Danno patrimoniale da occupazione sine titulo: la questione è rimessa alle Sezioni Unite
Danno patrimoniale da occupazione sine titulo: due ordinanze di rimessione alle Sezioni Unite inaugurano il 2022
1) Ordinanza interlocutoria n. 1162/2022: il danno da occupazione illegittima è in re ipsa o deve essere allegato e provato dal proprietario danneggiato?
Con ordinanza n. 1162 del 2022, la Corte di Cassazione osserva la questione relativa alla prova del danno da occupazione illegittima di un immobile.
Da un lato, una corrente giurisprudenziale ripudia il concetto di danno in re ipsa, dall’altro, una parte della giurisprudenza ritiene che il danno del proprietario usurpato sia in re ipsa, rapportandosi alla perdita di disponibilità del bene da parte del dominus e alla conseguente impossibilità, per questi, di conseguire l’utilità normalmente ricavabile dal bene, avente natura fruttifera.
Si rileva come, per questo secondo orientamento, la sussistenza di un diritto al risarcimento possa essere determinata dal giudice sulla base di presunzioni, facendo riferimento al danno c.d. figurativo, ad esempio, il valore locativo del bene abusivamente occupato (così, da ultimo, Cass., Sez. 2, ord. n. 39/2021). La Cassazione, nell’ordinanza in esame, ha osservato che il diritto di proprietà ha insite la facoltà di godimento e di disponibilità del bene che ne forma oggetto.
Se esse vengono soppresse per effetto dell’occupazione sine titulo, l’esistenza di un danno risarcibile può sussumersi attraverso presunzioni, superabili dando prova concreta che se il proprietario non fosse stato spogliato, non avrebbe comunque utilizzato l’immobile. Dunque, tale ultimo orientamento ritiene che il danno subito dal proprietario danneggiato da occupazione illegittima sia oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, basata sull’id quod plerumque accidit, a carattere relativo, iuris tantum, superabile con la prova contraria.
Ancora, questo secondo orientamento, come specificato dalla Corte nell’ordinanza 1162, sostiene che il danno in re ipsa si colleghi all’indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità, i quali onerano l’occupante della prova dell’anomala infruttuosità di uno specifico immobile. Nel caso di specie, oggetto dell’ordinanza in esame, la Corte di Appello, invece, ha sostenuto l’orientamento negazionista (da ultimo affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. 3, ord. n. 14268/2021 e Sez. 3, sent. n. 13071/2018), assumendo che nell’occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente in re ipsa, in quanto tale concetto identifica il danno con l’evento dannoso e configura un danno punitivo, fuori da un’espressa previsione normativa.
E ciò sarebbe in contrasto con i principi in materia di danni punitivi affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2017. Da ultimo, la Corte riprende taluni spunti dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 20691/2021, in materia di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. 327/2001: in tale occasione, le Sezioni Unite affermarono che in caso di occupazione sine titulo e conseguente adozione del provvedimento acquisitivo sanante, da parte della P.a., la legge riconosce al proprietario danneggiato una somma a titolo risarcitorio forfettaria, salva la possibilità per entrambe le parti di dimostrare la diversa entità del danno in concreto, in melius o in pejus.
Menzionata, in ultima istanza, la pronuncia delle Sezioni Unite n. 20691/2021, così completando la panoramica sugli orientamenti giurisprudenziali che oggi riguardano la prova del danno patrimoniale da occupazione illegittima, la Corte di Cassazione conclude l’ordinanza sostenendo che il tema meriti un intervento chiarificatore e nomofilattico delle Sezioni Unite, sì da togliere terreno ad ogni dubbio interpretativo e applicativo.
2) Ordinanza interlocutoria n. 3946/2022: la compressione della facoltà di godimento diretto del bene, anche solo potenziale, può configurarsi come danno?
Con ordinanza n. 3946/2022, la Corte di Cassazione si occupa, ancora, della delicata questione dell’identificazione del danno da occupazione sine titulo e della individuazione e ripartizione dei relativi oneri di allegazione e di prova. Il Collegio, con l’ordinanza 3946, dà conto di due orientamenti fondamentali.
Viene osservato che, secondo un orientamento della stessa Corte, il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria, secondo la naturale destinazione della stessa, per cui, qualsiasi intervento di terzi, che limiti tale uso e godimento, costituisce turbativa del diritto di proprietà sul bene e legittima il proprietario a chiedere la tutela in forma specifica, della cessazione della turbativa e ripristino dello status quo, e il risarcimento dei danni. Si nota che, da questo presupposto di partenza, si è spesso giunti alla conclusione che in questa ipotesi il danno sia in re ipsa (rectius, che la prova del danno sia in re ipsa), essendo automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del valore della proprietà.
