Revisione del processo penale: che cos'è? Come funziona?
La revisione è un mezzo di impugnazione straordinario previsto e disciplinato dagli artt. 629 e ss. c.p.p. volto ad ottenere un nuovo accertamento del fatto quando – dopo la condanna – intervengono delle sopravvenienze che giustificano il proscioglimento.
Costituisce impugnazione straordinaria non solo la revisione bensì anche il ricorso straordinario per cassazione e la rescissione del giudicato.
L’art. 629 c.p.p. individua quali presupposti di applicazione della revisione:
-
Una sentenza di condanna o di patteggiamento o un decreto penale di condanna;
-
Irrevocabilità di tali provvedimenti;
-
Sussistenza di uno dei casi di cui all’art. 630 c.p.p.
La straordinarietà della revisione risiede, appunto, nella possibilità di aggredire il giudicato senza limiti di tempo contrariamente per quanto accade con l’appello e il ricorso in cassazione che, invece, sono mezzi di impugnazione ordinaria.
Tuttavia, non sono soggette a revisione le ordinanze così come le sentenze di proscioglimento, di non luogo a procedere e quelle che applicano l’amnistia
La condizione per l’ammissibilità dell’impugnazione è da ravvisare nella sopravvenienza o comunque nella scoperta successiva di elementi di prova non soltanto nuovi, ma tali da rendere evidente che il condannato sia da assolvere dall’imputazione ritenuta a suo tempo.
In sostanza, ciò che è emendabile in sede di revisione è l’errore di fatto e non la valutazione del fatto e, cioè, l’errore intervenuto nella ricostruzione storica del fatto che, se corretto, permette di prosciogliere perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o si trattava di persona non imputabile o non punibile per altra ragione.
Non rilevano, quindi, l’eventuale estinzione della pena o l’avvenuta espiazione in quanto la funzione della revisione non è solo quella di concedere la libertà, ma restituire la dignità all’innocente ritenuto colpevole con sentenza irrevocabile.
La revisione può essere richiesta tassativamente solo nei casi individuati all’art. 630 c.p.p. che di seguito si riportano:
1. Inconciliabilità dei fatti che fondano la condanna con quelli accertati in un’altra sentenza penale irrevocabile (conflitto teorico di giudicati);
2. Sopravvenuta revoca della sentenza pregiudiziale, civile o amministrativa, su cui è fondata la condanna;
3. Sopravvenienza di nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano la necessità di un proscioglimento;
4. Condanna pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto come reato, quando la falsità è accertata con sentenza passata in giudicato ed ha avuto un effetto causale determinante sulla condanna;
Un ulteriore caso è quello della necessità di riaprire il processo al fine di conformarsi ad una sentenza di condanna definitiva della Corte EDU che condanni l’Italia per la violazione di norme CEDU relative al giusto processo.
I soggetti legittimati a presentare richiesta ai sensi dell’art. 632 c.p.p. sono:
-
Il condannato;
-
Un suo prossimo congiunto;
-
Il suo tutore;
-
L’erede del condannato deceduto o il suo prossimo congiunto;
-
Il PG presso la Corte d’Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di merito passata in giudicato.
La richiesta deve essere presentata personalmente o tramite procuratore speciale presso la Corte di Appello di un distretto diverso da quello in cui si è svolto il giudizio al fine di evitare influenze ambientali e tutelare la serenità del giudice.
La richiesta suddetta deve contenere le ragioni poste a fondamento e le prove che la giustificano, compresi – a pena di inammissibilità – gli elementi che, se accertati, dimostrano la necessità di un proscioglimento
Il giudizio è articolato su due fasi:
-
LA FASE RESCISSORIA: l’istanza di revisione va presentata presso la Corte di Appello del Giudice che ha emesso la condanna, la quale può avere diversi esiti:
-
La domanda è inammissibile se:
a. è proposta fuori dai casi consentiti dalla legge;
b. è proposta senza l’osservanza delle condizioni previste;
c. è manifestamente infondata.
