L’ASTA FALLIMENTARE E LE NORME DELLA PROCEDURA DI ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE SPECIFICATAMENTE RELATIVE AL CD “AUMENTO DEL QUINTO/SESTO”
L’art. 107 della Legge Fallimentare ha ad oggetto le modalità di vendita nel corso di un’asta fallimentare da parte del curatore addetto alla procedura fallimentare.
Tale articolo consente al curatore di prevedere, nel programma di liquidazione da lui predisposto, che le vendite di beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal Giudice Delegato secondo le norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili.
Il curatore ha, infatti, la possibilità di scegliere tra diverse modalità di vendita:
- Procedere personalmente alla liquidazione dell’attivo, affidando incombenze ad altri professionisti o avvalendosi di soggetti specializzati). In questo caso resta ferma l’importanza dell’indicazione nel programma di liquidazione, da parte del curatore, delle procedure che intende seguire, le quali devono essere fondate su principi di competizione, stima preventiva e pubblicità.
- Rimettere le vendite al Giudice Delegato
- Subentrare nelle procedure esecutive pendenti
Nei primi due casi sopra indicati, il curatore dovrà tener presente che occorrerà osservare le procedure della vendita forzata contemplate dal codice di procedura civile e che dette procedure, pur essendo compatibili con la vendita dei singoli beni facenti parte dell’attivo fallimentare, non sono compatibili con le altre ipotesi di liquidazione contemplate dalla Legge Fallimentare.
Generalmente si decide di ricorrere a tale forma di liquidazione (basata sulle norme previste dal codice di procedura civile), affidata al Giudice Delegato ogni qualvolta si intenda suscitare l’interesse all’acquisto da parte di investitori che cercano maggiore attendibilità e sicurezza nella vendita.
Il curatore, relativamente alla vendita di beni immobili e di altri beni iscritti in pubblici registri, ha l’obbligo di darne notizia mediante notificazione e prima del completamento delle operazioni di vendita, ai creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio sugli stessi beni (art. 107 Legge Fallimentare, comma 3).
È in facoltà del curatore sospendere la vendita qualora pervenga un’offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per somma non inferiore al 10% del prezzo precedentemente offerto (art. 107 L.f., comma 4).
Il curatore deve informare il Giudice Delegato ed il comitato dei creditori sugli esiti delle operazioni di vendita e degli altri atti di liquidazione, depositando in cancelleria la relativa documentazione (art. 107 L.f., comma 5).
Nella fase relativa alla liquidazione dell’attivo, il Giudice Delegato può:
- Sospendere con decreto motivato le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi.
- Su istanza degli stessi soggetti, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto, tenuto conto delle condizioni di mercato, risulti notevolmente inferiore a quello giusto.
Si è, dunque, passati da un sistema in cui l’art. 105 l. fall., nella formulazione anteriore al d.lgs. 5/2006, stabiliva che alle vendite fallimentari dovessero applicarsi le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo esecutivo [mentre i successivi artt. 106 e 108 dettavano disposizioni specifiche riguardanti, rispettivamente, i beni mobili (la vendita dei quali doveva avvenire mediante offerte private o all’incanto) e i beni immobili (la vendita dei quali doveva avvenire con incanto o senza incanto, secondo le regole stabilite dal codice di rito, innanzi al giudice delegato], a uno in cui, secondo il novellato art. 107 l. fall., le vendite e gli altri atti di liquidazione sono, di regola, effettuati dal curatore tramite procedure competitive (comma 1), a meno che, nel programma di liquidazione, non sia previsto che alle vendite proceda il giudice delegato, secondo le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili (comma 2). Il nuovo sistema della liquidazione fallimentare poggia sul programma di liquidazione che, a termini dell’art. 104-ter l. fall., il curatore deve predisporre entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario e in cui, tra l’altro, debbono essere previste “le condizioni di vendita dei singoli cespiti”.
Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di dieci giorni, ma esse non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto.
