 5762; Cass. 10 marzo 1976, n. 839; Cass. 14 aprile 1972, n. 1173; Cass. 17 giugno 1965, n. 1961; Cass. 17 agosto 1965, n. 1961; Cass. 20 ottobre 1964, n. 2633).
E’ notorio poi che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata sicché sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell’Erario e/o degli Enti previdenziali sono privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.
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