Confisca beni del legale rappresentante per reati tributari: cosa dice la Cassazione
Protagonista del focus odierno è la pronuncia n. 39115 del 2023, propria della Corte di Cassazione, terza sezione penale.
Oggetto di tale decisione è il blocco della confisca dei beni del legale rappresentante, per reati tributari, in caso di prescrizione.
In quanto misura di sicurezza patrimoniale, la confisca si applica anche in caso di prescrizione del reato, ad eccezione del caso di appartenenza del bene a persona estranea al reato e sempre che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio.
Nei reati tributari il profitto è perlopiù costituito dal risparmio di spesa derivante dall’omesso pagamento dell’imposta dovuta (o, come nel caso di specie, dall’omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte ai sostituiti).
La Legge Finanziaria del 2008 aveva esteso ai reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000 le disposizioni dell’art. 322-ter c.p. in materia di confisca obbligatoria del profitto e/o del prezzo del reato ovvero dei beni dei quali il reo avesse la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Diventava così obbligatoria la confisca del profitto del reato, non solo del prezzo; restava facoltativa la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.
Nonostante la sua natura obbligatoria, la confisca in questo caso restava (e resta) comunque una misura di sicurezza, soggetta alle regole che disciplinano le misure di sicurezza patrimoniali, prima tra tutte quella che la rende impermeabile all’estinzione del reato e, dunque, applicabile anche in caso di prescrizione.
Restava comunque esclusa la possibilità di confiscare il profitto o il prezzo se appartenenti a persona estranea al reato: in tema di reati tributari si è al riguardo affermato che l’ente non è una persona estranea al detto reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, sicchè è legittima la confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità della persona giuridica stessa.
Discorso diverso, invece, va fatto in ordine alla confisca per equivalente, in riferimento alla quale non vale opporre la capienza dell’ente: è, infatti, necessario spiegare dove si trovi il profitto inutilmente cercato e non rinvenuto.
Di certo la confisca per equivalente non può essere disposta direttamente nei confronti dell’imputato se prima non si dà conto del mancato rinvenimento del profitto presso l’ente.
La confisca di cui all’art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000 si pone, dunque, in linea di continuità con quella precedentemente introdotta ma con due sole eccezioni: la sua applicabilità a tutti i reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000; e la sua inoperatività per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario.
Nel caso di specie il Tribunale aveva disposto la confisca del profitto del reato direttamente nei confronti della società che aveva tratto vantaggio dalla condotta illecita del suo amministratore e, solo in caso di impossibilità, nei confronti dell’imputato (nella forma per equivalente).
Orbene, in tal caso, la prescrizione non osta all’applicazione della confisca diretta del profitto nei confronti della società per le ragioni sopra indicate.
In conclusione, entrando più nello specifico della questione, emerge come il richiamo contenuto nell’art. 578-bis cod. proc. pen. alla confisca “prevista da altre disposizioni di legge”, siccome formulato senza ulteriori specificazioni, abbia una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale.
La norma è dunque applicabile anche alla confisca di cui all’art. 12-bis, D.Lgs. n. 74 del 2000, ma, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, non per i fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore.
Dott. Cesare Cara
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In quanto misura di sicurezza patrimoniale, la confisca si applica anche in caso di prescrizione del reato, ad eccezione del caso di appartenenza del bene a persona estranea al reato e sempre che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio.
Nei reati tributari il profitto è perlopiù costituito dal risparmio di spesa derivante dall’omesso pagamento dell’imposta dovuta (o, come nel caso di specie, dall’omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte ai sostituiti).
La Legge Finanziaria del 2008 aveva esteso ai reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000 le disposizioni dell’art. 322-ter c.p. in materia di confisca obbligatoria del profitto e/o del prezzo del reato ovvero dei beni dei quali il reo avesse la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Diventava così obbligatoria la confisca del profitto del reato, non solo del prezzo; restava facoltativa la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.
Nonostante la sua natura obbligatoria, la confisca in questo caso restava (e resta) comunque una misura di sicurezza, soggetta alle regole che disciplinano le misure di sicurezza patrimoniali, prima tra tutte quella che la rende impermeabile all’estinzione del reato e, dunque, applicabile anche in caso di prescrizione.
Restava comunque esclusa la possibilità di confiscare il profitto o il prezzo se appartenenti a persona estranea al reato: in tema di reati tributari si è al riguardo affermato che l’ente non è una persona estranea al detto reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, sicchè è legittima la confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità della persona giuridica stessa.
Discorso diverso, invece, va fatto in ordine alla confisca per equivalente, in riferimento alla quale non vale opporre la capienza dell’ente: è, infatti, necessario spiegare dove si trovi il profitto inutilmente cercato e non rinvenuto.
Di certo la confisca per equivalente non può essere disposta direttamente nei confronti dell’imputato se prima non si dà conto del mancato rinvenimento del profitto presso l’ente.
La confisca di cui all’art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000 si pone, dunque, in linea di continuità con quella precedentemente introdotta ma con due sole eccezioni: la sua applicabilità a tutti i reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000; e la sua inoperatività per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario.
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