Per la responsabilità dei soci basta l’avvenuta estinzione dell’ente
Con l’ordinanza n. 26184 del 7 ottobre 2024 la Suprema Corte di Cassazione si esprime sulla questione riguardante la responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione della società.
La fattispecie da cui trae origine la pronuncia della Cassazione coinvolge l’Agenzia delle Entrate e il socio di una società di capitali estinta nell’anno 2011. Difatti, a seguito di una rideterminazione dei profitti conseguiti dalla società mediante una serie di cessioni immobiliari, nel dicembre del 2011 l’Agenzia delle Entrate notificava al suddetto socio un avviso di accertamento per il recupero di crediti riguardanti l’IRES, l’IRAP e l’IVA del 2006.
Il contribuente presentava ricorso, il quale, respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, veniva, al contrario, accolto da parte della Commissione Regionale del Piemonte. Quest’ultima motivava l’accoglimento del ricorso avanzato dal socio e il conseguente annullamento dell’atto impositivo richiamando la disposizione normativa di cui all’art. 2495 c.c., rubricato “Cancellazione della società”.
Invero, a detta della CTR del Piemonte, la previsione normativa impone all’Amministrazione finanziaria, laddove questa voglia rivalersi sui soci della società debitrice, di dar prova mediante apposita motivazione della responsabilità dei soci, vale a dire del fatto che gli stessi abbiano conseguito dei ricavi in seguito al bilancio finale di liquidazione ovvero nel biennio precedente.
Sulla base di tale assunto la Commissione Tributaria del Piemonte rilevava come nella fattispecie in questione l’Agenzia delle Entrate non avesse provveduto a dimostrare il conseguimento di utilità da parte dei soci e, pertanto, come non ci si potesse rivalere su questi ultimi ai fini del soddisfacimento della pretesa creditoria. Posizione quest’ultima che emerge nel momento in cui la Commissione afferma che:
“L’Agenzia Entrata avrebbe dovuto giustificare la pretesa nei confronti del socio trovando le condizioni legittimanti e parametrandole alle somme riscosse in forza del bilancio finale di liquidazione. Nel caso di specie nessuna menzione è fatta nell’accertamento delle responsabilità del socio per le obbligazioni della società ; non è individuata la quota eventualmente attribuita al socio e nei limiti della quale egli può essere chiamato a rispondere”.
Tuttavia, la posizione espressa dalla CTR è stata avversata dalla Corte di Cassazione, dinanzi alla quale l’Amministrazione finanziaria lamentava con ricorso la violazione e/o falsa applicazione della previsione normativa di cui all’art. 2495 c.c. “per avere la Commissione Regionale escluso che il socio rispondesse dei debiti dell’ente volontariamente liquidato ed estinto per cancellazione dal Registro delle Imprese, difettando la prova che il socio avesse acquisito beni e utilità a seguito della liquidazione della società”.
La Corte di Cassazione ha, difatti, ritenuto fondato questo motivo nonché il ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate. Sulla base del diritto riconosciuto ex art. 2495 co. 3 c.c. ai creditori sociali di rivalersi sui soci una volta che la società è stata cancellata dal Registro delle Imprese, la Corte Suprema afferma che
“i soci subentrano nei rapporti dell’ente per fatto stesso della sua avvenuta estinzione, ferma e impregiudicata la prerogativa del socio di provare di non aver acquisito beni o utilità in esito alla liquidazione dell’ente (cfr anche Sez. U, 28709/2020)”.
Pertanto, non ricade sull’Amministrazione l’onere di provare l’avvenuto riparto di utilità a favore dei soci, bensì sono questi ultimi eventualmente ad avere la possibilità di opporsi dimostrando di non aver conseguito alcun tipo di profitto.
Dunque, nel caso di specie la Corte di Cassazione, sulla base delle argomentazioni finora trattate, accoglieva il ricorso e cassava la sentenza di appello, rinviando la stessa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte.