L’inammissibilità è pronunciata con ordinanza ricorribile per cassazione che non preclude la possibilità di presentare una nuova richiesta basata su elementi diversi.
-
Ordinanza di ammissibilità, a seguito della quale il condannato riacquista la qualità di imputato.
-
LA FASE RESCINDENTE: è quella successiva che si svolge avanti al Giudice del primo grado e consta della nuova decisione a seguito degli elementi nuovi sui quali si basa la richiesta revisione.
All’esito del giudizio la Corte pronuncia una sentenza di:
-
Inammissibilità se la causa sia emersa nel corso del giudizio;
-
Rigetto con la quale il giudice condanna la parte privata che ha chiesto la revisione al pagamento delle spese processuali e, se è sospesa, dispone che sia ripresa l’esecuzione della pena o misura di sicurezza;
-
Accoglimento con la quale può revocare la sentenza di condanna o il decreto penale e pronuncia una sentenza di proscioglimento, enunciandone il motivo; ordinare la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento in carcere; ordinare la restituzione delle cose confiscate.
Ai sensi dell’art. 643 c.p.p. chi è stato prosciolto in sede di revisione ha diritto ad una riparazione dell’errore giudiziario commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena nonché alle conseguenze personali e familiari.
Le condizioni per la riparazione sono:
-
Il riconoscimento dell’errore giudiziario in sede di revisione del giudicato di condanna;
-
Errore non derivante da dolo e colpa grave del condannato ingiustamente
La domanda di riparazione deve essere proposta per iscritto, personalmente o tramite un procuratore speciale, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione e se il condannato è deceduto, il diritto alla riparazione spetta ai familiari indicati dall’art. 644 c.p.p.
La suddetta riparazione può essere:
-
Pecuniaria, indeterminata nel massimo e commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena e alle conseguenze personali e familiari;
-
Rendita vitalizia;
-
Ricovero in istituto a spese dello Stato.
Dott.ssa Claudia Bazzucchi
Revisione del processo penale: che cos'è? Come funziona?
La revisione è un mezzo di impugnazione straordinario previsto e disciplinato dagli artt. 629 e ss. c.p.p. volto ad ottenere un nuovo accertamento del fatto quando – dopo la condanna – intervengono delle sopravvenienze che giustificano il proscioglimento.
Costituisce impugnazione straordinaria non solo la revisione bensì anche il ricorso straordinario per cassazione e la rescissione del giudicato.
L’art. 629 c.p.p. individua quali presupposti di applicazione della revisione:
-
Una sentenza di condanna o di patteggiamento o un decreto penale di condanna;
-
Irrevocabilità di tali provvedimenti;
-
Sussistenza di uno dei casi di cui all’art. 630 c.p.p.
La straordinarietà della revisione risiede, appunto, nella possibilità di aggredire il giudicato senza limiti di tempo contrariamente per quanto accade con l’appello e il ricorso in cassazione che, invece, sono mezzi di impugnazione ordinaria.
Tuttavia, non sono soggette a revisione le ordinanze così come le sentenze di proscioglimento, di non luogo a procedere e quelle che applicano l’amnistia
La condizione per l’ammissibilità dell’impugnazione è da ravvisare nella sopravvenienza o comunque nella scoperta successiva di elementi di prova non soltanto nuovi, ma tali da rendere evidente che il condannato sia da assolvere dall’imputazione ritenuta a suo tempo.
In sostanza, ciò che è emendabile in sede di revisione è l’errore di fatto e non la valutazione del fatto e, cioè, l’errore intervenuto nella ricostruzione storica del fatto che, se corretto, permette di prosciogliere perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o si trattava di persona non imputabile o non punibile per altra ragione.
Non rilevano, quindi, l’eventuale estinzione della pena o l’avvenuta espiazione in quanto la funzione della revisione non è solo quella di concedere la libertà, ma restituire la dignità all’innocente ritenuto colpevole con sentenza irrevocabile.
