Patteggiamento davanti a Giudice di Pace: una questione di legittimità costituzionale
È costituzionale l’esclusione dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nei procedimenti davanti il Giudice di Pace, così è stato deciso dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 50/2016.
Nel corso di un processo penale, nei confronti di un soggetto imputato di lesioni personali colpose, ai sensi dell’art. 590 c.p.p., il Giudice di Pace ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 D.lgs. 468/99, in materia di competenza penale del Giudice di Pace, nella parte in cui si esclude l’applicazione della pena su richiesta delle parti nel procedimento penale davanti al Giudice di Pace.
La norma suddetta sarebbe contraria all’art. 3 Cost., in riferimento ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza, e all’art. 24 Cost., relativo al diritto alla difesa, con riguardo ai seguenti motivi: in primo luogo si deve considerare che, per ragioni di praticità ed economia processuale e per deflazionare i procedimenti penali, sono stati introdotti differenti riti alternativi, tra i quali il patteggiamento, pertanto non dovrebbe sussistere ragione di non garantirli nel corso di un procedimento davanti al Giudice di Pace; in secondo luogo si deve considerare che in tutti casi in cui i reati di competenza del Giudice di Pace vengono giudicati, per ragioni di connessione, dal Tribunale, vengono garantiti i vari riti alternativi; ed infine, nel caso di specie, si assisterebbe ad una compressione del diritto alla difesa dell’imputato giudicato dal Giudice di Pace rispetto a quello giudicato davanti al Tribunale.
Nonostante ciò, la Corte Costituzionale, ha evidenziato il carattere prettamente peculiare del procedimento davanti al Giudice di Pace, rispetto a quello davanti al Tribunale, che giustifica alcune differenze rispetto al giudizio ordinario, quali quelle relative alla garanzia di previsione di differenti riti alternativi. Pertanto, non sussistendo alcuna violazione costituzionale ovvero un’ingiustificata disparità di trattamento, la questione di legittimità costituzionale è stata considerata dalla Corte Costituzionale manifestatamente infondata.
Dott.ssa Claudia Barbara Bondanini
Patteggiamento davanti a Giudice di Pace: una questione di legittimità costituzionale
È costituzionale l’esclusione dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nei procedimenti davanti il Giudice di Pace, così è stato deciso dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 50/2016.
Nel corso di un processo penale, nei confronti di un soggetto imputato di lesioni personali colpose, ai sensi dell’art. 590 c.p.p., il Giudice di Pace ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 D.lgs. 468/99, in materia di competenza penale del Giudice di Pace, nella parte in cui si esclude l’applicazione della pena su richiesta delle parti nel procedimento penale davanti al Giudice di Pace.
La norma suddetta sarebbe contraria all’art. 3 Cost., in riferimento ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza, e all’art. 24 Cost., relativo al diritto alla difesa, con riguardo ai seguenti motivi: in primo luogo si deve considerare che, per ragioni di praticità ed economia processuale e per deflazionare i procedimenti penali, sono stati introdotti differenti riti alternativi, tra i quali il patteggiamento, pertanto non dovrebbe sussistere ragione di non garantirli nel corso di un procedimento davanti al Giudice di Pace; in secondo luogo si deve considerare che in tutti casi in cui i reati di competenza del Giudice di Pace vengono giudicati, per ragioni di connessione, dal Tribunale, vengono garantiti i vari riti alternativi; ed infine, nel caso di specie, si assisterebbe ad una compressione del diritto alla difesa dell’imputato giudicato dal Giudice di Pace rispetto a quello giudicato davanti al Tribunale.
Nonostante ciò, la Corte Costituzionale, ha evidenziato il carattere prettamente peculiare del procedimento davanti al Giudice di Pace, rispetto a quello davanti al Tribunale, che giustifica alcune differenze rispetto al giudizio ordinario, quali quelle relative alla garanzia di previsione di differenti riti alternativi. Pertanto, non sussistendo alcuna violazione costituzionale ovvero un’ingiustificata disparità di trattamento, la questione di legittimità costituzionale è stata considerata dalla Corte Costituzionale manifestatamente infondata.
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