La sentenza di fallimento è condizione obiettiva di punibilità del reato
Egregio Avvocato,
mi chiamo Donato e vivo a Modena. Mi permetto di disturbarla per chiederle un consiglio in merito alla situazione in cui, per colpe non mie, mi sono mio malgrado venuto a trovare. Sono stato amministratore unico di una società che operava nel settore della ristorazione. A causa di un grave e lungo periodo di crisi economica la società, purtroppo, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Modena nell’anno 2009. Successivamente, a seguito della relazione ex art. 33 predisposta dal Curatore Fallimentare in merito alle cause del dissesto, nel mese di febbraio 2011 sono stato sottoposto, insieme ai precedenti amministratori, a procedimento penale per il reato di bancarotta fraudolenta (così si evince dal capo di imputazione). Il procedimento penale che mi vede imputato è ancora in corso e si trova in piena fase dibattimentale. L’avvocato che mi assiste nel procedimento penale, tuttavia, è venuto a sapere che uno dei soci ha proposto reclamo in Corte di Appello avverso la sentenza dichiarativa di fallimento della società e che, in esito a tale giudizio di impugnazione, la Corte di Appello ha revocato la sentenza dichiarativa di fallimento evidenziando che, nella fattispecie, la società non superava nessuna delle soglie di fallibilità prevista dalla Legge Fallimentare.
Le chiedo, pertanto, consiglio in merito a quanto sopra esposto. In modo particolare Vorrei sapere se l’avvenuta revoca della sentenza dichiarativa di fallimento possa, o meno, giovare alla mia posizione nel procedimento penale che mi vede coinvolto per il delitto di bancarotta.
Grazie
Donato
__________
Caro Donato,
la risposta al suo quesito è alquanto semplice ove si consideri che si discute, in dottrina e in giurisprudenza, circa la natura giuridica della sentenza di fallimento rispetto al reato fallimentare (elemento costitutivo, condizione di procedibilità, condizione oggettiva di punibilità) e che l’opinione dominante ritiene che si tratti di una condizione oggettiva di punibilità del reato. Il reato infatti è già completo in tutti i suoi elementi costitutivi, indipendentemente dalla sentenza di fallimento, ma diventa punibile solo con la pronunzia di tale sentenza.
Nel suo caso, quindi, la condizione di punibilità – ovvero la sentenza dichiarativa di fallimento – esisteva al momento dell’apertura del giudizio penale che la vede coinvolta per il delitto di bancarotte ma, in conseguenza dell’intervenuta revoca della sentenza medesima ad opera della Corte di Appello, è venuta meno nel corso del giudizio.
Tale circostanza, pur lasciando inalterata la natura criminosa dei fatti descritti nel capo di imputazione (bancarotta), rende i medesimi fatti non punibili, con la conseguenza che – rappresentando all’Autorità Giudiziaria l’avvenuta revoca della sentenza dichiarativa di fallimento, Le sarà possibile evitare la condanna prevista per legge.
Spero di avere risposto in modo esaustivo al suo quesito.
Sergio Scicchitano
La sentenza di fallimento è condizione obiettiva di punibilità del reato
Egregio Avvocato,
mi chiamo Donato e vivo a Modena. Mi permetto di disturbarla per chiederle un consiglio in merito alla situazione in cui, per colpe non mie, mi sono mio malgrado venuto a trovare. Sono stato amministratore unico di una società che operava nel settore della ristorazione. A causa di un grave e lungo periodo di crisi economica la società, purtroppo, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Modena nell’anno 2009. Successivamente, a seguito della relazione ex art. 33 predisposta dal Curatore Fallimentare in merito alle cause del dissesto, nel mese di febbraio 2011 sono stato sottoposto, insieme ai precedenti amministratori, a procedimento penale per il reato di bancarotta fraudolenta (così si evince dal capo di imputazione). Il procedimento penale che mi vede imputato è ancora in corso e si trova in piena fase dibattimentale. L’avvocato che mi assiste nel procedimento penale, tuttavia, è venuto a sapere che uno dei soci ha proposto reclamo in Corte di Appello avverso la sentenza dichiarativa di fallimento della società e che, in esito a tale giudizio di impugnazione, la Corte di Appello ha revocato la sentenza dichiarativa di fallimento evidenziando che, nella fattispecie, la società non superava nessuna delle soglie di fallibilità prevista dalla Legge Fallimentare.
Le chiedo, pertanto, consiglio in merito a quanto sopra esposto. In modo particolare Vorrei sapere se l’avvenuta revoca della sentenza dichiarativa di fallimento possa, o meno, giovare alla mia posizione nel procedimento penale che mi vede coinvolto per il delitto di bancarotta.
Grazie
Donato
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Caro Donato,
la risposta al suo quesito è alquanto semplice ove si consideri che si discute, in dottrina e in giurisprudenza, circa la natura giuridica della sentenza di fallimento rispetto al reato fallimentare (elemento costitutivo, condizione di procedibilità, condizione oggettiva di punibilità) e che l’opinione dominante ritiene che si tratti di una condizione oggettiva di punibilità del reato. Il reato infatti è già completo in tutti i suoi elementi costitutivi, indipendentemente dalla sentenza di fallimento, ma diventa punibile solo con la pronunzia di tale sentenza.
Nel suo caso, quindi, la condizione di punibilità – ovvero la sentenza dichiarativa di fallimento – esisteva al momento dell’apertura del giudizio penale che la vede coinvolta per il delitto di bancarotte ma, in conseguenza dell’intervenuta revoca della sentenza medesima ad opera della Corte di Appello, è venuta meno nel corso del giudizio.
Tale circostanza, pur lasciando inalterata la natura criminosa dei fatti descritti nel capo di imputazione (bancarotta), rende i medesimi fatti non punibili, con la conseguenza che – rappresentando all’Autorità Giudiziaria l’avvenuta revoca della sentenza dichiarativa di fallimento, Le sarà possibile evitare la condanna prevista per legge.
Spero di avere risposto in modo esaustivo al suo quesito.
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