Published On: 10 Gennaio 2016Categories: Articoli, Diritto civile, Ermelinda Strollo

Responsabilità da cose in custodia: onere prova spetta al danneggiato

Con ordinanza n. 56 depositata il 7 gennaio 2016 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in materia di danni derivanti da omessa custodia.

Nel caso di specie, un uomo conveniva in giudizio un Comune al fine di ottenere il risarcimento dei danni dallo stesso subiti a seguito della caduta dal ventiseiesimo scalino di una scaletta in ferro che dal livello stradale consentiva la discesa a mare a causa della mancanza di un prodotto antisdrucciolevole.

Le domande dell’uomo venivano però rigettate sia in primo che in secondo grado per mancanza della prova del nesso causale tra la cosa in custodia (la scala) e il danno, atteso che il fatto che sugli ultimi gradini della scala non fossero applicate strisce antiscivolo (riferito dai testimoni) non fosse incompatibile con una struttura dei gradini di per se predisposta per evitare di scivolare. I giudici di merito, inoltre, evidenziavano che il particolare luogo in cui era avvenuto l’infortunio (una lunga discesa in mare attraverso una scala) fosse un luogo che richiedeva da parte dei fruitori una particolare attenzione ad esso adeguata.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su ricorso presentato dal turista ha condiviso la decisione adottata dai giudici di merito ritenendola conforme al consolidato principio per cui  La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 cod. dv., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Tuttavia, nei casi in cui il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (scoppio della caldaia, scarica elettrica, frana della strada o simili), ma richieda che l’agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno”.

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Published On: 10 Gennaio 2016Categories: Articoli, Diritto civile, Ermelinda StrolloBy

Responsabilità da cose in custodia: onere prova spetta al danneggiato

Con ordinanza n. 56 depositata il 7 gennaio 2016 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in materia di danni derivanti da omessa custodia.

Nel caso di specie, un uomo conveniva in giudizio un Comune al fine di ottenere il risarcimento dei danni dallo stesso subiti a seguito della caduta dal ventiseiesimo scalino di una scaletta in ferro che dal livello stradale consentiva la discesa a mare a causa della mancanza di un prodotto antisdrucciolevole.

Le domande dell’uomo venivano però rigettate sia in primo che in secondo grado per mancanza della prova del nesso causale tra la cosa in custodia (la scala) e il danno, atteso che il fatto che sugli ultimi gradini della scala non fossero applicate strisce antiscivolo (riferito dai testimoni) non fosse incompatibile con una struttura dei gradini di per se predisposta per evitare di scivolare. I giudici di merito, inoltre, evidenziavano che il particolare luogo in cui era avvenuto l’infortunio (una lunga discesa in mare attraverso una scala) fosse un luogo che richiedeva da parte dei fruitori una particolare attenzione ad esso adeguata.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su ricorso presentato dal turista ha condiviso la decisione adottata dai giudici di merito ritenendola conforme al consolidato principio per cui  La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 cod. dv., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Tuttavia, nei casi in cui il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (scoppio della caldaia, scarica elettrica, frana della strada o simili), ma richieda che l’agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno”.

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