La Cassazione, poi, riporta un differente orientamento della stessa Corte, che nega l’astratta risarcibilità in re ipsa dei danni subiti dal proprietario per la perdita o la diminuzione della disponibilità del bene, affermando la necessaria correlazione della risarcibilità al rapporto causale intercorrente fra condotta materiale, evento lesivo e conseguenza dannosa. Questo orientamento sostiene che le esigenze di prova sono identiche, e per an e per quantum, fra danno patrimoniale e non patrimoniale (Così Cass. Sez. 3, sent. n. 31233/2018).
Nell’ordinanza 3946/2022, tuttavia, viene rilevato che anche le pronunce della Cassazione che negano la configurabilità di un danno in re ipsa, subito dal danneggiato per l’indisponibilità della cosa, comunque riconoscono all’interessato la facoltà di darne prova a mezzo di presunzioni semplici o col ricorso al fatto notorio. Quindi, il Collegio afferma di ritenere opportuno rimettere alle Sezioni Unite anche la trattazione dell’ulteriore questione, connessa e per certi aspetti propedeutica rispetto a quella contenuta nell’ordinanza n. 1162/2022, se il danno patrimoniale da occupazione senza titolo debba qualificarsi, ai sensi dell’art. 1123 c.c., come perdita o come mancato guadagno, ossia come danno emergente o lucro cessante.
Più precisamente, ci si chiede se la compressione della facoltà di godimento diretto del bene, che costituisce il contenuto del diritto di proprietà ex art. 832 c.c., insieme alla facoltà di disposizione del bene, debba considerarsi quale danno patrimoniale da risarcire ai sensi degli artt. 1223 e 2056 c.c.
Il Collegio, con l’ordinanza in esame, aggiunge che se tale prospettiva fosse ritenuta condivisibile, la questione da risolvere si porrebbe a monte dell’alternativa concettuale di cui all’ordinanza n. 1162/2022: entrambi gli orientamenti, si osserva, muoverebbero dall’implicito presupposto che il danno risarcibile, ovvero il danno – conseguenza derivato dal fatto dannoso dell’occupazione, consista nel danno da mancato guadagno, ossia il lucro cessante conseguente all’impossibilità di impiegare il bene secondo la sua vocazione fruttifera. La Cassazione, cioè, specifica che anche una fruizione potenziale sarebbe idonea a costituire una posta attiva del patrimonio del proprietario. Ed, infatti, il valore di utilizzazione diretta o indiretta (cessione del godimento a terzi) di un bene, costituisce un valore patrimoniale.
Pertanto, la privazione anche solo temporanea della disponibilità di un bene rappresenta una lesione patrimoniale, ovvero un danno per il titolare del bene.
La Cassazione è chiara nell’affermare che non ci sono ragioni per negare la risarcibilità della perdita della disponibilità temporanea del bene, nei casi in cui non sia provato in quale modo il titolare avrebbe fatto uso di tale disponibilità.
A sostegno di ciò, la Corte evidenzia che il valore patrimoniale di un immobile libero è maggiore di quello dell’immobile occupato: l’occupazione di un immobile causa ex se una deminutio patrimonii del proprietario, indipendentemente dal fatto se in concreto l’immobile venga venduto. Il Collegio, con ordinanza n. 3946/2022, ritiene, quindi, opportuno sottoporre all’esame delle Sezioni Unite la questione connessa a quella dell’ordinanza n. 1162/2022, sul se, in caso di occupazione sine titulo, la prova del danno emergente consistente nella deminutio patrimonii derivante dalla perdita della facoltà di godimento del bene per la durata dell’occupazione senza titolo debba considerarsi sussistente in re ipsa, con sua conseguente liquidabilità in via equitativa, ove non diversamente possibile, ai sensi dell’art. 1226 c.c., richiamato dal 2056 c.c.
In tale prospettiva, resterebbe ferma la possibilità per il danneggiato di proporre, alternativamente alla domanda di risarcimento del danno da perdita, la domanda di risarcimento del danno da mancato guadagno, soggetta ad oneri di allegazione e di prova.
La Cassazione, infine, specifica che non vi è ragione di escludere che, soddisfatto adeguatamente l’onere di allegazione del mancato guadagno, la prova possa essere data anche con ricorso a presunzioni semplici o al fatto notorio, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c.
