Ancora una volta lo Studio Scicchitano ha trionfato in aula
Con sentenza n. 509/2021 la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Lazio ha stabilito che al conferimento degli incarichi legali non si applica la disciplina degli appalti pubblici
Nell’ambito del giudizio n. 77514 la Procura regionale della Corte dei Conti ha contestato ai convenuti (tutti tra le cariche più importanti della Consip S.p.A) l’esistenza di un presunto danno erariale conseguente alla illegittimità dell’affidamento di incarichi professionali a dei legali esterni.
La Procura sosteneva che non vi fosse stata una previa verifica, all’interno della società, di risorse idonee a svolgere l’attività legale e che, nella scelta dei legali esterni, non erano stati garantiti i principi di trasparenza, imparzialità ed economicità.
Tuttavia, il Collegio non ha ritenuto fondata la domanda per una serie di aspetti che verranno analizzati nel prosieguo, ovvero:
– per legittimità degli affidamenti effettuati sotto il profilo triplice della non necessità di una procedura concorrenziale per affidarli, del rispetto nell’affidamento dei criteri di trasparenza ed economicità e per l’inesistenza di personale interno all’ente idoneo a svolgere le attività svolte dai legali esterni.
Nelle proprie argomentazioni, la Corte dei Conti-Sezione Giurisdizionale Lazio ha richiamato espressamente la deliberazione n. 6/2005 delle SS. RR. Della Corte dei Conti in materia di affidamento di incarichi di ricerca, studio e consulenza nella quale chiaramente si afferma che sono esclusi dai limiti di spesa sostenibile da parte delle PP.AA (legge finanziaria n. 311/2004) le attività di rappresentanza in giudizio ed il patrocinio legale a favore delle amministrazioni.
Inoltre, si afferma che gli incarichi legali non sono associabili alle consulenze esterne alle quali invece si applica il regime dell’art. 7 comma 6 del d.lgs. 165/2001 e dell’art. 10 comma 6 del TUEL 267/2000.
Gli incarichi legali, alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V n. 2730/2012; Comm. Speciale n. 2109/2017 e n. 22017/2018) e degli indirizzi dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, sono inquadrabili tra le prestazioni di lavoro autonomo professionale il cui affidamento è comunque caratterizzato da un forte elemento fiduciario.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006 l’affidamento di un servizio legale era soggetto all’applicazione del codice degli appalti, seppur limitatamente al regime di affidamento semplificato (di cui agli art. 20 e 27), mentre era stato escluso il singolo incarico di patrocinio occasionato da puntuali esigenze di difesa.
Ciò sulla base di una interpretazione del Consiglio di Stato che effettuava una distinzione tra attività di assistenza e consulenza giuridica qualificabile come appalto di servizio ed il contratto finalizzato alla sola difesa tecnica, escluso dalla disciplina degli appalti in quanto rientrante nel contratto di prestazione d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c..
Il D.lgs. 50 del 2016 e la giurisprudenza del giudice amministrativo hanno rimarcato la distinzione tra contratti di opera intellettuale di cui all’art. 2229 e ss del c.c.( per i quali era stata sottolineata l’importanza dell’elemento fiduciario nell’affidamento dell’incarico di patrocinio) e gli incarichi legali di consulenza ed assistenza a contenuto complesso inseriti in un quadro articolato di attività professionali organizzate, cui si applicano le norme del codice dei contratti sia pur semplificate.
Da una lettura sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, è possibile comprendere come il legislatore della riforma, con il richiamo all’art. 4 abbia inteso invocare il rispetto generale dei principi generali che regolano l’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione, senza tuttavia escludere la possibilità di un affidamento diretto e fiduciario dei servizi legali.
In aggiunta, è opportuno sottolineare che sulla sulla materia degli incarichi di patrocinio legale, è intervenuto anche il giudice comunitario il quale nell’ambito della causa C-265/18 del 6 giugno 2019, ha chiarito che:
“A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24 non esclude dall’ambito di applicazione di detta direttiva tutti i servizi che possono essere forniti da un avvocato a un’amministrazione aggiudicatrice, ma unicamente la rappresentanza legale del suo cliente nell’ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita nell’ambito della preparazione o dell’eventualità di un siffatto procedimento. Simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza”.
Dunque il carattere fiduciario di queste prestazioni, comporta che:
“da un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla libera scelta del difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile la descrizione della qualità che si attende dai servizi da prestare. Dall’altro, la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente … potrebbe essere minacciata dall’obbligo, incombente sull’amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni”.
Inoltre, i tariffari dei quattro legali esterni in questione erano inferiori ai minimi tariffari, per poi essere ulteriormente ridotti.
Pertanto, i compensi degli stessi erano da considerarsi equi.
Dunque, la Corte dei Conti ha ampiamente riconosciuto che la Società altro non poteva fare se non rivolgersi a quattro legali esterni di fiducia per essere difesa nei contenziosi che la riguardavano, non godendo di alcuna Avvocatura interna e non potendo, i suoi funzionari con laurea in giurisprudenza, rappresentarla poiché non iscritti presso l’Albo speciale dei Cassazionisti, condizione necessaria per patrocinare dinanzi alle giurisdizioni superiori quali il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione.
