
Domanda di ammissione al concordato preventivo: gli effetti sulla procedura prefallimentare
Con la sentenza n. 9935/2015 la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, torna a pronunziarsi sul tema del rapporto esistente tra la procedura prefallimentare – avviata su iniziativa di un creditore o del pubblico ministero – e il ricorso eventualmente presentato dall’imprenditore fallendo per essere ammesso alla procedura concorsuale minore del concordato preventivo (pieno o con riserva).
La Corte di Cassazione, negando l’esistenza di un rapporto di pregiudizialità tra la procedura prefallimentare e la procedura finalizzata all’ammissione del fallendo al concordato preventivo, afferma che “La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, né ne consente la sospensione, ma impedisce temporaneamente soltanto la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli arti. 162, 173, 179 e 180 I. fall.; il procedimento, pertanto, può essere istruito e può concludersi con un decreto di rigetto”.
In sostanza il procedimento prefallimentare non potrà essere dichiarato improcedibile, né se ne potrà disporre la sospensione per il fatto dell’avvenuta presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato.
L’unico effetto della presentazione della domanda per l’ammissione alla procedura concordataria è rappresentata dal fatto che – a definizione del procedimento prefallimentare – il fallimento dell’imprenditore potrà essere dichiarato solo in caso di mancata ammissione della società alla procedura concordataria, di mancata approvazione del concordato da parte del ceto creditorio, di revoca del provvedimento di ammissione della società al concordato o di mancata omologazione del concordato preventivo.

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