Intelligenza artificiale generativa e tutela del diritto d'autore
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1107 del 16 gennaio 2023 ha esaminato la questione della paternità di un’opera generata attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale e, la possibilità di proteggerla mediante l’applicazione dei principi e degli strumenti di tutela della disciplina del diritto d’autore.
Per comprendere le dinamiche fattuali che portano alla pronuncia di importante rilevanza nazionale bisogna premettere alcune considerazioni in relazione al giudizio introduttivo.
Il contenzioso trae origine dall’azione giudiziaria, in merito all’utilizzo non autorizzato, da parte di un’emittente televisiva, di un’opera dell’attore quale scenografia fissa per il Festival di Sanremo del 2016.
L’attore, lamentando la violazione del proprio diritto d’autore, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la convenuta e richiedeva il risarcimento del danno, nonché l’adozione di ulteriori misure di carattere rimediale.
Nell’ambito del procedimento giudiziario di primo grado, il Tribunale di Genova ha verificato la legittima titolarità dell’opera in questione, che è stata formalmente attribuita a all’attore in conformità con la normativa vigente. Il Tribunale ha contestualmente constatato la violazione dei diritti d’autore connessi all’opera, commessa dalla convenuta e, ha provveduto alla condanna al pagamento di un congruo risarcimento del danno. Contro tale decisione di primo grado ha proposto appello la convenuta, argomentando sulla insufficienza probatoria circa la riconducibilità dell’opera all’attore legittimo proprietario. La Corte di appello di Genova tuttavia, con sentenza del 11.11.2020 ha respinto il gravame. Avverso la predetta sentenza la convenuta ha proposto ricorso per Cassazione.
La tematica di rilievo introdotta dalla ricorrente nell’ambito del ricorso per cassazione, pur senza esito favorevole, è costituita dalla tesi secondo cui la Corte di Appello avesse erroneamente qualificato come opera dell’ingegno un’immagine generata da un software che, in quanto tale, non è attribuibile ad un’idea creativa della sua presunta autrice.
Entrando nel dettaglio, la ricorrente sostiene che l’opera oggetto della controversia, erroneamente attribuita all’ingegno dell’attore, non costituisca altro che un’immagine digitale a tema floreale, caratterizzata dalla ripetizione di forme su diverse scale di grandezza, creata attraverso l’utilizzo di un software che ne ha elaborato la forma, i colori e i dettagli tramite algoritmi matematici. La presunta autrice avrebbe solamente scelto l’algoritmo da applicare e approvato il risultato generato dal computer.
Mediante tale argomentazione la convenuta ha coinvolto la Suprema Corte nell’attualissimo dibattito riguardante i potenziali rischi e limiti connessi all’impiego dei c.d. modelli di intelligenza artificiale (AI) generativa, in maniera analoga al contenzioso diffusosi oltreoceano[1].
Per modelli di intelligenza artificiale (AI) generativa si intendono sistemi di intelligenza artificiale che sono in grado di generare autonomamente nuovi contenuti, come immagini, testi, suoni o video, partendo da un insieme di dati o di regole prestabilite (“algoritmi”).
Tali modelli pongono problematiche di notevole rilievo in ambito giuridico, soprattutto in relazione alla disciplina del diritto d’autore, in quanto sollevano interrogativi circa la possibilità di stabilire la titolarità delle opere prodotte da tali modelli e l’attribuzione dei relativi diritti d’autore.
Dinanzi a tali problematiche si è sviluppato un vivace dibattito dottrinale, con prese di posizione di segno nettamente opposto.
La Corte di Cassazione, pur rigettando il motivo di ricorso in ragione della novità della censura sollevata e della sua conseguente intrattabilità in sede di legittimità, arricchisce il dibattito sopracitato manifestando la propria, seppur prudente, presa di posizione.
Nel percorso argomentativo logico svolto dagli Ermellini, la questione cruciale riguardante la protezione dell’opera digitale generata tramite l’uso di modelli di intelligenza artificiale riguarda la determinazione dell’apporto creativo umano nel processo generativo. È plausibile ritenere che, in presenza di un processo decisionale automatizzato dell’algoritmo sotteso al modello di AI e di un input minimo da parte dell’utente limitato a indicazioni testuali di base, i risultati ottenuti da modelli di intelligenza artificiale generativa attualmente in uso possano incontrare difficoltà a ottenere la tutela autoriale.
D’altra parte, l’opera potrebbe risultare suscettibile di richiesta di tutela autoriale nel caso in cui l’utilizzatore della piattaforma basata sull’intelligenza artificiale dimostri, mediante sufficienti ed adeguati elementi probatori, che il modello di IA abbia costituito un tassello in un processo creativo articolato e di elevata complessità. Processo creativo che per sua natura costituisce elemento intrinseco e inscindibile della “creazione intellettuale” oggetto della tutela.