La revisione può essere richiesta tassativamente solo nei casi individuati all’art. 630 c.p.p. che di seguito si riportano:
1. Inconciliabilità dei fatti che fondano la condanna con quelli accertati in un’altra sentenza penale irrevocabile (conflitto teorico di giudicati);
2. Sopravvenuta revoca della sentenza pregiudiziale, civile o amministrativa, su cui è fondata la condanna;
3. Sopravvenienza di nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano la necessità di un proscioglimento;
4. Condanna pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto come reato, quando la falsità è accertata con sentenza passata in giudicato ed ha avuto un effetto causale determinante sulla condanna;
Un ulteriore caso è quello della necessità di riaprire il processo al fine di conformarsi ad una sentenza di condanna definitiva della Corte EDU che condanni l’Italia per la violazione di norme CEDU relative al giusto processo.
I soggetti legittimati a presentare richiesta ai sensi dell’art. 632 c.p.p. sono:
-
Il condannato;
-
Un suo prossimo congiunto;
-
Il suo tutore;
-
L’erede del condannato deceduto o il suo prossimo congiunto;
-
Il PG presso la Corte d’Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di merito passata in giudicato.
La richiesta deve essere presentata personalmente o tramite procuratore speciale presso la Corte di Appello di un distretto diverso da quello in cui si è svolto il giudizio al fine di evitare influenze ambientali e tutelare la serenità del giudice.
La richiesta suddetta deve contenere le ragioni poste a fondamento e le prove che la giustificano, compresi – a pena di inammissibilità – gli elementi che, se accertati, dimostrano la necessità di un proscioglimento
Il giudizio è articolato su due fasi:
-
LA FASE RESCISSORIA: l’istanza di revisione va presentata presso la Corte di Appello del Giudice che ha emesso la condanna, la quale può avere diversi esiti:
-
La domanda è inammissibile se:
a. è proposta fuori dai casi consentiti dalla legge;
b. è proposta senza l’osservanza delle condizioni previste;
c. è manifestamente infondata.
L’inammissibilità è pronunciata con ordinanza ricorribile per cassazione che non preclude la possibilità di presentare una nuova richiesta basata su elementi diversi.
-
Ordinanza di ammissibilità, a seguito della quale il condannato riacquista la qualità di imputato.
-
LA FASE RESCINDENTE: è quella successiva che si svolge avanti al Giudice del primo grado e consta della nuova decisione a seguito degli elementi nuovi sui quali si basa la richiesta revisione.
All’esito del giudizio la Corte pronuncia una sentenza di:
-
Inammissibilità se la causa sia emersa nel corso del giudizio;
-
Rigetto con la quale il giudice condanna la parte privata che ha chiesto la revisione al pagamento delle spese processuali e, se è sospesa, dispone che sia ripresa l’esecuzione della pena o misura di sicurezza;
-
Accoglimento con la quale può revocare la sentenza di condanna o il decreto penale e pronuncia una sentenza di proscioglimento, enunciandone il motivo; ordinare la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento in carcere; ordinare la restituzione delle cose confiscate.
Ai sensi dell’art. 643 c.p.p. chi è stato prosciolto in sede di revisione ha diritto ad una riparazione dell’errore giudiziario commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena nonché alle conseguenze personali e familiari.
Le condizioni per la riparazione sono:
-
Il riconoscimento dell’errore giudiziario in sede di revisione del giudicato di condanna;
-
Errore non derivante da dolo e colpa grave del condannato ingiustamente
La domanda di riparazione deve essere proposta per iscritto, personalmente o tramite un procuratore speciale, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione e se il condannato è deceduto, il diritto alla riparazione spetta ai familiari indicati dall’art. 644 c.p.p.
La suddetta riparazione può essere:
-
Pecuniaria, indeterminata nel massimo e commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena e alle conseguenze personali e familiari;
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Dott.ssa Claudia Bazzucchi
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