Autovelox fissi, multa impugnabile se la strada urbana non è a scorrimento
Con la sentenza n. 16622/2019, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che la posizione di autovelox in strade urbane dietro autorizzazione del prefetto è da considerarsi illegittimo in presenza di determinate condizioni.
La vicenda trae origine da un comune accadimento: la sanzione comminata ad un automobilista, reo di avere superato il limite di velocità consentito, dietro accertamento dell’infrazione per mezzo di un autovelox fisso.
Il ricorrente, con il terzo motivo di ricorso, ha prospettato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 delle cc.dd. preleggi, degli artt. 2 e 3 c.d.s. in relazione all’art. 4 del d.l. n. 121/2002 (conv. nella legge n. 168/2012) e agli artt. 200 e 201 c.d.s., avuto riguardo alle definizioni delle caratteristiche, riferite alla strada su cui il dispositivo era posto.
Difatti, la strada urbana di riferimento non avrebbe avuto – a detta del ricorrente – i requisiti minimi richiesti per rientrare nella categoria di “strada urbana di scorrimento” tale da, a norma della disposizione sopra citata, consentire l’installazione di apparecchi automatici per il controllo della velocità a distanza senza obbligo di contestazione immediata della violazione dei limiti prescritti dagli artt. 200 e 201 c.d.s.
La Suprema Corte di Cassazione, nel ritenere fondato tale motivo di ricorso, ha ritenuto che preliminare fosse chiarire quali requisiti un percorso stradale debba presentare al fine di consentire l’installazione di autovelox fissi.
Difatti, rilevano gli ermellini, deve osservarsi che l’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità nei centri urbani è di norma consentita solo tramite postazioni mobili con la presenza contestuale degli agenti accertatori, essendo riservato l’uso delle postazioni fisse solo su strade urbane ed a scorrimento e dietro autorizzazione del prefetto.
“Il sistema delineato dal d. lgs. n. 285/1992 (meglio noto come “codice della strada”)” – evidenzia la Corte – “è improntato sulla regola della contestazione immediata delle infrazioni, ammettendo la contestazione differita esclusivamente quando la strada abbia determinate caratteristiche tecniche che rendono pericoloso ordinare l’arresto del mezzo per effettuare la contestazione immediata (con riferimento alla valutazione di molteplici fattori, tra i quali il tasso di incidentalità, le condizioni strutturali del piano viabile, del traffico e quelle afferenti alla salvaguardia della sicurezza nell’effettuazione dell’accertamento). In particolare, il c.d.s. – con la previsione di cui all’art. 201, comma 1-bis – ammette la possibilità di procedere alla contestazione non immediata dell’infrazione al codice della strada mediante la postazione di un autovelox esclusivamente sulle autostrade, strade extraurbane principali, strade extraurbane secondarie e strade urbane di scorrimento, delineando nel contempo le caratteristiche minime che ciascuna delle stesse tipologie di strade devono presentare per potersi qualificare come tali (art. 2, commi 2 e 3, lett. a) b) c) e d)”.
Affinché una strada urbana possa essere definita a scorrimento, l’art. 2, comma 3, lettera d), c.d.s richiede la sussistenza di carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico; con almeno due corsie di marcia ed una riservata ai mezzi pubblici; banchina pavimentata a destra e marciapiede; intersezioni semaforizzate; immissioni ed uscite concentrate e con apposite aree di sosta.
Differentemente da autostrade e/o strade extraurbane principali, rispetto a cui gli organi di polizia stradale possono installare mezzi di controllo del traffico secondo le direttive del Ministero dell’interno e sentito il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti, nel caso di strade extraurbane secondarie o delle strade urbane a scorrimento è necessario un apposito provvedimento autorizzativo del Prefetto, il quale ha quindi il compito di selezionare le strade su cui procedere con un controllo a distanza.
L’Autorità, nella valutazione di cui sopra, deve attenersi ad una interpretazione letterale dell’art. 2 c.3 del c.d.s poiché trattasi di norma classificatoria, riconoscendo quali elementi (ad es. la corsi riservata ai mezzi pubblici ed alle intersezioni a raso semaforizzate) sono indicati come eventuali e quali (banchina pavimentata a destra; marciapiede ed aree di sosta) come strutturali.
Tali caratteristiche, inoltre, devono interessare tutta la strada considerata nella sua interezza e non solo il singolo tratto di essa in prossimità del posizionamento dell’apparecchio fisso di rilevazione elettronica della velocità, con la conseguenza che – come nel caso in esame deve considerarsi illegittimo “e, pertanto, disapplicabile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa – il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia tutte le caratteristiche “minime” della “strada urbana di scorrimento”, in base alla definizione recata dal comma 2, lett. D), del citato art. 2 c.d.s.” (cfr. Cass. n. 7872/2011 e Cass. n. 5532/2017)”.