In questo modo gli Ermellini affermano il principio secondo cui il parametro di riferimento da tenere in considerazione per determinare l’applicabilità o meno della disciplina del diritto d’autore, rimane quello della novità e originalità, da intendersi come manifestazione dell’ingegno creativo dell’autore stesso. L’opera in oggetto dovrà dunque sempre riflettere “la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative”.
Francesco Pittalis
[1] Vedi ad esempio Getty Images c/ Stability AI
Intelligenza artificiale generativa e tutela del diritto d'autore
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1107 del 16 gennaio 2023 ha esaminato la questione della paternità di un’opera generata attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale e, la possibilità di proteggerla mediante l’applicazione dei principi e degli strumenti di tutela della disciplina del diritto d’autore.
Per comprendere le dinamiche fattuali che portano alla pronuncia di importante rilevanza nazionale bisogna premettere alcune considerazioni in relazione al giudizio introduttivo.
Il contenzioso trae origine dall’azione giudiziaria, in merito all’utilizzo non autorizzato, da parte di un’emittente televisiva, di un’opera dell’attore quale scenografia fissa per il Festival di Sanremo del 2016.
L’attore, lamentando la violazione del proprio diritto d’autore, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la convenuta e richiedeva il risarcimento del danno, nonché l’adozione di ulteriori misure di carattere rimediale.
Nell’ambito del procedimento giudiziario di primo grado, il Tribunale di Genova ha verificato la legittima titolarità dell’opera in questione, che è stata formalmente attribuita a all’attore in conformità con la normativa vigente. Il Tribunale ha contestualmente constatato la violazione dei diritti d’autore connessi all’opera, commessa dalla convenuta e, ha provveduto alla condanna al pagamento di un congruo risarcimento del danno. Contro tale decisione di primo grado ha proposto appello la convenuta, argomentando sulla insufficienza probatoria circa la riconducibilità dell’opera all’attore legittimo proprietario. La Corte di appello di Genova tuttavia, con sentenza del 11.11.2020 ha respinto il gravame. Avverso la predetta sentenza la convenuta ha proposto ricorso per Cassazione.
La tematica di rilievo introdotta dalla ricorrente nell’ambito del ricorso per cassazione, pur senza esito favorevole, è costituita dalla tesi secondo cui la Corte di Appello avesse erroneamente qualificato come opera dell’ingegno un’immagine generata da un software che, in quanto tale, non è attribuibile ad un’idea creativa della sua presunta autrice.
Entrando nel dettaglio, la ricorrente sostiene che l’opera oggetto della controversia, erroneamente attribuita all’ingegno dell’attore, non costituisca altro che un’immagine digitale a tema floreale, caratterizzata dalla ripetizione di forme su diverse scale di grandezza, creata attraverso l’utilizzo di un software che ne ha elaborato la forma, i colori e i dettagli tramite algoritmi matematici. La presunta autrice avrebbe solamente scelto l’algoritmo da applicare e approvato il risultato generato dal computer.
Mediante tale argomentazione la convenuta ha coinvolto la Suprema Corte nell’attualissimo dibattito riguardante i potenziali rischi e limiti connessi all’impiego dei c.d. modelli di intelligenza artificiale (AI) generativa, in maniera analoga al contenzioso diffusosi oltreoceano[1].
Per modelli di intelligenza artificiale (AI) generativa si intendono sistemi di intelligenza artificiale che sono in grado di generare autonomamente nuovi contenuti, come immagini, testi, suoni o video, partendo da un insieme di dati o di regole prestabilite (“algoritmi”).
Tali modelli pongono problematiche di notevole rilievo in ambito giuridico, soprattutto in relazione alla disciplina del diritto d’autore, in quanto sollevano interrogativi circa la possibilità di stabilire la titolarità delle opere prodotte da tali modelli e l’attribuzione dei relativi diritti d’autore.
Dinanzi a tali problematiche si è sviluppato un vivace dibattito dottrinale, con prese di posizione di segno nettamente opposto.
La Corte di Cassazione, pur rigettando il motivo di ricorso in ragione della novità della censura sollevata e della sua conseguente intrattabilità in sede di legittimità, arricchisce il dibattito sopracitato manifestando la propria, seppur prudente, presa di posizione.
Nel percorso argomentativo logico svolto dagli Ermellini, la questione cruciale riguardante la protezione dell’opera digitale generata tramite l’uso di modelli di intelligenza artificiale riguarda la determinazione dell’apporto creativo umano nel processo generativo. È plausibile ritenere che, in presenza di un processo decisionale automatizzato dell’algoritmo sotteso al modello di AI e di un input minimo da parte dell’utente limitato a indicazioni testuali di base, i risultati ottenuti da modelli di intelligenza artificiale generativa attualmente in uso possano incontrare difficoltà a ottenere la tutela autoriale.
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Francesco Pittalis
[1] Vedi ad esempio Getty Images c/ Stability AI
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