
Cassata sentenza di appello per errore da "copia-incolla" in motivazione
La Suprema Corte di Cassazione è stata recentemente chiamata a pronunciarsi su un insolito caso di “copia e incolla” di una sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Torino: accogliendo i motivi di ricorso proposti dal difensore, il quale aveva denunciato l’omessa motivazione della sentenza di condanna in grado di appello, la Suprema Corte ha cassato la sentenza e disposto il rinvio alla Corte di Appello.
Il caso in esame riguardava quattro imputati che avevano offerto servizi di consulenza finanziaria e prestiti di denaro senza possedere l’abilitazione professionale e, soprattutto, con provvigioni e interessi che in alcuni casi arrivavano “fino al 60% del capitale finanziato”.
Ritenendo sussistenti tutti gli elementi costitutivi del reato di usura – previsto e punito dall’art. 644 c.p. – il Giudice di primo grado ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di tutti i co-imputati.
Il caso è giunto in appello e la Corte d’Appello di Torino, ravvisando l’infondatezza dei motivi di ricorso, decideva di confermare la sentenza di primo grado: caso strano, invero, all’interno di ben due pagine della parte motiva, la Corte faceva menzione di un altro soggetto – chiamato a rispondere per furto di un telefonino ai danni di una signora sul tram – il quale era del tutto estraneo rispetto alle vicende oggetto di giudizio.
La sentenza, superato l’impasse, riprendeva la disamina del caso di usura, fornendo idonea e pertinente motivazione alle ragioni che avevano indotto la Corte a rigettare il gravame in Appello.
Estese e depositate le motivazioni della sentenza, a rendersi conto di un tale errore è stato il difensore di uno degli imputati, che – per tale motivo – ha presentato ricorso in Cassazione ex art. 360 comma 1 n. 5 adducendo le seguenti motivazioni: “Appare ovvio che la motivazione della sentenza avversata si riferisce ad un altro procedimento, posto che essa conferma la condanna inflitta in primo grado a tale Alì […] Si è trattato probabilmente di un errore del redattore della sentenza, nell’uso dello strumento del cosiddetto copia-incolla”.
La Suprema Corte – ritenendo che la sentenza sembrerebbe essere oggettivamente affetta da un vizio di motivazione, chiaramente desumibile dal testo della sentenza – ha ritenuto una tale censura rientrante nel perimetro del sindacato di legittimità alla medesima affidato e, pertanto, ha accolto il ricorso e disponendo la restituzione degli atti alla corte d’Appello, nella medesima composizione, per la nuova redazione della sentenza.
Dott. Alberto Grassi

Cassata sentenza di appello per errore da "copia-incolla" in motivazione
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Il caso in esame riguardava quattro imputati che avevano offerto servizi di consulenza finanziaria e prestiti di denaro senza possedere l’abilitazione professionale e, soprattutto, con provvigioni e interessi che in alcuni casi arrivavano “fino al 60% del capitale finanziato”.
Ritenendo sussistenti tutti gli elementi costitutivi del reato di usura – previsto e punito dall’art. 644 c.p. – il Giudice di primo grado ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di tutti i co-imputati.
Il caso è giunto in appello e la Corte d’Appello di Torino, ravvisando l’infondatezza dei motivi di ricorso, decideva di confermare la sentenza di primo grado: caso strano, invero, all’interno di ben due pagine della parte motiva, la Corte faceva menzione di un altro soggetto – chiamato a rispondere per furto di un telefonino ai danni di una signora sul tram – il quale era del tutto estraneo rispetto alle vicende oggetto di giudizio.
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