Sulla base di tali argomentazioni, la Corte dei Conti ha rigettato la domanda della Procura e condannato la stessa alla refusione delle spese di giudizio.
Ancora una volta lo Studio Scicchitano ha trionfato in aula
Con sentenza n. 509/2021 la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Lazio ha stabilito che al conferimento degli incarichi legali non si applica la disciplina degli appalti pubblici
Nell’ambito del giudizio n. 77514 la Procura regionale della Corte dei Conti ha contestato ai convenuti (tutti tra le cariche più importanti della Consip S.p.A) l’esistenza di un presunto danno erariale conseguente alla illegittimità dell’affidamento di incarichi professionali a dei legali esterni.
La Procura sosteneva che non vi fosse stata una previa verifica, all’interno della società, di risorse idonee a svolgere l’attività legale e che, nella scelta dei legali esterni, non erano stati garantiti i principi di trasparenza, imparzialità ed economicità.
Tuttavia, il Collegio non ha ritenuto fondata la domanda per una serie di aspetti che verranno analizzati nel prosieguo, ovvero:
– per legittimità degli affidamenti effettuati sotto il profilo triplice della non necessità di una procedura concorrenziale per affidarli, del rispetto nell’affidamento dei criteri di trasparenza ed economicità e per l’inesistenza di personale interno all’ente idoneo a svolgere le attività svolte dai legali esterni.
Nelle proprie argomentazioni, la Corte dei Conti-Sezione Giurisdizionale Lazio ha richiamato espressamente la deliberazione n. 6/2005 delle SS. RR. Della Corte dei Conti in materia di affidamento di incarichi di ricerca, studio e consulenza nella quale chiaramente si afferma che sono esclusi dai limiti di spesa sostenibile da parte delle PP.AA (legge finanziaria n. 311/2004) le attività di rappresentanza in giudizio ed il patrocinio legale a favore delle amministrazioni.
Inoltre, si afferma che gli incarichi legali non sono associabili alle consulenze esterne alle quali invece si applica il regime dell’art. 7 comma 6 del d.lgs. 165/2001 e dell’art. 10 comma 6 del TUEL 267/2000.
Gli incarichi legali, alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V n. 2730/2012; Comm. Speciale n. 2109/2017 e n. 22017/2018) e degli indirizzi dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, sono inquadrabili tra le prestazioni di lavoro autonomo professionale il cui affidamento è comunque caratterizzato da un forte elemento fiduciario.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006 l’affidamento di un servizio legale era soggetto all’applicazione del codice degli appalti, seppur limitatamente al regime di affidamento semplificato (di cui agli art. 20 e 27), mentre era stato escluso il singolo incarico di patrocinio occasionato da puntuali esigenze di difesa.
Ciò sulla base di una interpretazione del Consiglio di Stato che effettuava una distinzione tra attività di assistenza e consulenza giuridica qualificabile come appalto di servizio ed il contratto finalizzato alla sola difesa tecnica, escluso dalla disciplina degli appalti in quanto rientrante nel contratto di prestazione d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c..
Il D.lgs. 50 del 2016 e la giurisprudenza del giudice amministrativo hanno rimarcato la distinzione tra contratti di opera intellettuale di cui all’art. 2229 e ss del c.c.( per i quali era stata sottolineata l’importanza dell’elemento fiduciario nell’affidamento dell’incarico di patrocinio) e gli incarichi legali di consulenza ed assistenza a contenuto complesso inseriti in un quadro articolato di attività professionali organizzate, cui si applicano le norme del codice dei contratti sia pur semplificate.
Da una lettura sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, è possibile comprendere come il legislatore della riforma, con il richiamo all’art. 4 abbia inteso invocare il rispetto generale dei principi generali che regolano l’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione, senza tuttavia escludere la possibilità di un affidamento diretto e fiduciario dei servizi legali.
In aggiunta, è opportuno sottolineare che sulla sulla materia degli incarichi di patrocinio legale, è intervenuto anche il giudice comunitario il quale nell’ambito della causa C-265/18 del 6 giugno 2019, ha chiarito che:
“A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24 non esclude dall’ambito di applicazione di detta direttiva tutti i servizi che possono essere forniti da un avvocato a un’amministrazione aggiudicatrice, ma unicamente la rappresentanza legale del suo cliente nell’ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita nell’ambito della preparazione o dell’eventualità di un siffatto procedimento. Simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza”.
Dunque il carattere fiduciario di queste prestazioni, comporta che:
“da un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla libera scelta del difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile la descrizione della qualità che si attende dai servizi da prestare. Dall’altro, la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente … potrebbe essere minacciata dall’obbligo, incombente sull’amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni”.
Inoltre, i tariffari dei quattro legali esterni in questione erano inferiori ai minimi tariffari, per poi essere ulteriormente ridotti.
Pertanto, i compensi degli stessi erano da considerarsi equi.
Dunque, la Corte dei Conti ha ampiamente riconosciuto che la Società altro non poteva fare se non rivolgersi a quattro legali esterni di fiducia per essere difesa nei contenziosi che la riguardavano, non godendo di alcuna Avvocatura interna e non potendo, i suoi funzionari con laurea in giurisprudenza, rappresentarla poiché non iscritti presso l’Albo speciale dei Cassazionisti, condizione necessaria per patrocinare dinanzi alle giurisdizioni superiori quali il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione.
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