Reddito di cittadinanza: la Cassazione dice stop ai 'furbetti'
Stop ai ‘furbetti’ del reddito di cittadinanza. Con la sentenza n. 5440 dell’8 febbraio 2023 i giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno statuito che sarà punibile non solo chi testimonia il falso per accedere al beneficio ma anche il contribuente che fa altrettanto per ottenere un assegno più cospicuo di quello spettante.
Nel caso di specie il cittadino aveva dichiarato di convivere con l’ex moglie e quindi di averla nello stato di famiglia al fine di trarre un indebito beneficio consistente nella ricezione di un assegno maggiormente consistente rispetto al totale spettante.
Alla luce della mendace dichiarazione offerta dal cittadino ricorrente, è stato ritenuto applicabile l’articolo 7 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, e’ punito con la reclusione da due a sei anni”.
Gli ermellini della Suprema Corte hanno enunciato un importante principio, secondo cui può scattare la reclusione anche per chi rende dichiarazioni false relative al numero dei componenti del proprio nucleo familiare, al fine di ottenere un beneficio economico superiore.
Dunque, i Giudici della Terza sezione penale hanno ritenuto applicabile tale disposizione non solo ai casi in cui le dichiarazioni, documenti o attestati falsi siano finalizzati ad ottenere il reddito di cittadinanza, ma anche a quei casi in cui tali escamotage vengano utilizzati dal cittadino per ottenere un importo maggiore del reddito di cittadinanza.
Il Collegio con una decisione definitiva ha stabilito che il cittadino dovrà scontare un anno e mezzo di reclusione.
Dott.ssa Olga Cosentino
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