Passa da un sesto a un quinto l’entità dell’aumento dell’offerta, al precipuo scopo di rendere più gravosa la possibilità di rimettere in discussione l’incanto già avvenuto. Inoltre, il termine per poter formulare le offerte – che decorre dalla redazione del verbale di cui all’art. 581 c.p.c.- è ora espressamente qualificato come perentorio, anche se già in precedenza veniva riconosciuto tale ma in via interpretativa. Se, dunque, liquidazione dell’attivo ed espropriazione forzata svolgono la medesima funzione, trattandosi di procedimenti in danno del fallito e dell’esecutato, nel rispetto dell’art. 2740 cod. civ., deve necessariamente riconoscersi al giudice delegato (e/o al curatore) la facoltà di avvalersi delle norme del codice di rito per colmare eventuali lacune della l. fall., nonostante l’abrogazione della clausola generale di compatibilità contenuta nell’art. 105 l. fall. Rimane, pertanto, attuale l’orientamento della Cassazione che, nel vigore del vecchio regime, consentiva agli organi del fallimento di utilizzare le regole dell’espropriazione forzata al fine «di soddisfare le esigenze della collettività dei creditori, col solo limite che i modelli prescelti non arrechino pregiudizio alla massa» (Così Cass., 27 maggio 1995, n. 5916, in Il fall., 1996, 38 che ha ritenuto compatibili gli artt. 508 e 585 c.p.c. con gli artt. 106 e 108 l. fall. e, quindi, legittima l’assunzione, da parte dell’aggiudicatario, del debito nei confronti del creditore ipotecario ammesso al passivo, stante l’assenso del medesimo creditore all’accollo).
CONCLUSIONI
Ai sensi dell’art. 107.2 della Legge fallimentare il quale dice che “il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili”, riteniamo che, con riguardo alle procedure di espropriazione immobiliare si applicano all’asta fallimentare le norme del codice di procedura civile.
Nel caso di specie parrebbe ragionevole ritenere che trova applicazione l’art. 584 c.p.c. il quale recita che: “avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto. Le offerte di cui al primo comma si fanno mediante deposito in cancelleria nelle forme di cui all’articolo 571, prestando cauzione per una somma pari al doppio della cauzione versata ai sensi dell’articolo 580. Il giudice, verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere dà pubblico avviso a norma dell’articolo 570 e comunicazione all’aggiudicatario, fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del secondo comma”.
Tuttavia, l’applicazione delle norme come sopra dipende da quanto stabilito dal curatore nel programma di liquidazione, ai sensi dell’art. 107, comma 2 della Legge Fallimentare, cosa che non ci è dato sapere.
Pertanto, le norme del codice di procedura civile sarebbero applicabili solo se lo stesso curatore ne ha previsto l’applicazione nel programma di liquidazione.
Dott.ssa Chiara Verdone
Dott.ssa Chiara Migiarra
Fonte foto: database freepik
L’ASTA FALLIMENTARE E LE NORME DELLA PROCEDURA DI ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE SPECIFICATAMENTE RELATIVE AL CD “AUMENTO DEL QUINTO/SESTO”
L’art. 107 della Legge Fallimentare ha ad oggetto le modalità di vendita nel corso di un’asta fallimentare da parte del curatore addetto alla procedura fallimentare.
Tale articolo consente al curatore di prevedere, nel programma di liquidazione da lui predisposto, che le vendite di beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal Giudice Delegato secondo le norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili.
Il curatore ha, infatti, la possibilità di scegliere tra diverse modalità di vendita:
- Procedere personalmente alla liquidazione dell’attivo, affidando incombenze ad altri professionisti o avvalendosi di soggetti specializzati). In questo caso resta ferma l’importanza dell’indicazione nel programma di liquidazione, da parte del curatore, delle procedure che intende seguire, le quali devono essere fondate su principi di competizione, stima preventiva e pubblicità.
- Rimettere le vendite al Giudice Delegato
- Subentrare nelle procedure esecutive pendenti
Nei primi due casi sopra indicati, il curatore dovrà tener presente che occorrerà osservare le procedure della vendita forzata contemplate dal codice di procedura civile e che dette procedure, pur essendo compatibili con la vendita dei singoli beni facenti parte dell’attivo fallimentare, non sono compatibili con le altre ipotesi di liquidazione contemplate dalla Legge Fallimentare.
Generalmente si decide di ricorrere a tale forma di liquidazione (basata sulle norme previste dal codice di procedura civile), affidata al Giudice Delegato ogni qualvolta si intenda suscitare l’interesse all’acquisto da parte di investitori che cercano maggiore attendibilità e sicurezza nella vendita.
Il curatore, relativamente alla vendita di beni immobili e di altri beni iscritti in pubblici registri, ha l’obbligo di darne notizia mediante notificazione e prima del completamento delle operazioni di vendita, ai creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio sugli stessi beni (art. 107 Legge Fallimentare, comma 3).
È in facoltà del curatore sospendere la vendita qualora pervenga un’offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per somma non inferiore al 10% del prezzo precedentemente offerto (art. 107 L.f., comma 4).