Danno patrimoniale da occupazione sine titulo: la questione è rimessa alle Sezioni Unite
Danno patrimoniale da occupazione sine titulo: due ordinanze di rimessione alle Sezioni Unite inaugurano il 2022
1) Ordinanza interlocutoria n. 1162/2022: il danno da occupazione illegittima è in re ipsa o deve essere allegato e provato dal proprietario danneggiato?
Con ordinanza n. 1162 del 2022, la Corte di Cassazione osserva la questione relativa alla prova del danno da occupazione illegittima di un immobile.
Da un lato, una corrente giurisprudenziale ripudia il concetto di danno in re ipsa, dall’altro, una parte della giurisprudenza ritiene che il danno del proprietario usurpato sia in re ipsa, rapportandosi alla perdita di disponibilità del bene da parte del dominus e alla conseguente impossibilità, per questi, di conseguire l’utilità normalmente ricavabile dal bene, avente natura fruttifera.
Si rileva come, per questo secondo orientamento, la sussistenza di un diritto al risarcimento possa essere determinata dal giudice sulla base di presunzioni, facendo riferimento al danno c.d. figurativo, ad esempio, il valore locativo del bene abusivamente occupato (così, da ultimo, Cass., Sez. 2, ord. n. 39/2021). La Cassazione, nell’ordinanza in esame, ha osservato che il diritto di proprietà ha insite la facoltà di godimento e di disponibilità del bene che ne forma oggetto.
Se esse vengono soppresse per effetto dell’occupazione sine titulo, l’esistenza di un danno risarcibile può sussumersi attraverso presunzioni, superabili dando prova concreta che se il proprietario non fosse stato spogliato, non avrebbe comunque utilizzato l’immobile. Dunque, tale ultimo orientamento ritiene che il danno subito dal proprietario danneggiato da occupazione illegittima sia oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, basata sull’id quod plerumque accidit, a carattere relativo, iuris tantum, superabile con la prova contraria.
Ancora, questo secondo orientamento, come specificato dalla Corte nell’ordinanza 1162, sostiene che il danno in re ipsa si colleghi all’indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità, i quali onerano l’occupante della prova dell’anomala infruttuosità di uno specifico immobile. Nel caso di specie, oggetto dell’ordinanza in esame, la Corte di Appello, invece, ha sostenuto l’orientamento negazionista (da ultimo affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. 3, ord. n. 14268/2021 e Sez. 3, sent. n. 13071/2018), assumendo che nell’occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente in re ipsa, in quanto tale concetto identifica il danno con l’evento dannoso e configura un danno punitivo, fuori da un’espressa previsione normativa.
E ciò sarebbe in contrasto con i principi in materia di danni punitivi affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2017. Da ultimo, la Corte riprende taluni spunti dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 20691/2021, in materia di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. 327/2001: in tale occasione, le Sezioni Unite affermarono che in caso di occupazione sine titulo e conseguente adozione del provvedimento acquisitivo sanante, da parte della P.a., la legge riconosce al proprietario danneggiato una somma a titolo risarcitorio forfettaria, salva la possibilità per entrambe le parti di dimostrare la diversa entità del danno in concreto, in melius o in pejus.
Menzionata, in ultima istanza, la pronuncia delle Sezioni Unite n. 20691/2021, così completando la panoramica sugli orientamenti giurisprudenziali che oggi riguardano la prova del danno patrimoniale da occupazione illegittima, la Corte di Cassazione conclude l’ordinanza sostenendo che il tema meriti un intervento chiarificatore e nomofilattico delle Sezioni Unite, sì da togliere terreno ad ogni dubbio interpretativo e applicativo.
2) Ordinanza interlocutoria n. 3946/2022: la compressione della facoltà di godimento diretto del bene, anche solo potenziale, può configurarsi come danno?
Con ordinanza n. 3946/2022, la Corte di Cassazione si occupa, ancora, della delicata questione dell’identificazione del danno da occupazione sine titulo e della individuazione e ripartizione dei relativi oneri di allegazione e di prova. Il Collegio, con l’ordinanza 3946, dà conto di due orientamenti fondamentali.
Viene osservato che, secondo un orientamento della stessa Corte, il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria, secondo la naturale destinazione della stessa, per cui, qualsiasi intervento di terzi, che limiti tale uso e godimento, costituisce turbativa del diritto di proprietà sul bene e legittima il proprietario a chiedere la tutela in forma specifica, della cessazione della turbativa e ripristino dello status quo, e il risarcimento dei danni. Si nota che, da questo presupposto di partenza, si è spesso giunti alla conclusione che in questa ipotesi il danno sia in re ipsa (rectius, che la prova del danno sia in re ipsa), essendo automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del valore della proprietà.
