Published On: 4 Aprile 2013Categories: Risposte di Scicchitano

Legge Fallimentare, il debitore può scegliere tra proposta di concordato e accordo di ristrutturazione

Egregio Avvocato,

mi chiamo Pierpaolo e sono l’A.U.  di una società che a Firenze svolge attività di ristorazione.

A causa dell’esposizione debitoria maturata negli ultimi due anni – soprattutto verso i fornitori circa quindici giorni fa la società ha presentato presso il Tribunale un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo “con riserva” di presentare, successivamente, anche il piano concordatario. Lo ha fatto avvalendosi della facoltà oggi concessa dall’art. 161, sesto comma, della Legge Fallimentare.

Il Tribunale, nell’accogliere la domanda, ha concesso alla società il termine massimo di 120 giorni per integrare il ricorso con la presentazione della proposta di concordato e con i documenti di cui all’art. 161 della Legge Fallimentare.

Tuttavia, nella pendenza di tale termine, si è profilata la possibilità di raggiungere con il ceto creditorio un accordo di ristrutturazione dei debiti.

I creditori che aderirebbero a tale accordo rappresentano circa il 90% della complessiva esposizione debitoria. Pertanto, si supererebbe addirittura la percentuale minima del 60% richiesto dalla Legge Fallimentare.

A questo punto mi rivolgo a Lei per sapere che cosa potrebbe succedere qualora, nel termine assegnato dal Tribunale, non venisse presentato un piano concordatario ma si dimostrasse di avere comunque raggiunto, con il 90% del ceto creditorio, un accordo di ristrutturazione dei debiti.

In modo particolare desidero sapere se, in caso di mancata presentazione della proposta concordataria, la domanda di concordato preventivo potrebbe essere dichiarata inammissibile, con conseguente rischio di fallimento della società.

Grazie

 

________

Caro  Pierpaolo,

alla stregua di quanto da Lei riferito, ritengo che non ricorra il rischio da Lei paventato.

Infatti, da un’attenta lettura del sesto comma dell’art. 161 della Legge Fallimentare (nel testo recentemente modificato dal decreto sviluppo n. 83/2012), si evince che nel caso di concordato preventivo “con riserva” è concessa al debitore la facoltà di scegliere se presentare, nel termine assegnato dal Tribunale, una proposta di concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti eventualmente già raggiunto con i creditori a norma dell’art. 182 bis della Legge Fallimentare.

Il tutto, ovviamente, deve avvenire nel rispetto dei termini e delle forme previste dalla Legge Fallimentare.

Infatti, resta inteso che, ove si scelga la strada dell’accordo di ristrutturazione, quest’ultimo già al momento della sua conclusione deve essere corredato dalla relazione del professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità dell’accordo, nonché da tutta la restante documentazione chiesta dall’art. 161 della Legge Fallimentare.

Inoltre, nel termine concesso dal Tribunale per l’integrazione della domanda di concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione medio tempore raggiunto con i creditori (e già pubblicato nel Registro delle Imprese) dovrà essere depositato in Tribunale unitamente al ricorso con cui, a norma dell’art. 182 bis della legge fallimentare, se ne chiede al Tribunale stesso l’omologazione.

Nella speranza di avere risposto in modo esaustivo al suo quesito, invio distinti saluti.

Sergio Scicchitano

 

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Legge Fallimentare, il debitore può scegliere tra proposta di concordato e accordo di ristrutturazione

Egregio Avvocato,

mi chiamo Pierpaolo e sono l’A.U.  di una società che a Firenze svolge attività di ristorazione.

A causa dell’esposizione debitoria maturata negli ultimi due anni – soprattutto verso i fornitori circa quindici giorni fa la società ha presentato presso il Tribunale un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo “con riserva” di presentare, successivamente, anche il piano concordatario. Lo ha fatto avvalendosi della facoltà oggi concessa dall’art. 161, sesto comma, della Legge Fallimentare.

Il Tribunale, nell’accogliere la domanda, ha concesso alla società il termine massimo di 120 giorni per integrare il ricorso con la presentazione della proposta di concordato e con i documenti di cui all’art. 161 della Legge Fallimentare.

Tuttavia, nella pendenza di tale termine, si è profilata la possibilità di raggiungere con il ceto creditorio un accordo di ristrutturazione dei debiti.

I creditori che aderirebbero a tale accordo rappresentano circa il 90% della complessiva esposizione debitoria. Pertanto, si supererebbe addirittura la percentuale minima del 60% richiesto dalla Legge Fallimentare.

A questo punto mi rivolgo a Lei per sapere che cosa potrebbe succedere qualora, nel termine assegnato dal Tribunale, non venisse presentato un piano concordatario ma si dimostrasse di avere comunque raggiunto, con il 90% del ceto creditorio, un accordo di ristrutturazione dei debiti.

In modo particolare desidero sapere se, in caso di mancata presentazione della proposta concordataria, la domanda di concordato preventivo potrebbe essere dichiarata inammissibile, con conseguente rischio di fallimento della società.

Grazie

 

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Caro  Pierpaolo,

alla stregua di quanto da Lei riferito, ritengo che non ricorra il rischio da Lei paventato.

Infatti, da un’attenta lettura del sesto comma dell’art. 161 della Legge Fallimentare (nel testo recentemente modificato dal decreto sviluppo n. 83/2012), si evince che nel caso di concordato preventivo “con riserva” è concessa al debitore la facoltà di scegliere se presentare, nel termine assegnato dal Tribunale, una proposta di concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti eventualmente già raggiunto con i creditori a norma dell’art. 182 bis della Legge Fallimentare.

Il tutto, ovviamente, deve avvenire nel rispetto dei termini e delle forme previste dalla Legge Fallimentare.

Infatti, resta inteso che, ove si scelga la strada dell’accordo di ristrutturazione, quest’ultimo già al momento della sua conclusione deve essere corredato dalla relazione del professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità dell’accordo, nonché da tutta la restante documentazione chiesta dall’art. 161 della Legge Fallimentare.

Inoltre, nel termine concesso dal Tribunale per l’integrazione della domanda di concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione medio tempore raggiunto con i creditori (e già pubblicato nel Registro delle Imprese) dovrà essere depositato in Tribunale unitamente al ricorso con cui, a norma dell’art. 182 bis della legge fallimentare, se ne chiede al Tribunale stesso l’omologazione.

Nella speranza di avere risposto in modo esaustivo al suo quesito, invio distinti saluti.

Sergio Scicchitano

 

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