Causa per danni morali: come chiedere risarcimento?

L’ordinamento giuridico italiano conosce due species del più ampio genus del danno ingiusto che determina l’obbligo risarcitorio, precipuamente disciplinato dall’articolo 2043 c.c., ai sensi del quale “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”: il danno patrimoniale e il danno non patrimoniale.

Il quadro giuridico entro il quale è possibile ricondurre il danno non patrimoniale – nel cui alveo si ascrive il danno morale – si arricchisce di un’ulteriore disposizione: l’articolo 2059 c.c. prevede, infatti, che “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.

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Prima di esaminare i requisiti che debbono sussistere affinché si possa chiedere, e conseguentemente ottenere, il risarcimento per il danno morale, occorre anzitutto chiarire che, secondo l’avallato orientamento delle SS. UU. della Corte di Cassazione, per “pregiudizio morale” deve intendersi “la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata” consistente in “un turbamento dell’anima, di un dolore sofferto, che non abbia generato degenerazioni patologiche della sofferenza.

Il danno morale può, dunque, configurarsi ogni qualvolta la dignità o l’integrità morale o lo stato psichico di un individuo vengano lesi a seguito di una condotta illecita.

Ad ogni modo, il risarcimento per danno morale è possibile qualora sussistano determinate condizioni, non essendo sufficiente, ai fini risarcitori, il verificarsi del mero turbamento psicologico: in primo luogo, il danno morale è risarcibile quando la condotta violativa di una norma costituente illecito incide su valori della persona garantiti dalla Carta costituzionale italiana, quali ad esempio, il diritto alla salute o il diritto all’identità personale; in secundis, quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato.

Inoltre, il danno morale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile anche quando non sussiste un fatto-reato o non ricorre nessuna delle ipotesi in cui la legge ammette apertis verbis il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a condizione che:

– l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale

– la lesione sia grave ed ecceda il limite imposto dalla soglia minima di tollerabilità

– il danno non sia futile

La Suprema Corte, pur riconoscendo l’unitarietà ontologica della natura del danno non patrimoniale, ha ribadito, da ultimo, l’autonomia della forma risarcitoria del danno morale.

In buona sostanza, sebbene non possa essere revocato in alcun dubbio che il danno non patrimoniale costituisca una categoria unitaria, al cui interno viene ricompresa ogni ipotesi di lesione di un valore inerente la persona, non connotato da rilevanza economica, e che presenti una struttura tripartita (estrinsecandosi nelle tre tipologie del danno morale, del danno biologico e del danno esistenziale), la risarcibilità del danno morale, avendo quest’ultimo ormai perso la dimensione di danno-conseguenza, può avvenire indipendentemente dall’esistenza di un danno biologico.

Tuttavia, il risarcimento del danno morale, anche quando consegua alla lesione di un diritto inviolabile della persona, non è in re ipsa: colui che ne chiede la risarcibilità deve infatti ottemperare ad un onere probatorio, anche mediante il ricorso alle c.d. presunzioni semplici.

In tal senso, gli Ermellini hanno affermato che “pur essendo possibile ottenere il risarcimento dei danni morali in via autonoma e distinta dal risarcimento dei danni fisici, occorre, però, che le prove prodotte dal danneggiato siano utili a determinare la presenza di una sofferenza, diversa dal danno biologico, causata dalle lesioni subite” (così Cass. n. 339/2016).

 

Dott.ssa Camilla Di Giammarco