Dott.ssa Ludovica Macrì
Per la responsabilità dei soci basta l’avvenuta estinzione dell’ente
Con l’ordinanza n. 26184 del 7 ottobre 2024 la Suprema Corte di Cassazione si esprime sulla questione riguardante la responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione della società.
La fattispecie da cui trae origine la pronuncia della Cassazione coinvolge l’Agenzia delle Entrate e il socio di una società di capitali estinta nell’anno 2011. Difatti, a seguito di una rideterminazione dei profitti conseguiti dalla società mediante una serie di cessioni immobiliari, nel dicembre del 2011 l’Agenzia delle Entrate notificava al suddetto socio un avviso di accertamento per il recupero di crediti riguardanti l’IRES, l’IRAP e l’IVA del 2006.
Il contribuente presentava ricorso, il quale, respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, veniva, al contrario, accolto da parte della Commissione Regionale del Piemonte. Quest’ultima motivava l’accoglimento del ricorso avanzato dal socio e il conseguente annullamento dell’atto impositivo richiamando la disposizione normativa di cui all’art. 2495 c.c., rubricato “Cancellazione della società”.
Invero, a detta della CTR del Piemonte, la previsione normativa impone all’Amministrazione finanziaria, laddove questa voglia rivalersi sui soci della società debitrice, di dar prova mediante apposita motivazione della responsabilità dei soci, vale a dire del fatto che gli stessi abbiano conseguito dei ricavi in seguito al bilancio finale di liquidazione ovvero nel biennio precedente.
Sulla base di tale assunto la Commissione Tributaria del Piemonte rilevava come nella fattispecie in questione l’Agenzia delle Entrate non avesse provveduto a dimostrare il conseguimento di utilità da parte dei soci e, pertanto, come non ci si potesse rivalere su questi ultimi ai fini del soddisfacimento della pretesa creditoria. Posizione quest’ultima che emerge nel momento in cui la Commissione afferma che:
“L’Agenzia Entrata avrebbe dovuto giustificare la pretesa nei confronti del socio trovando le condizioni legittimanti e parametrandole alle somme riscosse in forza del bilancio finale di liquidazione. Nel caso di specie nessuna menzione è fatta nell’accertamento delle responsabilità del socio per le obbligazioni della società ; non è individuata la quota eventualmente attribuita al socio e nei limiti della quale egli può essere chiamato a rispondere”.
Tuttavia, la posizione espressa dalla CTR è stata avversata dalla Corte di Cassazione, dinanzi alla quale l’Amministrazione finanziaria lamentava con ricorso la violazione e/o falsa applicazione della previsione normativa di cui all’art. 2495 c.c. “per avere la Commissione Regionale escluso che il socio rispondesse dei debiti dell’ente volontariamente liquidato ed estinto per cancellazione dal Registro delle Imprese, difettando la prova che il socio avesse acquisito beni e utilità a seguito della liquidazione della società”.
La Corte di Cassazione ha, difatti, ritenuto fondato questo motivo nonché il ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate. Sulla base del diritto riconosciuto ex art. 2495 co. 3 c.c. ai creditori sociali di rivalersi sui soci una volta che la società è stata cancellata dal Registro delle Imprese, la Corte Suprema afferma che
“i soci subentrano nei rapporti dell’ente per fatto stesso della sua avvenuta estinzione, ferma e impregiudicata la prerogativa del socio di provare di non aver acquisito beni o utilità in esito alla liquidazione dell’ente (cfr anche Sez. U, 28709/2020)”.
Pertanto, non ricade sull’Amministrazione l’onere di provare l’avvenuto riparto di utilità a favore dei soci, bensì sono questi ultimi eventualmente ad avere la possibilità di opporsi dimostrando di non aver conseguito alcun tipo di profitto.
Dunque, nel caso di specie la Corte di Cassazione, sulla base delle argomentazioni finora trattate, accoglieva il ricorso e cassava la sentenza di appello, rinviando la stessa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte.
Dott.ssa Ludovica Macrì
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