Annullamento del contratto per incapacità naturale: l'intervento della Cassazione
Con la sentenza 28399 del 17/12/2022 la Cassazione Civile, sez I ha chiarito le conseguenze dello stato d’incapacità naturale sui contratti.
Nel caso di specie, i litiganti convenivano dinnanzi al Tribunale di Benevento al fine di ottenere l’adempimento degli obblighi derivanti da un contratto preliminare per la vendita di una tenuta di campagna; il Tribunale accoglieva l’istanza disattendendo le domande riconvenzionali volte all’annullamento del contratto concluso da una persona priva di capacità.
Ai sensi dell’art. 428 del Codice civile: “Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore
L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente”
Dunque, dalla disamina dell’articolo si deduce che l’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente.
La Corte d’appello di Napoli riformava interamente la sentenza sostenendo che per i contratti, ai fini dell’applicazione dell’art. 428 cc, è sufficiente la malafede dell’altro contraente e non già la dimostrazione del pregiudizio subito dall’incapace.
Con ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, i ricorrenti sostenevano la violazione e falsa applicazione dell’art. 428 cc., tuttavia, gli Ermellini della Suprema Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso sostenevano che: “ai fini dell’annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell’art. 428 c.c., comma 2, non è richiesta, a differenza dell’ipotesi del comma 1, la sussistenza di un grave pregiudizio, che, invece, costituisce indizio rivelatore dell’essenziale requisito della malafede dell’altro contraente; non cambia quindi la ratio sottostante: la malafede può difatti risultare o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all’incapace, o dalla natura e qualità del contratto; tuttavia essa consiste sempre e solo nella consapevolezza che l’altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente, fermo che la prova dell’incapacità deve essere rigorosa e precisa e che il suo apprezzamento, riservato al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità tranne che per vizi logici o errori di diritto”.
Dott.ssa Veronica Venturi
Dott.ssa Olga Cosentino
Annullamento del contratto per incapacità naturale: l'intervento della Cassazione
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Ai sensi dell’art. 428 del Codice civile: “Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore
L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente”
Dunque, dalla disamina dell’articolo si deduce che l’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente.
La Corte d’appello di Napoli riformava interamente la sentenza sostenendo che per i contratti, ai fini dell’applicazione dell’art. 428 cc, è sufficiente la malafede dell’altro contraente e non già la dimostrazione del pregiudizio subito dall’incapace.
Con ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, i ricorrenti sostenevano la violazione e falsa applicazione dell’art. 428 cc., tuttavia, gli Ermellini della Suprema Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso sostenevano che: “ai fini dell’annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell’art. 428 c.c., comma 2, non è richiesta, a differenza dell’ipotesi del comma 1, la sussistenza di un grave pregiudizio, che, invece, costituisce indizio rivelatore dell’essenziale requisito della malafede dell’altro contraente; non cambia quindi la ratio sottostante: la malafede può difatti risultare o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all’incapace, o dalla natura e qualità del contratto; tuttavia essa consiste sempre e solo nella consapevolezza che l’altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente, fermo che la prova dell’incapacità deve essere rigorosa e precisa e che il suo apprezzamento, riservato al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità tranne che per vizi logici o errori di diritto”.
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