Caso Leonardi, le misure cautelari e la loro importanza
Tra le misure cautelari e il diritto all’azione contemplato dall’art. 24 della Costituzione vi è un innegabile collegamento.
Il fine di qualunque misura cautelare è quello di garantire la concreta utilità delle decisioni che verranno in futuro assunte a definizione del giudizio di merito avviato per la tutela di un diritto.
Lo svolgimento di qualsiasi giudizio teso alla tutela di un diritto leso – sia esso in materia civile, penale o amministrativa – richiede per forza di cose del tempo e proprio il trascorrere del tempo gioca un ruolo fondamentale in danno del titolare del diritto fatto valere.
Infatti, se da un lato la vicenda processuale prosegue secondo i suoi ritmi più o meno lenti imposti dall’ordinamento giuridico e spesso incorre in cause di sospensione e di interruzione destinate a durare a volte per interi anni, la sottostante vicenda sostanziale non arresta la sua incessante e inevitabile metamorfosi, con la conseguenza che per le parti in lite si palesa il forte rischio di vedere definitivamente pregiudicata ogni forma di tutela.
Le misure cautelari, pertanto, hanno proprio il compito di cristallizzare la situazione ed evitare che il “fattore tempo” possa definitivamente compromettere l’utilità del diritto all’azione contemplato dall’art. 24 della Costituzione.
Orbene, se il fine delle misure cautelari è quello di contrastare gli effetti pregiudizievoli del “fattore tempo” in danno di un diritto già leso, esse devono necessariamente trovare applicazione a prescindere dalla natura delle questioni che possono determinare la sospensione del processo.
Il Tar Lazio, con l’ordinanza n. 1517 del 14 marzo 2018, ha espresso pienamente il senso e finalità delle misure cautelari.
Infatti, nonostante la sospensione del processo amministrativo a tempo indeterminato per con consentire alla Corte Costituzionale di decidere la questione pregiudiziale inerente la sussistenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo in ordine all’annullamento di una sanzione emessa a definizione di un giudizio sportivo, ha ritenuto di dover in ogni caso sospendere medio tempore l’efficacia della sanzione disciplinare inflitta, onde evitare che dalla sua esecuzione potessero derivare nel frattempo conseguenze pregiudizievoli per il ricorrente.
Si tratta di un’ordinanza densa di significato e, per tale motivo, si è ritenuto doveroso commentarla per metterne in evidenza natura e finalità.
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Lo svolgimento di qualsiasi giudizio teso alla tutela di un diritto leso – sia esso in materia civile, penale o amministrativa – richiede per forza di cose del tempo e proprio il trascorrere del tempo gioca un ruolo fondamentale in danno del titolare del diritto fatto valere.
Infatti, se da un lato la vicenda processuale prosegue secondo i suoi ritmi più o meno lenti imposti dall’ordinamento giuridico e spesso incorre in cause di sospensione e di interruzione destinate a durare a volte per interi anni, la sottostante vicenda sostanziale non arresta la sua incessante e inevitabile metamorfosi, con la conseguenza che per le parti in lite si palesa il forte rischio di vedere definitivamente pregiudicata ogni forma di tutela.
Le misure cautelari, pertanto, hanno proprio il compito di cristallizzare la situazione ed evitare che il “fattore tempo” possa definitivamente compromettere l’utilità del diritto all’azione contemplato dall’art. 24 della Costituzione.
Orbene, se il fine delle misure cautelari è quello di contrastare gli effetti pregiudizievoli del “fattore tempo” in danno di un diritto già leso, esse devono necessariamente trovare applicazione a prescindere dalla natura delle questioni che possono determinare la sospensione del processo.
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