Riforma Cartabia: ecco quando l'appello è inammissibile
L’atto di appello, quale mezzo ordinario di impugnazione avverso le sentenze emesse in primo grado, è disciplinato dall’articolo 342 c.p.c. novellato dalla Riforma Cartabia ed in vigore dal 28.02.2023.
La novità introdotta dalla nota Riforma Cartabia afferisce ai motivi dell’atto di appello che differentemente rispetto il passato non devono più contenere “l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare”; viceversa, l’atto di appello dal 28.02.2023 dovrà contenere, ex articolo 342 c.p.c. – oltre alle indicazioni di cui all’articolo 163 c.p.c. – anche e soprattutto a pena di inammissibilità:
1) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;
2) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
3) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Quindi, l’atto di appello deve esporre i motivi che devono essere indicati in modo chiaro, sintetico e specifico; attraverso l’esposizione dei motivi l’appellante deve fare comprendere al Giudice d’appello quale sia la violazione di legge o l’errata motivazione in cui il Giudice di primo grado è incorso; errore che però deve essere ritenuto rilevante ai fini della decisione impugnata e tale da portare ad una soluzione differente rispetto quella adottata in primo grado.
Anche l’articolo 348 bis c.p.c. ha subito una modifica con la Riforma Cartabia laddove al quarto comma è stato previsto che : “quando ravvisa che l’impugnazione è inammissibile o manifestamente infondata, il Giudice dispone la discussione orale della causa secondo quanto previsto dall’articolo 350 bis. Se è proposta impugnazione incidentale si provvede ai sensi del primo comma solo quando i presupposti ivi indicati ricorrono sia per l’impugnazione principale che per quella incidentale. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazione comunque proposte contro la sentenza”.
In sostanza, in precedenza, la Corte d’Appello – con ordinanza succintamente motivata– dichiarava l’inammissibilità quando l’appello “non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”; era quindi stato istituito un filtro di inammissibilità preventivo.
Con la Riforma Cartabia (e la nuova formulazione dell’articolo 348 bis c.p.c.) si è inteso risolvere con sentenza le questioni di inammissibilità dell’appello comprese quelle per manifesta infondatezza dello stesso introducendo un percorso decisorio semplificato in quanto il giudice dispone (nei casi di cui all’articolo 348 bis c.p.c.) la discussione orale della causa secondo quanto previsto dall’articolo 350 bis; quindi, nei casi di inammissibilità e di manifesta infondatezza dell’appello (ex articolo 348 bis c.p.c. nuova formulazione) il legislatore ha ritenuto che fosse più opportuno pervenire alla definizione del giudizio di appello già nella fase iniziale consentendo alle parti di discutere oralmente le ragioni favorevoli o contrarie ad un tale esito.
La sentenza di inammissibilità è comunque ricorribile in Cassazione.
Avv. MARIA RAFFAELLA TALOTTA
Dott.ssa CLAUDIA BAZZUCCHI
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L’atto di appello, quale mezzo ordinario di impugnazione avverso le sentenze emesse in primo grado, è disciplinato dall’articolo 342 c.p.c. novellato dalla Riforma Cartabia ed in vigore dal 28.02.2023.
La novità introdotta dalla nota Riforma Cartabia afferisce ai motivi dell’atto di appello che differentemente rispetto il passato non devono più contenere “l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare”; viceversa, l’atto di appello dal 28.02.2023 dovrà contenere, ex articolo 342 c.p.c. – oltre alle indicazioni di cui all’articolo 163 c.p.c. – anche e soprattutto a pena di inammissibilità:
1) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;
2) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
3) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Quindi, l’atto di appello deve esporre i motivi che devono essere indicati in modo chiaro, sintetico e specifico; attraverso l’esposizione dei motivi l’appellante deve fare comprendere al Giudice d’appello quale sia la violazione di legge o l’errata motivazione in cui il Giudice di primo grado è incorso; errore che però deve essere ritenuto rilevante ai fini della decisione impugnata e tale da portare ad una soluzione differente rispetto quella adottata in primo grado.
Anche l’articolo 348 bis c.p.c. ha subito una modifica con la Riforma Cartabia laddove al quarto comma è stato previsto che : “quando ravvisa che l’impugnazione è inammissibile o manifestamente infondata, il Giudice dispone la discussione orale della causa secondo quanto previsto dall’articolo 350 bis. Se è proposta impugnazione incidentale si provvede ai sensi del primo comma solo quando i presupposti ivi indicati ricorrono sia per l’impugnazione principale che per quella incidentale. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazione comunque proposte contro la sentenza”.
In sostanza, in precedenza, la Corte d’Appello – con ordinanza succintamente motivata– dichiarava l’inammissibilità quando l’appello “non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”; era quindi stato istituito un filtro di inammissibilità preventivo.
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