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Prescrizione dei crediti di lavoro: importante revirement della Cassazione
Con la sentenza n. 26246/2022, la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha stabilito un fondamentale principio di diritto in merito al dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione per far valere crediti retributivi, maturati in seno allo svolgimento di lavoro subordinato.
La Suprema Corte ha infatti accolto un orientamento maggiormente garantista nei confronti della posizione del lavoratore, stabilendo che per i crediti retributivi di lavoro non prescritti alla data di ingresso in vigore della c.d. Legge Fornero (legge 92/2012, entrata in vigore il 18.07.2012), il termine di prescrizione (pari a 5 anni) decorra dalla data di cessazione del rapporto di lavoro medesimo.
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale sottesa al principio di diritto, pocanzi riportato, non è irrilevante. Fin dagli anni ’70, la Corte Costituzionale aveva affermato che, in ragione della posizione di subordinazione e di disparità contrattuale intercorrente fra datore e lavoratore subordinato, la decorrenza del termine di prescrizione di crediti retributivi – maturati in ragione dello svolgimento di prestazioni lavorative subordinato – fosse da rinvenirsi nel momento di cessazione del rapporto di lavoro medesimo, al fine di offrire una maggiore tutela del lavoratore stesso.
Restava tuttavia salva la regola della decorrenza immediata nei casi in cui fosse assicurata la stabilità del rapporto di fronte al licenziamento ingiustificato o illegittimo, come per i pubblici dipendenti o per i casi soggetti alla disciplina dello Statuto dei lavoratori, che prevedeva il pieno ripristino della situazione antecedente al licenziamento.
Al netto delle recenti riforme, data la riduzione delle tutele procedimentali poste a garanzia della posizione del lavoratore a fronte di eventuali licenziamenti illegittimi o ingiustificati – poiché la tutela reintegratoria o ripristinatoria della posizione lavorativa è divenuta recessiva – e data la maggiore “instabilità” di cui risente la posizione del lavoratore subordinato (anche a tempo indeterminato), in favore del quale la Corte di Cassazione ha inteso assumere (nuovamente) un orientamento maggiormente garantista, è stato affermato il seguente principio di diritto:
“Da ciò consegue … la decorrenza originaria del termine di prescrizione, a norma del combinato disposto degli artt. 2498, n.4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012”.
Dott. Alberto Grassi
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La Suprema Corte ha infatti accolto un orientamento maggiormente garantista nei confronti della posizione del lavoratore, stabilendo che per i crediti retributivi di lavoro non prescritti alla data di ingresso in vigore della c.d. Legge Fornero (legge 92/2012, entrata in vigore il 18.07.2012), il termine di prescrizione (pari a 5 anni) decorra dalla data di cessazione del rapporto di lavoro medesimo.
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale sottesa al principio di diritto, pocanzi riportato, non è irrilevante. Fin dagli anni ’70, la Corte Costituzionale aveva affermato che, in ragione della posizione di subordinazione e di disparità contrattuale intercorrente fra datore e lavoratore subordinato, la decorrenza del termine di prescrizione di crediti retributivi – maturati in ragione dello svolgimento di prestazioni lavorative subordinato – fosse da rinvenirsi nel momento di cessazione del rapporto di lavoro medesimo, al fine di offrire una maggiore tutela del lavoratore stesso.
Restava tuttavia salva la regola della decorrenza immediata nei casi in cui fosse assicurata la stabilità del rapporto di fronte al licenziamento ingiustificato o illegittimo, come per i pubblici dipendenti o per i casi soggetti alla disciplina dello Statuto dei lavoratori, che prevedeva il pieno ripristino della situazione antecedente al licenziamento.
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