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Whistleblowing: cos'è e perché se ne parla
È imminente l’entra in vigore del decreto legislativo del 10 marzo 2023 n. 24, attuativo della Direttiva Europea 2019/1937, il quale ha l’obiettivo di regolare in maniera puntuale e specifica – sopperendo ad un precedente sistema frammentario – il fenomeno del c.d. whistleblowing.
Predetto termine, di origine anglosassone, individua il fenomeno volto alla protezione delle persone che, all’interno di contesti aziendali, segnalano violazioni e/o illeciti inerenti allo svolgimento dell’attività lavorativa; tali segnalazioni vengono rese mediante canali determinati e, in forza di una procedura, ben delineata.
Il decreto in questione – la cui attuazione era attesa per la fine del 2021 – ha l’obiettivo di riorganizzare e regolare l’inorganica legislazione di un sistema fondato sulla L. 179/2017, la quale era intervenuta dapprima sull’art. 54 bis del D.Lgs. 165/2001 per il pubblico impiego e, in seguito, sull’art. 6 del D.Lgs. 231/2001 per l’impiego privato.
L’ottica di unificazione normativa verte sulla necessità di eliminare l’attuale distinzione tra impiego pubblico e privato, stabilendo che qualsiasi lavoratore, il quale venga a conoscenza della commissione di reati consumati in ambito lavorativo, possa segnalare gli illeciti attraverso precise modalità tra di esse non facoltative ma, graduate.
I canali di segnalazione stabiliti dal D. Lgs. n. 24 del 2023 sono quattro, disciplinati rispettivamente dagli artt. 4, 16 ultimo comma, 15 e 16 primo comma.
In particolare, si prevede:
- la segnalazione interna rivolta ai soggetti presenti in azienda e deputati a riceverla, in base al modello organizzativo di riferimento;
- la segnalazione esterna, le cui destinatarie sono da individuarsi nell’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione e nelle istituzioni Europee;
- la divulgazione pubblica mediante il mezzo della stampa o altri mezzi di diffusione;
- la denuncia presentata alle autorità competenti
Il fulcro centrale della disciplina del whistleblowing risiede nella necessità di tutelare il whistleblower – soggetto che provvede alla segnalazione – da possibili attività ritorsive che potrebbero estrinsecarsi sul luogo di lavoro in ragione della segnalazione stessa; è perciò fondamentale garantire, non solo la riservatezza dell’oggetto su cui la segnalazione stessa verte quanto il soggetto segnalante, attraverso sistemi di minimizzazione del trattamento dei dati e di limitazioni nella loro conservazione per un periodo necessario a svolgere gli accertamenti necessari attinenti l’illecito segnalato.
Elemento peculiare del Decreto in esame si innesta nell’introduzione di un catalogo di atti e comportamenti – c.d. black list – i quali, laddove posti in essere nella prassi, assumono connotati ritorsivi. Tra di essi si possono individuare, ad esempio, i cambiamenti di orario lavorativo, il mutamento del luogo di lavoro ovvero la mancanza di promozioni.
Per far fronte a tale pericolo, il D. Lgs. 24/2023 prevede misure volte a preservare i segnalanti da tali pericoli attuando un sistema di salvaguardia ben articolato; viene loro estesa la possibilità di rivolgersi ad enti volti a fornire consulenza ed assistenza gratuita, maggiore tutela in caso di licenziamenti illegittimi, innalzamento delle sanzioni amministrative irrogate dall’ANAC in caso di ritorsioni nonchè un esonero dell’eventuale responsabilità – sia essa civile, amministrativa o penale – del segnalante.
Il fenomeno del whistleblowing non è scevro da criticità: se da un lato, il Decreto interviene a regolare in maniera organica la disciplina e, pertanto, a garantire il rispetto del principio di legalità, per converso presenta discrasie nell’applicazione delle disposizioni comunitarie, quali la mancata possibilità di ricorrere alla segnalazione esterna senza dover necessariamente intervenire con segnalazione interna.
Non sembrano dunque potersi escludere futuri interventi sull’imminente disciplina, volti a garantirne l’uniformità e la stabilità in ragione di una regolamentazione ancora critica.
Dott.ssa Chiara Giannella
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Whistleblowing: cos'è e perché se ne parla
È imminente l’entra in vigore del decreto legislativo del 10 marzo 2023 n. 24, attuativo della Direttiva Europea 2019/1937, il quale ha l’obiettivo di regolare in maniera puntuale e specifica – sopperendo ad un precedente sistema frammentario – il fenomeno del c.d. whistleblowing.
Predetto termine, di origine anglosassone, individua il fenomeno volto alla protezione delle persone che, all’interno di contesti aziendali, segnalano violazioni e/o illeciti inerenti allo svolgimento dell’attività lavorativa; tali segnalazioni vengono rese mediante canali determinati e, in forza di una procedura, ben delineata.
Il decreto in questione – la cui attuazione era attesa per la fine del 2021 – ha l’obiettivo di riorganizzare e regolare l’inorganica legislazione di un sistema fondato sulla L. 179/2017, la quale era intervenuta dapprima sull’art. 54 bis del D.Lgs. 165/2001 per il pubblico impiego e, in seguito, sull’art. 6 del D.Lgs. 231/2001 per l’impiego privato.
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I canali di segnalazione stabiliti dal D. Lgs. n. 24 del 2023 sono quattro, disciplinati rispettivamente dagli artt. 4, 16 ultimo comma, 15 e 16 primo comma.
In particolare, si prevede:
- la segnalazione interna rivolta ai soggetti presenti in azienda e deputati a riceverla, in base al modello organizzativo di riferimento;
- la segnalazione esterna, le cui destinatarie sono da individuarsi nell’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione e nelle istituzioni Europee;
- la divulgazione pubblica mediante il mezzo della stampa o altri mezzi di diffusione;
- la denuncia presentata alle autorità competenti
Il fulcro centrale della disciplina del whistleblowing risiede nella necessità di tutelare il whistleblower – soggetto che provvede alla segnalazione – da possibili attività ritorsive che potrebbero estrinsecarsi sul luogo di lavoro in ragione della segnalazione stessa; è perciò fondamentale garantire, non solo la riservatezza dell’oggetto su cui la segnalazione stessa verte quanto il soggetto segnalante, attraverso sistemi di minimizzazione del trattamento dei dati e di limitazioni nella loro conservazione per un periodo necessario a svolgere gli accertamenti necessari attinenti l’illecito segnalato.
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