Il curatore deve informare il Giudice Delegato ed il comitato dei creditori sugli esiti delle operazioni di vendita e degli altri atti di liquidazione, depositando in cancelleria la relativa documentazione (art. 107 L.f., comma 5).
Nella fase relativa alla liquidazione dell’attivo, il Giudice Delegato può:
- Sospendere con decreto motivato le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi.
- Su istanza degli stessi soggetti, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto, tenuto conto delle condizioni di mercato, risulti notevolmente inferiore a quello giusto.
Si è, dunque, passati da un sistema in cui l’art. 105 l. fall., nella formulazione anteriore al d.lgs. 5/2006, stabiliva che alle vendite fallimentari dovessero applicarsi le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo esecutivo [mentre i successivi artt. 106 e 108 dettavano disposizioni specifiche riguardanti, rispettivamente, i beni mobili (la vendita dei quali doveva avvenire mediante offerte private o all’incanto) e i beni immobili (la vendita dei quali doveva avvenire con incanto o senza incanto, secondo le regole stabilite dal codice di rito, innanzi al giudice delegato], a uno in cui, secondo il novellato art. 107 l. fall., le vendite e gli altri atti di liquidazione sono, di regola, effettuati dal curatore tramite procedure competitive (comma 1), a meno che, nel programma di liquidazione, non sia previsto che alle vendite proceda il giudice delegato, secondo le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili (comma 2). Il nuovo sistema della liquidazione fallimentare poggia sul programma di liquidazione che, a termini dell’art. 104-ter l. fall., il curatore deve predisporre entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario e in cui, tra l’altro, debbono essere previste “le condizioni di vendita dei singoli cespiti”.
Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di dieci giorni, ma esse non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto.
Passa da un sesto a un quinto l’entità dell’aumento dell’offerta, al precipuo scopo di rendere più gravosa la possibilità di rimettere in discussione l’incanto già avvenuto. Inoltre, il termine per poter formulare le offerte – che decorre dalla redazione del verbale di cui all’art. 581 c.p.c.- è ora espressamente qualificato come perentorio, anche se già in precedenza veniva riconosciuto tale ma in via interpretativa. Se, dunque, liquidazione dell’attivo ed espropriazione forzata svolgono la medesima funzione, trattandosi di procedimenti in danno del fallito e dell’esecutato, nel rispetto dell’art. 2740 cod. civ., deve necessariamente riconoscersi al giudice delegato (e/o al curatore) la facoltà di avvalersi delle norme del codice di rito per colmare eventuali lacune della l. fall., nonostante l’abrogazione della clausola generale di compatibilità contenuta nell’art. 105 l. fall. Rimane, pertanto, attuale l’orientamento della Cassazione che, nel vigore del vecchio regime, consentiva agli organi del fallimento di utilizzare le regole dell’espropriazione forzata al fine «di soddisfare le esigenze della collettività dei creditori, col solo limite che i modelli prescelti non arrechino pregiudizio alla massa» (Così Cass., 27 maggio 1995, n. 5916, in Il fall., 1996, 38 che ha ritenuto compatibili gli artt. 508 e 585 c.p.c. con gli artt. 106 e 108 l. fall. e, quindi, legittima l’assunzione, da parte dell’aggiudicatario, del debito nei confronti del creditore ipotecario ammesso al passivo, stante l’assenso del medesimo creditore all’accollo).
CONCLUSIONI
Ai sensi dell’art. 107.2 della Legge fallimentare il quale dice che “il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili”, riteniamo che, con riguardo alle procedure di espropriazione immobiliare si applicano all’asta fallimentare le norme del codice di procedura civile.
Nel caso di specie parrebbe ragionevole ritenere che trova applicazione l’art. 584 c.p.c. il quale recita che: “avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto. Le offerte di cui al primo comma si fanno mediante deposito in cancelleria nelle forme di cui all’articolo 571, prestando cauzione per una somma pari al doppio della cauzione versata ai sensi dell’articolo 580. Il giudice, verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere dà pubblico avviso a norma dell’articolo 570 e comunicazione all’aggiudicatario, fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del secondo comma”.
Tuttavia, l’applicazione delle norme come sopra dipende da quanto stabilito dal curatore nel programma di liquidazione, ai sensi dell’art. 107, comma 2 della Legge Fallimentare, cosa che non ci è dato sapere.
Pertanto, le norme del codice di procedura civile sarebbero applicabili solo se lo stesso curatore ne ha previsto l’applicazione nel programma di liquidazione.
Dott.ssa Chiara Verdone
Dott.ssa Chiara Migiarra
Fonte foto: database freepik
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