Revoca dell'assegno di mantenimento – Ordinanza Cassazione N. 2653/2021
L’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 2653/2021 statuisce la revoca dell’assegno di mantenimento al coniuge richiedente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo non provveda a rinvenire un’occupazione a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Nel caso di specie i Giudici di Prime Cure avevano statuito che il marito dovesse corrispondere all’ex moglie un assegno divorzile pari ad € 200,00 mensili.
Conseguentemente, il coniuge obbligato al pagamento della suddetta cifra, ha impugnato la Pronuncia di primo grado dinanzi alla Corte D’Appello di Torino , la quale, con la pronuncia n. 1427/2018 (depositata il 31/07/2018), ha revocato il suddetto assegno divorzile.
Alla luce di quanto ora narrato, la ex moglie ha presentato Ricorso per Cassazione avverso la sentenza sopra citata.
Quest’ultimo è stato articolato in 6 motivi:
1) Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione per non aver tenuto conto, nell’adottare la statuizione in esame, del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Tale motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dagli ermellini in considerazione del fatto che la decisione assunta dalla Corte D’Appello di Torino ha considerato che la famiglia, in costanza di matrimonio, non godesse di un tenore di vita elevato. Si precisa che la ricorrente non ha provveduto a smentire tale circostanza.
2) Violazione dell’art. 5 della legge n. 898/1970 per avere la Corte territoriale revocato l’assegno di mantenimento divorzile considerando, solamente, che la moglie non aveva fornito un adeguato supporto probatorio alla sua richiesta e che la stessa appariva astrattamente idonea allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Anche tale motivo di ricorso è stato ritenuto infondato, sul presupposto che, in realtà, la revoca si è verificata non solo per i motivi sopra elencati, ma anche in ragione dell’intervenuta convivenza more uxorio intrapresa dalla ricorrente.
3) Omesso esame delle risultanze di causa e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, lamentando che la Corte D’Appello non abbia tenuto conto dell’aumento dell’età della ricorrente e della difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro, dal quale si era allontanata da circa 20 anni.
4) La Corte D’Appello di Torino non ha tenuto in considerazione la circostanza che, anche ove la resistente avesse ripreso a svolgere l’attività lavorativa, ciò comunque non le avrebbe assicurato un’indipendenza economica.
I motivi sopra indicati con i numeri 3) e 4), sono stati ritenuti dalla Suprema Corte inammissibili, atteso che la Corte territoriale ha certamente tenuto presente l’età della moglie (46 anni), ma l’ha ritenuta non particolarmente avanzata. Questo anche stante l’assenza di patologie o condizioni di salute tali da ostare allo svolgimento dell’attività lavorativa da costei precedentemente effettuata, ossia quella di addetta alle pulizie.
La Corte territoriale, inoltre, ha considerato la complessiva situazione economica della richiedente e la sussistenza di un atteggiamento rinunciatario di quest’ultima nel rinvenire un’attività lavorativa.
5) Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in merito al mancato riconoscimento del richiesto assegno alimentare ex art. 433 cod. civ.
Anche tale motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile, stante la circostanza che tale domanda non era stata proposta al giudice di merito, e non erano pervenute indicazioni di segno opposto da parte della ricorrente.
6) Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in merito all’accertamento della convivenza more uxorio e violazione delle norme sulla formazione della prova e del diritto alla difesa.
Gli ermellini hanno ritenuto tale motivo inammissibile, in virtù del fatto che, contrariamente a quanto sostenuto dall’odierna ricorrente, vi sono degli elementi che la Corte ha collegato fra di loro, dai quali si deduce chiaramente la convivenza more uxorio della donna.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, per tutte le ragioni sin ora esposte, confermando quindi il principio secondo cui deve essere revocato l’assegno di mantenimento nell’ipotesi in cui il coniuge richiedente non cerchi un’occupazione lavorativa.
Revoca dell'assegno di mantenimento – Ordinanza Cassazione N. 2653/2021
L’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 2653/2021 statuisce la revoca dell’assegno di mantenimento al coniuge richiedente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo non provveda a rinvenire un’occupazione a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Nel caso di specie i Giudici di Prime Cure avevano statuito che il marito dovesse corrispondere all’ex moglie un assegno divorzile pari ad € 200,00 mensili.
Conseguentemente, il coniuge obbligato al pagamento della suddetta cifra, ha impugnato la Pronuncia di primo grado dinanzi alla Corte D’Appello di Torino , la quale, con la pronuncia n. 1427/2018 (depositata il 31/07/2018), ha revocato il suddetto assegno divorzile.
Alla luce di quanto ora narrato, la ex moglie ha presentato Ricorso per Cassazione avverso la sentenza sopra citata.
Quest’ultimo è stato articolato in 6 motivi:
1) Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione per non aver tenuto conto, nell’adottare la statuizione in esame, del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Tale motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dagli ermellini in considerazione del fatto che la decisione assunta dalla Corte D’Appello di Torino ha considerato che la famiglia, in costanza di matrimonio, non godesse di un tenore di vita elevato. Si precisa che la ricorrente non ha provveduto a smentire tale circostanza.
2) Violazione dell’art. 5 della legge n. 898/1970 per avere la Corte territoriale revocato l’assegno di mantenimento divorzile considerando, solamente, che la moglie non aveva fornito un adeguato supporto probatorio alla sua richiesta e che la stessa appariva astrattamente idonea allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Anche tale motivo di ricorso è stato ritenuto infondato, sul presupposto che, in realtà, la revoca si è verificata non solo per i motivi sopra elencati, ma anche in ragione dell’intervenuta convivenza more uxorio intrapresa dalla ricorrente.
3) Omesso esame delle risultanze di causa e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, lamentando che la Corte D’Appello non abbia tenuto conto dell’aumento dell’età della ricorrente e della difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro, dal quale si era allontanata da circa 20 anni.
4) La Corte D’Appello di Torino non ha tenuto in considerazione la circostanza che, anche ove la resistente avesse ripreso a svolgere l’attività lavorativa, ciò comunque non le avrebbe assicurato un’indipendenza economica.
I motivi sopra indicati con i numeri 3) e 4), sono stati ritenuti dalla Suprema Corte inammissibili, atteso che la Corte territoriale ha certamente tenuto presente l’età della moglie (46 anni), ma l’ha ritenuta non particolarmente avanzata. Questo anche stante l’assenza di patologie o condizioni di salute tali da ostare allo svolgimento dell’attività lavorativa da costei precedentemente effettuata, ossia quella di addetta alle pulizie.
La Corte territoriale, inoltre, ha considerato la complessiva situazione economica della richiedente e la sussistenza di un atteggiamento rinunciatario di quest’ultima nel rinvenire un’attività lavorativa.
5) Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in merito al mancato riconoscimento del richiesto assegno alimentare ex art. 433 cod. civ.
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