Diritto civile
Published On: 21 Dicembre 2012Categories: Articoli, Diritto civile

Contratto d’appalto e responsabilità dell’appaltatore, cosa dice la Suprema Corte

Con tale recente pronuncia, la Suprema Corte è intervenuta in materia di appalto e, più in particolare, in materia di responsabilità dell’appaltatore per i vizi dell’opera realizzata. La disciplina codicistica contiene due disposizioni in materia di garanzie per i vizi dell’opera. Da una parte, l’art. 1667 c.c. prevede una garanzia generica in base alla quale l’appaltatore è in ogni caso tenuto alle garanzie per le difformità ed i vizi dell’opera salvo che il committente abbia accettato l’opera o che i vizi fossero conosciuti o comunque riconoscibili.

In secondo luogo, la norma di cui all’art. 1669 c.c. prevede una garanzia specifica con riguardo ai contratti di appalto che abbiano ad oggetto la realizzazione di edifici o beni immobili e in generale di beni che, per loro natura, sono destinati a durare nel tempo. A norma dell’art. 1669 c.c., l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa per quei difetti e vizi che, per la loro gravità, risultano idonei ad inficiare la stabilità dell’opera o che possono determinarne il deterioramento e la rovina.

Ebbene, proprio relativamente alla responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. la Suprema Corte è intervenuta con la sopra indicata sentenza al fine chiarirne e definirne l’ambito di applicazione e la natura.

Sotto il primo profilo ha affermato che detta garanzia opera non solo in caso di grave difetto di costruzione ma, altresì, in qualsiasi caso di alterazione dell’opera che seppur non investe parti strutturali, sia comunque  idonea a compromettere la funzionalità dell’edificio e, dunque, a limitarne in maniera apprezzabile il godimento.

Inoltre, relativamente al secondo aspetto, la Suprema Corte ha sostenuto, in conformità con altre precedenti pronunce (Cass. Sez. n. 26609/2008; Cass. Sez. II n. 7634/2006; Cass. Sez. I n. 1748/2005) che tale responsabilità, sebbene sia collocata tra le norme disciplinanti il contratto di appalto, abbia in realtà natura extracontrattuale atteso che tale disposizione normativa, diversamente di quella prevista all’art. 1667 c.c., è rivolta alla tutela di un’esigenza di carattere generale avente ad oggetto la conservazione e la funzionalità degli edifici e degli immobili e, quindi, di interessi generali inderogabili che trascendono dallo specifico rapporto negoziale intercorrente le parti.

Ciò detto, ne consegue che la relativa azione di responsabilità potrà essere legittimamente esercitata nei confronti dell’appaltatore, oltre che dal committente, anche da parte degli eventuali acquirenti del bene nonché di soggetti terzi che lamentino di essere stati danneggiati a causa dei difetti di costruzione i quali, al fine della valida proposizione dell’azione, potranno fruire del termine decennale di prescrizione e di quello annuale di decadenza.

 

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Contratto d’appalto e responsabilità dell’appaltatore, cosa dice la Suprema Corte

Con tale recente pronuncia, la Suprema Corte è intervenuta in materia di appalto e, più in particolare, in materia di responsabilità dell’appaltatore per i vizi dell’opera realizzata. La disciplina codicistica contiene due disposizioni in materia di garanzie per i vizi dell’opera. Da una parte, l’art. 1667 c.c. prevede una garanzia generica in base alla quale l’appaltatore è in ogni caso tenuto alle garanzie per le difformità ed i vizi dell’opera salvo che il committente abbia accettato l’opera o che i vizi fossero conosciuti o comunque riconoscibili.

In secondo luogo, la norma di cui all’art. 1669 c.c. prevede una garanzia specifica con riguardo ai contratti di appalto che abbiano ad oggetto la realizzazione di edifici o beni immobili e in generale di beni che, per loro natura, sono destinati a durare nel tempo. A norma dell’art. 1669 c.c., l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa per quei difetti e vizi che, per la loro gravità, risultano idonei ad inficiare la stabilità dell’opera o che possono determinarne il deterioramento e la rovina.

Ebbene, proprio relativamente alla responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. la Suprema Corte è intervenuta con la sopra indicata sentenza al fine chiarirne e definirne l’ambito di applicazione e la natura.

Sotto il primo profilo ha affermato che detta garanzia opera non solo in caso di grave difetto di costruzione ma, altresì, in qualsiasi caso di alterazione dell’opera che seppur non investe parti strutturali, sia comunque  idonea a compromettere la funzionalità dell’edificio e, dunque, a limitarne in maniera apprezzabile il godimento.

Inoltre, relativamente al secondo aspetto, la Suprema Corte ha sostenuto, in conformità con altre precedenti pronunce (Cass. Sez. n. 26609/2008; Cass. Sez. II n. 7634/2006; Cass. Sez. I n. 1748/2005) che tale responsabilità, sebbene sia collocata tra le norme disciplinanti il contratto di appalto, abbia in realtà natura extracontrattuale atteso che tale disposizione normativa, diversamente di quella prevista all’art. 1667 c.c., è rivolta alla tutela di un’esigenza di carattere generale avente ad oggetto la conservazione e la funzionalità degli edifici e degli immobili e, quindi, di interessi generali inderogabili che trascendono dallo specifico rapporto negoziale intercorrente le parti.

Ciò detto, ne consegue che la relativa azione di responsabilità potrà essere legittimamente esercitata nei confronti dell’appaltatore, oltre che dal committente, anche da parte degli eventuali acquirenti del bene nonché di soggetti terzi che lamentino di essere stati danneggiati a causa dei difetti di costruzione i quali, al fine della valida proposizione dell’azione, potranno fruire del termine decennale di prescrizione e di quello annuale di decadenza.

 

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