Dott.ssa Caterina Marino
Autovelox fissi, multa impugnabile se la strada urbana non è a scorrimento
Con la sentenza n. 16622/2019, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che la posizione di autovelox in strade urbane dietro autorizzazione del prefetto è da considerarsi illegittimo in presenza di determinate condizioni.
La vicenda trae origine da un comune accadimento: la sanzione comminata ad un automobilista, reo di avere superato il limite di velocità consentito, dietro accertamento dell’infrazione per mezzo di un autovelox fisso.
Il ricorrente, con il terzo motivo di ricorso, ha prospettato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 delle cc.dd. preleggi, degli artt. 2 e 3 c.d.s. in relazione all’art. 4 del d.l. n. 121/2002 (conv. nella legge n. 168/2012) e agli artt. 200 e 201 c.d.s., avuto riguardo alle definizioni delle caratteristiche, riferite alla strada su cui il dispositivo era posto.
Difatti, la strada urbana di riferimento non avrebbe avuto – a detta del ricorrente – i requisiti minimi richiesti per rientrare nella categoria di “strada urbana di scorrimento” tale da, a norma della disposizione sopra citata, consentire l’installazione di apparecchi automatici per il controllo della velocità a distanza senza obbligo di contestazione immediata della violazione dei limiti prescritti dagli artt. 200 e 201 c.d.s.
La Suprema Corte di Cassazione, nel ritenere fondato tale motivo di ricorso, ha ritenuto che preliminare fosse chiarire quali requisiti un percorso stradale debba presentare al fine di consentire l’installazione di autovelox fissi.
Difatti, rilevano gli ermellini, deve osservarsi che l’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità nei centri urbani è di norma consentita solo tramite postazioni mobili con la presenza contestuale degli agenti accertatori, essendo riservato l’uso delle postazioni fisse solo su strade urbane ed a scorrimento e dietro autorizzazione del prefetto.
“Il sistema delineato dal d. lgs. n. 285/1992 (meglio noto come “codice della strada”)” – evidenzia la Corte – “è improntato sulla regola della contestazione immediata delle infrazioni, ammettendo la contestazione differita esclusivamente quando la strada abbia determinate caratteristiche tecniche che rendono pericoloso ordinare l’arresto del mezzo per effettuare la contestazione immediata (con riferimento alla valutazione di molteplici fattori, tra i quali il tasso di incidentalità, le condizioni strutturali del piano viabile, del traffico e quelle afferenti alla salvaguardia della sicurezza nell’effettuazione dell’accertamento). In particolare, il c.d.s. – con la previsione di cui all’art. 201, comma 1-bis – ammette la possibilità di procedere alla contestazione non immediata dell’infrazione al codice della strada mediante la postazione di un autovelox esclusivamente sulle autostrade, strade extraurbane principali, strade extraurbane secondarie e strade urbane di scorrimento, delineando nel contempo le caratteristiche minime che ciascuna delle stesse tipologie di strade devono presentare per potersi qualificare come tali (art. 2, commi 2 e 3, lett. a) b) c) e d)”.
Affinché una strada urbana possa essere definita a scorrimento, l’art. 2, comma 3, lettera d), c.d.s richiede la sussistenza di carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico; con almeno due corsie di marcia ed una riservata ai mezzi pubblici; banchina pavimentata a destra e marciapiede; intersezioni semaforizzate; immissioni ed uscite concentrate e con apposite aree di sosta.
Differentemente da autostrade e/o strade extraurbane principali, rispetto a cui gli organi di polizia stradale possono installare mezzi di controllo del traffico secondo le direttive del Ministero dell’interno e sentito il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti, nel caso di strade extraurbane secondarie o delle strade urbane a scorrimento è necessario un apposito provvedimento autorizzativo del Prefetto, il quale ha quindi il compito di selezionare le strade su cui procedere con un controllo a distanza.
L’Autorità, nella valutazione di cui sopra, deve attenersi ad una interpretazione letterale dell’art. 2 c.3 del c.d.s poiché trattasi di norma classificatoria, riconoscendo quali elementi (ad es. la corsi riservata ai mezzi pubblici ed alle intersezioni a raso semaforizzate) sono indicati come eventuali e quali (banchina pavimentata a destra; marciapiede ed aree di sosta) come strutturali.
Tali caratteristiche, inoltre, devono interessare tutta la strada considerata nella sua interezza e non solo il singolo tratto di essa in prossimità del posizionamento dell’apparecchio fisso di rilevazione elettronica della velocità, con la conseguenza che – come nel caso in esame deve considerarsi illegittimo “e, pertanto, disapplicabile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa – il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia tutte le caratteristiche “minime” della “strada urbana di scorrimento”, in base alla definizione recata dal comma 2, lett. D), del citato art. 2 c.d.s.” (cfr. Cass. n. 7872/2011 e Cass. n. 5532/2017)”.
Dott.ssa Caterina Marino
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