La Cassazione, poi, riporta un differente orientamento della stessa Corte, che nega l’astratta risarcibilità in re ipsa dei danni subiti dal proprietario per la perdita o la diminuzione della disponibilità del bene, affermando la necessaria correlazione della risarcibilità al rapporto causale intercorrente fra condotta materiale, evento lesivo e conseguenza dannosa. Questo orientamento sostiene che le esigenze di prova sono identiche, e per an e per quantum, fra danno patrimoniale e non patrimoniale (Così Cass. Sez. 3, sent. n. 31233/2018).
Nell’ordinanza 3946/2022, tuttavia, viene rilevato che anche le pronunce della Cassazione che negano la configurabilità di un danno in re ipsa, subito dal danneggiato per l’indisponibilità della cosa, comunque riconoscono all’interessato la facoltà di darne prova a mezzo di presunzioni semplici o col ricorso al fatto notorio. Quindi, il Collegio afferma di ritenere opportuno rimettere alle Sezioni Unite anche la trattazione dell’ulteriore questione, connessa e per certi aspetti propedeutica rispetto a quella contenuta nell’ordinanza n. 1162/2022, se il danno patrimoniale da occupazione senza titolo debba qualificarsi, ai sensi dell’art. 1123 c.c., come perdita o come mancato guadagno, ossia come danno emergente o lucro cessante.
Più precisamente, ci si chiede se la compressione della facoltà di godimento diretto del bene, che costituisce il contenuto del diritto di proprietà ex art. 832 c.c., insieme alla facoltà di disposizione del bene, debba considerarsi quale danno patrimoniale da risarcire ai sensi degli artt. 1223 e 2056 c.c.
Il Collegio, con l’ordinanza in esame, aggiunge che se tale prospettiva fosse ritenuta condivisibile, la questione da risolvere si porrebbe a monte dell’alternativa concettuale di cui all’ordinanza n. 1162/2022: entrambi gli orientamenti, si osserva, muoverebbero dall’implicito presupposto che il danno risarcibile, ovvero il danno – conseguenza derivato dal fatto dannoso dell’occupazione, consista nel danno da mancato guadagno, ossia il lucro cessante conseguente all’impossibilità di impiegare il bene secondo la sua vocazione fruttifera. La Cassazione, cioè, specifica che anche una fruizione potenziale sarebbe idonea a costituire una posta attiva del patrimonio del proprietario. Ed, infatti, il valore di utilizzazione diretta o indiretta (cessione del godimento a terzi) di un bene, costituisce un valore patrimoniale.
Pertanto, la privazione anche solo temporanea della disponibilità di un bene rappresenta una lesione patrimoniale, ovvero un danno per il titolare del bene.
La Cassazione è chiara nell’affermare che non ci sono ragioni per negare la risarcibilità della perdita della disponibilità temporanea del bene, nei casi in cui non sia provato in quale modo il titolare avrebbe fatto uso di tale disponibilità.
A sostegno di ciò, la Corte evidenzia che il valore patrimoniale di un immobile libero è maggiore di quello dell’immobile occupato: l’occupazione di un immobile causa ex se una deminutio patrimonii del proprietario, indipendentemente dal fatto se in concreto l’immobile venga venduto. Il Collegio, con ordinanza n. 3946/2022, ritiene, quindi, opportuno sottoporre all’esame delle Sezioni Unite la questione connessa a quella dell’ordinanza n. 1162/2022, sul se, in caso di occupazione sine titulo, la prova del danno emergente consistente nella deminutio patrimonii derivante dalla perdita della facoltà di godimento del bene per la durata dell’occupazione senza titolo debba considerarsi sussistente in re ipsa, con sua conseguente liquidabilità in via equitativa, ove non diversamente possibile, ai sensi dell’art. 1226 c.c., richiamato dal 2056 c.c.
In tale prospettiva, resterebbe ferma la possibilità per il danneggiato di proporre, alternativamente alla domanda di risarcimento del danno da perdita, la domanda di risarcimento del danno da mancato guadagno, soggetta ad oneri di allegazione e di prova.
La Cassazione, infine, specifica che non vi è ragione di escludere che, soddisfatto adeguatamente l’onere di allegazione del mancato guadagno, la prova possa essere data anche con ricorso a presunzioni semplici o al fatto notorio, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c.
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