Omessa dichiarazione: il nuovo amministratore responsabile anche per gli errori precedenti
Il nuovo rappresentante di una società, che subentra nella carica di amministratore è tenuto ad analizzare e verificare la contabilità, i bilanci e le ultime dichiarazioni dei redditi potendo incorrere nel reato di omessa presentazione della dichiarazione fiscale, oltre che di mancato versamento delle imposte.
A sancirlo è la Corte di Cassazione, Sezione III penale, nella sentenza n. 39230 del 29 agosto 2018.
Il caso de quo fonda le basi su un ricorso presentato da un neo amministratore di una S.r.l., il quale era stato condannato dalla Corte d’appello di Milano per il reato di omessa dichiarazione Ires e Iva (art. 5 DLgs. 74/2000) per il 2011 – anno del conferimento del suo incarico – e per i precedenti periodi di imposta.
Il nuovo rappresentante, pertanto, era ricorso per cassazione per violazione di legge e per vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa la valutazione dei fatti (art. 606 c.p.p.), eccependo che il proprio incarico era stato assunto solo ad ottobre dell’anno in questione e che, dunque, non poteva rispondere delle omissioni commesse dal precedente amministratore.
Con la pronuncia n. 39230/2018, in esame, il Collegio ha rigettato il ricorso proposto dall’amministratore. Più nel dettaglio, la Suprema Corte ha evidenziato – prendendo le mosse dalle motivazioni del giudice di merito – che ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di omessa dichiarazione fiscale, occorre semplicemente il mancato adempimento dichiarativo con il fine di evadere le imposte e il superamento della soglia di punibilità, facilmente rintracciabile nel caso in esame.
Hanno evidenziato i giudici di legittimità, infatti, che l’amministratore di una società che assume la carica di legale rappresentante pro-tempore “accetta volontariamente anche le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze”.
Di conseguenza nel momento in cui qualsiasi amministratore accetta un incarico è indispensabile che ponga in essere un’attività ricognitiva volta a rilevare almeno le più evidenti anomalie contabili e fiscali in modo da evitare, in futuro, contestazioni sull’operato altrui e possibili reati a lui ascritti. Nel caso in questione, invece, si è rilevato come il neo amministratore abbia consapevolmente omesso di esercitare i propri doveri impostigli dalla legge in materia contabile e abbia accettato il rischio – dolo eventuale – che, anche a causa della sua condotta omissiva, potesse essere integrato il reato di omessa dichiarazione.
A detta della Suprema Corte tale attività ricognitiva è necessaria, soprattutto, per quei delitti per i quali, con un minimo di diligenza, il subentrante possa essere in condizione di poter facilmente verificare la sussistenza di violazioni ed omissioni (es. la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli anni di imposta precedenti oppure la verifica dell’esistenza di redditi o operazioni imponibili) o meno.
Dott.ssa Chiara Cavallaro
Omessa dichiarazione: il nuovo amministratore responsabile anche per gli errori precedenti
Il nuovo rappresentante di una società, che subentra nella carica di amministratore è tenuto ad analizzare e verificare la contabilità, i bilanci e le ultime dichiarazioni dei redditi potendo incorrere nel reato di omessa presentazione della dichiarazione fiscale, oltre che di mancato versamento delle imposte.
A sancirlo è la Corte di Cassazione, Sezione III penale, nella sentenza n. 39230 del 29 agosto 2018.
Il caso de quo fonda le basi su un ricorso presentato da un neo amministratore di una S.r.l., il quale era stato condannato dalla Corte d’appello di Milano per il reato di omessa dichiarazione Ires e Iva (art. 5 DLgs. 74/2000) per il 2011 – anno del conferimento del suo incarico – e per i precedenti periodi di imposta.
Il nuovo rappresentante, pertanto, era ricorso per cassazione per violazione di legge e per vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa la valutazione dei fatti (art. 606 c.p.p.), eccependo che il proprio incarico era stato assunto solo ad ottobre dell’anno in questione e che, dunque, non poteva rispondere delle omissioni commesse dal precedente amministratore.
Con la pronuncia n. 39230/2018, in esame, il Collegio ha rigettato il ricorso proposto dall’amministratore. Più nel dettaglio, la Suprema Corte ha evidenziato – prendendo le mosse dalle motivazioni del giudice di merito – che ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di omessa dichiarazione fiscale, occorre semplicemente il mancato adempimento dichiarativo con il fine di evadere le imposte e il superamento della soglia di punibilità, facilmente rintracciabile nel caso in esame.
Hanno evidenziato i giudici di legittimità, infatti, che l’amministratore di una società che assume la carica di legale rappresentante pro-tempore “accetta volontariamente anche le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze”.
Di conseguenza nel momento in cui qualsiasi amministratore accetta un incarico è indispensabile che ponga in essere un’attività ricognitiva volta a rilevare almeno le più evidenti anomalie contabili e fiscali in modo da evitare, in futuro, contestazioni sull’operato altrui e possibili reati a lui ascritti. Nel caso in questione, invece, si è rilevato come il neo amministratore abbia consapevolmente omesso di esercitare i propri doveri impostigli dalla legge in materia contabile e abbia accettato il rischio – dolo eventuale – che, anche a causa della sua condotta omissiva, potesse essere integrato il reato di omessa dichiarazione.
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